Essere empatici in tempi di coronavirus

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  “Capire il prossimo è la cosa più difficile. Devi provare a mettere il tuo occhio e le tue orecchie e le tue dita in quello spazio misterioso tra la pelle di una persona e il suo cuore”. F. Caramagna

Oggi più di ieri si va sempre più diffondendo in tutti gli ambiti della vita di relazione il concetto di empatia; a medici, psicologi, psicoterapeutici, sociologi, docenti, manager, avvocati, mediatori familiari e non si chiede di essere empatici. L’empatia è la capacità di riuscire a comprendere i pensieri e gli stati d’animo di un’altra persona, manifestando un reale interesse nei suoi confronti.

Questa virtù di fatto si basa su una relazione di scambio con l’altro: una persona empatica, infatti, mette in secondo piano il proprio modo di percepire la realtà così da poter comprendere appieno (anche) la percezione dell’interlocutore. Il termine empatia deriva dal greco: “en-pathos” tradotto letteralmente significa “sentire dentro”. Attenendoci al significato psicologico con il termine empatia si suole indicare la capacità di mettersi al posto degli altri, “dentro” alle loro emozioni e ai loro stati d’animo, per poter capire la loro prospettiva così da poter dare anche una risposta affettiva. Questo non vuol dire confondere la visione dell’altra persona con la propria, ma essere capaci di comunicare una reale partecipazione che viene effettivamente percepita dall’altra persona.  Una persona empatica non è giudicante, ma riesce a capire i sentimenti e le emozioni dell’altra persona senza metterla a disagio. Inoltre, tra gli esempi di empatia figura l’ascolto attivo, il saper trovare le risposte giuste da dare e il riuscire concretamente a “mettersi nei panni dell’altro”.

L’empatia di fatto riduce la distanza tra due persone. Non a caso, molti studiosi hanno addirittura conferito a questa capacità una sorta di vantaggio evolutivo per l’uomo: empatizzare con gli altri, infatti, aumenta istintivamente il senso di impegno per la comunità. Il  cervello è un organo che si serve di diversi tipi di neuroni per svolgere le proprie funzioni. Nelle aree cerebrali deputate ai movimenti si trovano i cosiddetti “neuroni specchio”, ovvero particolari neuroni che si attivano in presenza di un qualsiasi gesto. La loro peculiarità, tuttavia, è che essi si attivano non solo nella persona che compie il movimento, ma anche nel soggetto che lo sta osservando. Secondo la teoria dei neuroni specchio elaborata dal neuroscienziato Giacomo Rizzolatti, dunque, osservando quello che fanno gli altri di fatto possiamo capire le loro intenzioni, provare empatia ed imparare.

Alla luce di tutto questo possiamo dire che l’empatia è la capacità di comprendere appieno e totalmente gli stati d’animo altrui, sia in presenza di gioia che di dolore. Entrando in sintonia con il prossimo si può così interagire profondamente con lui.  Si tratta di un potere innato: l’ascolto empatico è uno strumento di comunicazione interpersonale potentissimo in grado di influenzare la qualità stessa delle relazioni ed una straordinaria relazione d’aiuto che può, se ben gestita, attivare percorsi di resilienza. Le persone possono essere più o meno empatiche, ma una totale mancanza di empatia può essere indice di alcune patologie. Un soggetto totalmente privo di questa capacità, infatti, può arrivare a manipolare gli altri senza curarsi di provocare sofferenza e senza provare rimorso. In particolare  la psicopatia (ovvero l’incapacità di provare empatia) è una caratteristica che può essere presente in alcuni disturbi della personalità, come ad esempio il disturbo antisociale o quello narcisistico. Non provando empatia, infatti, un soggetto affetto da questi disturbi può raggirare gli altri e sfruttarli senza porsi limiti. In questo lungo periodo di reclusione determinato dalla necessità di ridurre o evitare il contagio da coronavirus lo stare chiuso in casa, il ricorso allo smart working, alle conference call a ogni ora: comprendere i meccanismi il ricorso alla  comunicazione empatica si sta  rivelando una risorsa preziosa. La situazione di emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus (SARS-coV2) ha inevitabilmente generato stress e provocato ripercussioni anche sui rapporti lavorativi oltre che su quelli familiari e relazionali. Per alcuni, la sensazione può essere quella di lavorare anche di più rispetto a prima, senza pause e perennemente connessi.

Ma attenzione, il burnout potrebbe essere ancora più pericoloso rispetto a una normale situazione lavorativa: ecco perché è importante restare focalizzati sulla comunicazione e sul modo in cui ci si relaziona con colleghi e collaboratori. Saper comunicare con empatia può aiutarci ad affrontare la situazione sfidante in cui ci troviamo tutti. Puoi trasformarla in un campo di prova da cui trarre energia positiva per dare nuova linfa ai rapporti di lavoro, anche in vista del futuro rientro in ufficio. Se ansia, nervosismo e paura rischiano di far collassare le relazioni, è il momento di scoprire nuovi approcci. Occorre sapersi aprire, comunicare con sincerità e mostrare empatia verso gli altri, per comprendere lo stato d’animo in cui si trovano. Ascoltare per comprendere l’altro è un’azione proattiva che richiede un particolare impegno. Catapultati nell’emergenza del Covid 19 siamo sopraffatti dalle nostre emozioni. Paura e incertezza ci paralizzano e centrano l’attenzione su noi stessi. È proprio nei momenti di crisi che è fondamentale attivare una comunicazione empatica forte e consapevole, per riuscire ad ascoltare gli altri e comprendere il loro stato d’animo. Senza aspettative preconfezionate, possiamo costruire un legame forte con le persone intorno a noi. C’è chi nasce empatico e chi invece deve allenarsi per padroneggiare questo aspetto comunicativo. Ma stiamo attenti: Provare empatia significa capire il mondo interiore altrui, però senza cadere nell’errore di farsene carico e finire per esserne risucchiati. Ecco perché è di notevole importanza esercitarsi, fare formazione e non improvvisare con il rischio di conseguire risultati negativi o addirittura controproducenti.

Capire l’altro, mettersi nei suoi panni senza farli propri, permette di aprire la comunicazione e spostarla a un livello superiore, anziché chiuderla in un vicolo cieco. È importante concentrarsi non tanto sui fatti, ma sul come la persona si senta in una determinata situazione: capire i suoi pensieri e le sue emozioni, senza mai dimenticare la sua storia personale e il contesto in cui vive. Per questo è necessario riuscire a mettersi in una fase di ascolto attivo, senza distrazioni o preamboli logorroici. Occorre, dunque, concentrarsi solo su quello che viene detto, per incoraggiare e rassicurare, anche con la comunicazione non verbale e il linguaggio del corpo; la gestualità diventa un punto di riferimento fondamentale nella decodificazione. Sensibilità, intelligenza e attenzione facilitano, infatti, l’ascolto empatico.

 Giacomo Marcario

 Comitato di Redazione de “Il Corriere Nazionale”

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