Coronavirus, Puoti (osp. Niguarda): “Situazione tranquilla a Milano, ma a Brescia ospedali saturi

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L’aumento dei casi e dei ricoveri è dovuto soprattutto alla variante inglese. La variante inglese fa andare più persone in malattia e, secondo i primi dati, sembrerebbe che a parità di persone in malattia i casi più gravi siano più numerosi. Variante sudafricana sembra diminuire di dieci volte l’efficacia del vaccino, ma non la azzera, il vaccino AstraZeneca sembra che abbia una protezione ancora minore, probabilmente protegge dalla malattia ma non dall’infezione. Vaccinando 70-80 enni eviteremmo il 50-60% dei ricoveri”

Massimo Puoti, direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale Niguarda di Milano, è stato ospite del programma “L’imprenditore e gli altri” condotto da Stefano Bandecchi, fondatore dell’Università Niccolò Cusano, su Cusano Italia Tv (canale 264 dtt).

Sulla situazione covid in Lombardia. “A Milano la situazione è abbastanza tranquilla, non è lo stesso però in tutta la Lombardia –ha affermato Puoti-. In provincia di Brescia abbiamo un incremento importante di casi ed una saturazione di posti letto negli ospedali, noi stiamo ricoverando anche da Brescia in questo momento, anche a Bergamo ricoverano pazienti da Brescia. L’aumento dei casi e dei ricoveri è dovuto soprattutto alla variante inglese, con qualche caso anche di sudafricana e brasiliana”.

Sulla variante inglese. “Il virus ha un passepartout per entrare dentro le cellule, tende a rendere sempre più efficiente questa chiave. Più sono le persone infette, più il virus trova sistemi per aprire meglio le porte. La proteina spike del virus subisce dei cambiamenti nel tempo, in Inghilterra è cambiato un amminoacido in posizione 501 e questo ha fatto sì che il virus riesca a propagarsi di più, di circa il 40%, e ad entrare più facilmente nelle cellule, anche quando le cellule sono meno recettive come quelle dei ragazzi sotto i 15 anni. Secondo alcuni dati non ancora confermati sembrerebbe essere anche più aggressivo oltre che più contagioso. Fa andare più persone in malattia e, secondo i primi dati, sembrerebbe che a parità di persone in malattia i casi più gravi siano più numerosi”.

Sulla variante sudafricana. “Al momento ci sono solo esperimenti in vitro e non ci sono dati molto solidi, però sembrerebbe che questa variante diminuisca di dieci volte l’efficacia del vaccino anche se non la azzera. La potenza di risposta agli anticorpi del vaccino viene misurata con un numero, che nel mio caso è maggiore di 800, se io incontrassi la variante sudafricana la potenza dei miei anticorpi diventerebbe 80, ma basta 40 per essere protetti. Su questa variante il vaccino AstraZeneca sembra che abbia una protezione ancora minore, probabilmente protegge dalla malattia ma non dall’infezione”.

Sulla modifica dei vaccini. “Non è detto che il virus abbia variazioni annuali, quando varia può anche variare essendo meno aggressiva. Lì è possibile che si debba rifinire la proteina cambiando qualcosa nella composizione del vaccino, ma sarebbe un’operazione molto semplice”.

Sulle vaccinazioni. “Noi dobbiamo vaccinare le persone sopra i 70 e 80 anni. Il 50% delle persone ricoverate in ospedale ha un’età mediana di 82 anni, se noi riusciamo a proteggere queste persone evitiamo il 50-60% di ricoveri. In questo modo il nostro sistema sanitario riuscirebbe a gestire gli altri casi gravi. La gestione della campagna vaccinale ora si fa più difficile, perché con gli operatori sanitari è molto più facile. Portare a vaccinare 80enni e 90enni è più complicato”.

 

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