Arte, amore e passione, tra dipendenza e libertà

Arte, Cultura & Società

Di

L’Opinione di Roberto Chiavarini

Viviamo in una società malata e parte della malattia consiste nell’inconsapevolezza di essere malati. La nostra società ha troppi beni materiali da preservare, e i valori come la libertà sono alla fine dell’elenco. Così scriveva l’indimenticato Jim Morrison.

Alcuni Artisti, in particolare i Pittori e gli Scultori (in una piccola percentuale, naturalmente), finalizzano la loro “Opera” all’Immanenza e all’improbabile quanto immediato successo (perdendo di vista la Trascendenza, della quale ogni Artista ne deve possedere la naturale essenza, anche quelli che si professano Atei), assoggettandosi in molti casi, anima e corpo (si fa per dire), ai falsi profeti, ai venditori di fumo e agli incantatori di serpenti (cit. Papa Francesco), ad organizzazioni (prive perfino di una idea dei più elementari postulati tecnici) che propongono “Premi” senza alcun valore (naturalmente, eccezioni a parte) molti dei quali, pure taroccati.Questo, è un argomento che affrontammo già diversi anni fa, con il Dr. Michele Miulli, Ufficiale ed Esperto d’Arte, con una lunga carriera maturata presso il Nucleo Tutela del Patrimonio Artistico e Culturale dell’Arma dei Carabinieri (con il quale condividiamo quasi 20 anni di collaborazione associativa nel campo dell’Arte, dell’Impegno Sociale e dei Diritti Umani, riconosciuta a livello internazionale), attraverso un nostro Redazionale, pubblicato sul mensile “Arte Mondadori” del mese di Febbraio 2015.

In quel redazionale, parlammo in estrema sintesi, dei Pittori e degli Scultori assoggettati a quei Premi, convinti di poter raggiungere, così, “l’Olimpo dell’Arte” ma che, purtroppo, quel sogno, riproposto ancora oggi, resta sempre e solo un Miraggio, svuotato di ogni contenuto culturale.

Ma la cosa più triste, è quella che ogni Artista che cada in “tentazione”, accettando di ricevere quel “Pacco-Premio”, come lo definiva il Dr. Miulli nel nostro Redazionale, ne rimarrà “dipendente” per sempre, rinunciando, di conseguenza, alla sua Libertà creativa, al suo Amore e alla sua Passione vocazionale per l’Arte, ponendo sull’altare sacrificale, la propria genialità contaminata dalla improbabile consacrazione artistica.

L’Arte, è amore, è passione, ma, anche e soprattutto, è libertà, è intellettualità, è cultura, è analisi, è deduzione, è soluzione ed è ancor di più, è sano confronto con gli altri operatori della creatività, con i quali, l’Artista, “deve” interagire simbioticamente, senza mai misurarsi con loro, in una “insana” quanto inutile “competizione premiale” che, alla fine, lo porterebbe, mestamente, all’isolamento relazionale.

La Associazione della quale sono il Direttore Artistico, fonda tutto sul principio del “Riconoscimento” degli Artisti contemporanei a livello internazionale, impegnati intellettualmente e concettualmente, certificandone annualmente la loro attività, attraverso il Comitato Scientifico d’Onore, composto da Autorità del mondo Istituzionale e Professionale.

Tutti gli Artisti, vengono posti sullo stesso piano, con pari opportunità e con pari dignità, senza classificazioni discriminanti che, in Arte, non hanno alcun motivo di esistere, ma che sono più congeniali alle attività sportive, dove il primo che arriva al traguardo, è primo, il secondo, è secondo ed il terzo, è terzo, in maniera scientificamente incontrovertibile.

La intellettualità, non si può misurare e classificare in alcun modo.

Tanto è vero che, la Storia dell’Arte, ci ha restituito Grandi Maestri del passato, dalla grammatica pittorica e scultorea complessa e forbita ma, al contempo, ci ha restituito anche Grandi Maestri dalla composizione apparentemente spontanea e semplificata, ma che si sono imposti per il loro spettro concettuale.

In realtà, è compito solo della Storia dell’Arte, stabilire, un giorno vicino e/o lontano, il vero valore Culturale ed Intellettuale dell’Artista contemporaneo.

E non saranno certo i “Pacchi-Premio” ad incidere sulla dimensione di un Artista.

Attenzione.

Definire la Libertà come indipendenza, in generale, non solo nel campo dell’Arte ma, più umanamente, in tutti i settori della vita Sociale, può nascondere un pericoloso equivoco.

Infatti, non esiste per l’uomo, l’indipendenza assoluta (un individuo completo ed immerso nella sua dimensione sociale, che non dipenda da nulla, sarebbe come un essere decontestualizzato da tutto, privato, cioè, dall’esistenza stessa).

Diversamente, l’uomo, vive due tipi di dipendenza.

Ovvero, una dipendenza “passiva” che opprime e deprime l’individuo, ed un’altra dipendenza “attiva” che si schiude alla vita”.

Mi spiego meglio.

Innanzitutto, etichettiamo queste due dipendenze, ovvero, la prima, è la schiavitù, la seconda, è la libertà.

Faccio un esempio sui due tipi di dipendenze contrapposte: Un carcerato, dipende dalle sue catene (rappresenta la Schiavitù), un Coltivatore, dipende dalla sua terra e dai frutti che egli raccoglie dal suo lavoro (rappresenta la Libertà).

Spostiamoci sui paragoni biologici, che sono sempre i più illuminanti ed efficaci.

Sosteneva l’Avv. Pietro Calamandrei, uno dei padri fondatori Costituenti che…”la libertà, è come l’aria, ci accorgiamo di essa, solo quando ci viene a mancare”

(in questo momento di Coronavirus, l’esempio, è molto calzante).

Allarghiamoci da questo concetto e vediamo in che consiste il “respirare liberamente”.

Forse, nell’accertare che i due polmoni siano realmente efficienti, solo quando lavorino a pieno regime e siano “indipendenti” dal resto del corpo?

Assolutamente no: i polmoni respirano tanto più liberamente, quanto più siano in sintonia con gli altri organi del corpo.

Se questo legame viene compromesso dalla mancanza di interrelazione, la respirazione diventa sempre meno libera e, probabilmente, si arresta.

Dunque, la libertà del respiro, è determinata dalla equilibrata funzione vitale e simbiotica con gli altri organi.

Ma, nel mondo trascendentale, questa solidarietà vitale, porta un altro nome: si chiama Amore che include anche la passione.

Infatti, a seconda della nostra dimensione spirituale, i legami possono essere accettati come passioni vitali, o respinti come catene.

Riflettete.

Il solo vivere all’interno di un edificio, può rappresentare, psicologicamente, la sensazione liberticida della prigione o l’intimo piacere del conforto spirituale.

Il “bimbo” studioso, frequenta gioioso la scuola, il “soldato” disciplinato, entusiasta, si adatta patriotticamente al servizio militare, gli “sposi” che si appartengono con devozione, cercano di mostrare al mondo, il lato migliore del coniuge, rappresentando, così, la gioia del “vivere insieme”.

Diversamente, la scuola, la caserma e la famiglia, sono terribili prigioni se, i modelli di vita, siano depurati del necessario Amore e della conseguente “Passione vocazionale”.

Dunque, l’uomo non è libero nella misura in cui non dipenda da nulla o da nessuno: è libero nell’esatta misura in cui dipenda da ciò che ama con passione, ed è prigioniero, diversamente, nell’esatta misura in cui dipenda da ciò che non può amare con passione.

È un fatto non solo di consapevolezza, quanto di lealtà con sé stessi.

Tornando all’Arte, a qualsiasi livello la si sviluppi, essa non ha prezzo.

Per un Artista, la Libertà di Espressione, è fondamentale. Senza condizionamento alcuno.

La conseguente e naturale schiavitù psicologica all’assoggettamento da quei Premi, non potrà mai mutare la dimensione, il percorso professionale e la vita di un Pittore o di uno Scultore, ma, in molti casi, offenderne la loro dignità, si.

Perbacco! Eccome!

A corollario di quanto ho sopra enunciato, cito il nostro oramai famoso Aforisma associativo: “La vera sfida di ogni Artista, è quella di superare se stesso”.

Chiudo con le parole illuminanti dell’indimenticato Scrittore e Critico Inglese, Sir William Somerset Maugham, attraverso le quali sosteneva che: “L’Artista ti chiede una critica, ma in realtà vuole soltanto una lode”.

Ed è proprio in quel momento che, l’Artista, “abdica” alla Libertà intellettuale, assoggettandosi, per concedersi (incatenandosi) alla dipendenza della lode, ma, ancor peggio, considererà quella schiavitù e quelle catene, come il massimo dei Premi.

ROBERTO CHIAVARINI

Opinionista di Arte e Politica

Alcuni Artisti, in particolare i Pittori e gli Scultori (in una piccola percentuale, naturalmente), finalizzano la loro “Opera” all’Immanenza e all’improbabile quanto immediato successo (perdendo di vista la Trascendenza, della quale ogni Artista ne deve possedere la naturale essenza, anche quelli che si professano Atei), assoggettandosi in molti casi, anima e corpo (si fa per dire), ai falsi profeti, ai venditori di fumo e agli incantatori di serpenti (cit. Papa Francesco), ad organizzazioni (prive perfino di una idea dei più elementari postulati tecnici) che propongono “Premi” senza alcun valore (naturalmente, eccezioni a parte) molti dei quali, pure taroccati.Questo, è un argomento che affrontammo già diversi anni fa, con il Dr. Michele Miulli, Ufficiale ed Esperto d’Arte, con una lunga carriera maturata presso il Nucleo Tutela del Patrimonio Artistico e Culturale dell’Arma dei Carabinieri (con il quale condividiamo quasi 20 anni di collaborazione associativa nel campo dell’Arte, dell’Impegno Sociale e dei Diritti Umani, riconosciuta a livello internazionale), attraverso un nostro Redazionale, pubblicato sul mensile “Arte Mondadori” del mese di Febbraio 2015.

In quel redazionale, parlammo in estrema sintesi, dei Pittori e degli Scultori assoggettati a quei Premi, convinti di poter raggiungere, così, “l’Olimpo dell’Arte” ma che, purtroppo, quel sogno, riproposto ancora oggi, resta sempre e solo un Miraggio, svuotato di ogni contenuto culturale.

Ma la cosa più triste, è quella che ogni Artista che cada in “tentazione”, accettando di ricevere quel “Pacco-Premio”, come lo definiva il Dr. Miulli nel nostro Redazionale, ne rimarrà “dipendente” per sempre, rinunciando, di conseguenza, alla sua Libertà creativa, al suo Amore e alla sua Passione vocazionale per l’Arte, ponendo sull’altare sacrificale, la propria genialità contaminata dalla improbabile consacrazione artistica.

L’Arte, è amore, è passione, ma, anche e soprattutto, è libertà, è intellettualità, è cultura, è analisi, è deduzione, è soluzione ed è ancor di più, è sano confronto con gli altri operatori della creatività, con i quali, l’Artista, “deve” interagire simbioticamente, senza mai misurarsi con loro, in una “insana” quanto inutile “competizione premiale” che, alla fine, lo porterebbe, mestamente, all’isolamento relazionale.

La Associazione della quale sono il Direttore Artistico, fonda tutto sul principio del “Riconoscimento” degli Artisti contemporanei a livello internazionale, impegnati intellettualmente e concettualmente, certificandone annualmente la loro attività, attraverso il Comitato Scientifico d’Onore, composto da Autorità del mondo Istituzionale e Professionale.

Tutti gli Artisti, vengono posti sullo stesso piano, con pari opportunità e con pari dignità, senza classificazioni discriminanti che, in Arte, non hanno alcun motivo di esistere, ma che sono più congeniali alle attività sportive, dove il primo che arriva al traguardo, è primo, il secondo, è secondo ed il terzo, è terzo, in maniera scientificamente incontrovertibile.

La intellettualità, non si può misurare e classificare in alcun modo.

Tanto è vero che, la Storia dell’Arte, ci ha restituito Grandi Maestri del passato, dalla grammatica pittorica e scultorea complessa e forbita ma, al contempo, ci ha restituito anche Grandi Maestri dalla composizione apparentemente spontanea e semplificata, ma che si sono imposti per il loro spettro concettuale.

In realtà, è compito solo della Storia dell’Arte, stabilire, un giorno vicino e/o lontano, il vero valore Culturale ed Intellettuale dell’Artista contemporaneo.

E non saranno certo i “Pacchi-Premio” ad incidere sulla dimensione di un Artista.

Attenzione.

Definire la Libertà come indipendenza, in generale, non solo nel campo dell’Arte ma, più umanamente, in tutti i settori della vita Sociale, può nascondere un pericoloso equivoco.

Infatti, non esiste per l’uomo, l’indipendenza assoluta (un individuo completo ed immerso nella sua dimensione sociale, che non dipenda da nulla, sarebbe come un essere decontestualizzato da tutto, privato, cioè, dall’esistenza stessa).

Diversamente, l’uomo, vive due tipi di dipendenza.

Ovvero, una dipendenza “passiva” che opprime e deprime l’individuo, ed un’altra dipendenza “attiva” che si schiude alla vita”.

Mi spiego meglio.

Innanzitutto, etichettiamo queste due dipendenze, ovvero, la prima, è la schiavitù, la seconda, è la libertà.

Faccio un esempio sui due tipi di dipendenze contrapposte: Un carcerato, dipende dalle sue catene (rappresenta la Schiavitù), un Coltivatore, dipende dalla sua terra e dai frutti che egli raccoglie dal suo lavoro (rappresenta la Libertà).

Spostiamoci sui paragoni biologici, che sono sempre i più illuminanti ed efficaci.

Sosteneva l’Avv. Pietro Calamandrei, uno dei padri fondatori Costituenti che…”la libertà, è come l’aria, ci accorgiamo di essa, solo quando ci viene a mancare”

(in questo momento di Coronavirus, l’esempio, è molto calzante).

Allarghiamoci da questo concetto e vediamo in che consiste il “respirare liberamente”.

Forse, nell’accertare che i due polmoni siano realmente efficienti, solo quando lavorino a pieno regime e siano “indipendenti” dal resto del corpo?

Assolutamente no: i polmoni respirano tanto più liberamente, quanto più siano in sintonia con gli altri organi del corpo.

Se questo legame viene compromesso dalla mancanza di interrelazione, la respirazione diventa sempre meno libera e, probabilmente, si arresta.

Dunque, la libertà del respiro, è determinata dalla equilibrata funzione vitale e simbiotica con gli altri organi.

Ma, nel mondo trascendentale, questa solidarietà vitale, porta un altro nome: si chiama Amore che include anche la passione.

Infatti, a seconda della nostra dimensione spirituale, i legami possono essere accettati come passioni vitali, o respinti come catene.

Riflettete.

Il solo vivere all’interno di un edificio, può rappresentare, psicologicamente, la sensazione liberticida della prigione o l’intimo piacere del conforto spirituale.

Il “bimbo” studioso, frequenta gioioso la scuola, il “soldato” disciplinato, entusiasta, si adatta patriotticamente al servizio militare, gli “sposi” che si appartengono con devozione, cercano di mostrare al mondo, il lato migliore del coniuge, rappresentando, così, la gioia del “vivere insieme”.

Diversamente, la scuola, la caserma e la famiglia, sono terribili prigioni se, i modelli di vita, siano depurati del necessario Amore e della conseguente “Passione vocazionale”.

Dunque, l’uomo non è libero nella misura in cui non dipenda da nulla o da nessuno: è libero nell’esatta misura in cui dipenda da ciò che ama con passione, ed è prigioniero, diversamente, nell’esatta misura in cui dipenda da ciò che non può amare con passione.

È un fatto non solo di consapevolezza, quanto di lealtà con sé stessi.

Tornando all’Arte, a qualsiasi livello la si sviluppi, essa non ha prezzo.

Per un Artista, la Libertà di Espressione, è fondamentale. Senza condizionamento alcuno.

La conseguente e naturale schiavitù psicologica all’assoggettamento da quei Premi, non potrà mai mutare la dimensione, il percorso professionale e la vita di un Pittore o di uno Scultore, ma, in molti casi, offenderne la loro dignità, si.

Perbacco! Eccome!

A corollario di quanto ho sopra enunciato, cito il nostro oramai famoso Aforisma associativo: “La vera sfida di ogni Artista, è quella di superare se stesso”.

Chiudo con le parole illuminanti dell’indimenticato Scrittore e Critico Inglese, Sir William Somerset Maugham, attraverso le quali sosteneva che: “L’Artista ti chiede una critica, ma in realtà vuole soltanto una lode”.

Ed è proprio in quel momento che, l’Artista, “abdica” alla Libertà intellettuale, assoggettandosi, per concedersi (incatenandosi) alla dipendenza della lode, ma, ancor peggio, considererà quella schiavitù e quelle catene, come il massimo dei Premi.

ROBERTO CHIAVARINI

Opinionista di Arte e Politica

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