La fuggitiva: quando la fiction prelude alla realta’

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La terza puntata della “Fuggitiva”, la fiction in onda su Rai 1 di lunedì, con protagonista Vittoria Puccini, ha qualcosa di non detto, di riluttante quasi. Una reticenza, tuttavia, che spalanca scenari di comprensione e spiega, in qualche misura, la congiuntura che stiamo attraversando. Circostanze che alimentano il dubbio; ma il dubbio, secondo Cartesio, “è l’inizio della conoscenza”…  

Ora vengo e mi spiego, avrebbe detto il compianto Camilleri!

“La fuggitiva”, per la regia del calabrese Carlo Carlei (ricordiamo “La corsa dell’innocente”, film cult negli Stati Uniti, che lo proietta nel panorama cinematografico internazionale) è la storia di Arianna (una donna dal passato misterioso) che, dopo la morte violenta del marito, sospettata dell’omicidio, fugge all’arresto per mettersi sulle tracce del vero assassino.

La serie televisiva, inutile dirlo (ma lo diciamo), è solida. Plot, locations e personaggi sono ben strutturati e ancor meglio definiti. Atmosfere alla Dashiell Hammett, e dialoghi da hard boiled school, si incrociano con una Torino algida e contegnosa. Costruito come un road movie senza via di scampo, “La fuggitiva” lancia segnali dal passato, che hanno ripercussioni sul nostro presente più presente.

Punto di snodo della fiction è la terza puntata. Nella sua incessante ricerca della verità Arianna trova, nascosta dietro una cornice, una lista di nomi. Grazie alle indagini di Marcello Favini (Eugenio Mastrandrea), il giornalista che la segue nelle ricerche, i due intuiscono che si tratta di camionisti, che lavoravano per conto di Fusco, un ingegnere titolare di un’ambigua impresa di costruzioni.

Tutti i nomi della lista risultano morti tranne uno. Raggiungono così il superstite, che  svela una verità sconvolgente. Punto di svolta, di sintesi e di sviluppo dell’intera vicenda è l’episodio con protagonista il “padroncino” Adriano Evangelista. Un intenso, essenziale, magnetico Piero Nicosia denuncia l’interramento di scorie tossiche pericolosissime avvenuto 30 anni prima, traffico gestito, inutile dirlo (ma lo diciamo), dalla ‘ndrangheta. Anzi, li conduce in uno dei siti (sparpagliati a decine su tutto il territorio piemontese e lombardo), proprio lì dove sorgerà un complesso residenziale e dove l’Evangelista, malato terminale di cancro, preannuncia la stessa fine per i futuri inquilini dei residences di lusso.

In conclusione, sorgono dubbi e si formulano delle ipotesi. Intanto, una curiosità. Anzi due. Perché l’oscuro personaggio, cui l’agrigentino Nicosia presta la sua faccia intagliata nel cuoio, fa sfoggio di un’intonazione d’accademia, priva di cadenze e inflessioni, tanto da apparire palesemente doppiato? Ricordo che, secondo il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, la ‘ndrangheta è un’organizzazione fondata in primis sul vincolo familiare.

Due. Perché all’episodio di denuncia non viene dato il giusto risalto? La vicenda, al contrario, è sistemata in coda, come alla fine di un vecchio treno merci destinato alla rottamazione, al termine della  puntata, adombrata da una certa riluttanza, quasi sospesa tra il dire e il non dire. Peccato! Ma è solo un neo, un piccolo, miserevole neo, rispetto a una fiction davvero bella ed intrigante!

E pensare, che le nuove “terre dei fuochi” si trovano al Nord. Non più solo Napoli, dunque. Guarda caso, tra le province più colpite dall’epidemia quella di Torino è seconda in assoluto per numero di contagi totali, dietro a quella di Milano, mentre la Lombardia conta quasi il 40% dei casi di positività al Coronavirus da quando tutto è cominciato.

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