Il viaggio come esperienza formativa. Intervista a Carlo Simeone

Arte, Cultura & Società

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Viaggiare è un’esperienza unica nel suo genere perchè ci consente di esplorare posti inediti e ammirare paesaggi suggestivi. Ci permette anche di conoscere persone nuove, a volte difficili da dimenticare perchè capaci di lasciare un segno indelebile lungo il nostro percorso di vita. Il viaggio ci concede anche la possibilità di imparare a conoscere meglio se stessi perché durante un viaggio la curiosità, la voglia di mettersi in gioco e andare oltre i limiti del quotidiano si fanno più acute e ci spingono a fare ciò che nella routine non faremmo.

Ogni viaggio andrebbe assaporato e gustato a pieno per soddisfare la fame di novità e incontri significativi . È questo il messaggio che si coglie tramite la lettura di un romanzo di formazione, molto ispiratorio, intitolato “Il viaggio delle parole” di Carlo Simeone, edito da Tea. Protagonista del libro è Michele, un ragazzo che intraprende un lungo viaggio in treno partendo da un piccolo e sperduto paesino della Calabria per raggiungere Lodi per andare a vivere definitivamente da sua madre.

Durante la lettura del romanzo non si può fare a meno di affezionarsi a questo ragazzo, affamato di vita e voglia di mettersi in gioco. Michele è un ragazzo spontaneo, gentile ed educato che durante il suo viaggio in treno attraverso l’incontro con persone nuove imparerà a conoscere sé stesso e ad acquisire nuove consapevolezze. Gli incontri che farà gli faranno acquisire una nuova visione nei confronti della vita e del genere umano. Contribuiranno ad arricchirlo umanamente parlando.

“Il viaggio delle parole” è un vero inno alla conoscenza, all’incontro con l’Altro, al dialogo autentico fatto di parole significative. Leggendo questo libro è inevitabile provare nostalgia per i periodi in cui si viaggiava in treno e si aveva voglia di dialogare con gli altri per scambiarsi opinioni o per sola voglia di conoscersi, mossi da curiosità e fame di vita e novità.

Del potere del viaggio e del valore delle parole in quest’era in cui si fa un uso smodato delle nuove tecnologie per rapportarsi agli altri conversiamo piacevolmente con lo scrittore Carlo Simeone in questa intervista.

Come e quando nasce l’idea creativa di scrivere questo libro di formazione?

Ero in viaggio da Roma, per raggiungere la famiglia al mare. Non avevo mai attraverso il sud dell’Italia in treno: la bellezza dei paesaggi, la gente che ho incontrato e con cui ho parlato, le storie che ho sentito, era tutto molto affascinante e mi hanno fatto capire che bel Paese è l’Italia. Bisognava raccontarlo, ecco l’idea del libro.

Come e in che misura un viaggio può tramutarsi in un’esperienza formativa secondo lei?

Il viaggio è una sorta di archétipo, una prova che tocca a tutti. Dopo, quando si raggiunge la meta all’arrivo, si è sempre diversi da quando si è partiti. Perché quando si attraversa un’esperienza, con tutto quello che essa comporta, qualcosa ti rimane sempre addosso e lo si porta dentro.

Per lei in un viaggio è più importante il percorso che ci porta alla meta o la meta stessa?

La meta e il tragitto sono importanti, come no? Ma tutto il viaggio è coinvolgente, nel senso che già l’attesa prima di partire, apre la mente all’immaginazione: come saranno i posti che vedrò, la gente che incontrerò, i compagni di viaggio conosciuti lungo il tragitto, cosa mi piacerà mangiare, cosa devo assolutamente portare via con me al ritorno, le sorprese e i contrattempi.

Insomma, tutto quello che mette insieme un viaggio è di per sé importante.

Ha mai intrapreso un viaggio che ha contribuito a farle conoscere parti di sé stesso inedite come succede a Michele, il protagonista della sua storia?

Come si può immaginare, Il viaggio delle parole racconta storie e personaggi realmente vissuti e incontrati. L’incontro, o meglio gli incontri, sono determinanti nella vita di ogni persona. L’incontro con la propria donna quando si è ancora giovani, cambia tutto quello che viene dopo. Ci sono stati incontri che mi hanno cambiato e certamente mi hanno dato e insegnato tanto, facendomi capire molto di me stesso.

In questo senso sono grato alla casa editrice che, tra l’altro, dal libro ha tratto un’immagine che per me, che l’ho scritta, sembrava come tante altre: il viaggio come un’occasione per conoscere meglio se stessi attraverso un gioco continuo di incontri, differenze e riflessi.

Prima di intraprendere un viaggio cosa non dovrebbe mai mancare nel proprio bagaglio esistenziale?

Credo la voglia di conoscere, tanta curiosità, che è il sale della vita. L’abbandono del pregiudizio come capacità di stare nel mondo intorno al noi, rapportandoci con quello che ci circonda. Qui devo confessare un mio limite: quando sono all’estero rimpiango la cucina italiana, non me ne riesco a distaccare.

In quest’epoca dominata dalle nuove tecnologie secondo lei la parola che valore ha?

La parola è la prima infrastruttura, concettuale e fisica, la prima strada di comunicazione tra gli uomini. La parola in un solo suono racchiude un significato, e nasce dal di dentro mettendo insieme anima e ragione. Solo l’uomo può concepire una forza del genere. La parola va difesa e rafforzata nelle caratteristiche più umane della sua essenza.

E il rapporto con l’Altro?

Dimentichiamo spesso che ognuno di noi ha bisogno di altri per vivere, ovunque, in famiglia, sul lavoro, nella vita di ogni giorno. Se non ci fosse il fornaio come faremmo ad avere il pane? Se non ci fossero i musicisti che triste sarebbe la vita. Ogni tanto la parola di un amico ti offre allegria ed anche conforto.

C’è un personaggio del suo libro al quale è più legato rispetto ad altri e perché?

Probabilmente è l’emigrante, è vero ed ha una rara umanità. In lui c’è la sofferenza del distacco, ma vive anche per le gioie che si possono raccogliere dalle piccole cose, esprimendo una semplicità pari alla sua saggezza.

Leggendo il suo romanzo ho provato nostalgia del periodo in cui la gente all’interno di un treno era predisposta al dialogo e non rimaneva attaccata allo schermo del proprio smartphone. Lei cosa ne pensa al riguardo?

Prevedo che l’uomo del futuro sarà àfono, mentre avrà le dita molto sviluppate, per via del touch sullo schermo dello smartphone. La parola ci tiene uniti l’uno all’altro, attraverso l’incontro. La parola è la rappresentazione più fedele del senso dell’umano che abbiamo dentro, perché esprime i nostri sentimenti, le delusioni, il dolore, la gioia, insomma la parola racconta tutto quello che è vita. La parola fa capire agli altri chi siamo.

In treno tutto questo si sta perdendo, anzi ci sgridano pure se ci sentono chiacchierare a voce alta!

A chi consiglia la lettura del suo libro?

A chi vuole concedersi un viaggio di qualche ora, tra una città immaginaria e un buon panino, per scoprire le persone che ci passano davanti agli occhi ogni giorno.

Mariangela Cutrone

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