Kenia. La siccità sta uccidendo migliaia di animali. 3 mln di keniani hanno bisogno di aiuto

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La foto dei corpi delle giraffe  aggrovigliati e disposti a spirale sul terreno inaridito della riserva di fauna selvatica di Sabuli, sta diventando in queste ore l’immagine simbolo della tragedia in corso in Kenya dove la popolazione e gli animali lottano contro la siccità e la carestia che ne consegue.

A raccontare la loro storia è Ed Ram, il fotografo autore dello scatto e del reportage per Getty Images. Gli animali, già indeboliti da mesi di privazione e fiaccati dalla ricerca di uno specchio d’acqua a cui abbeverarsi, sono morti dopo essere rimasti bloccati nel fango.

Stavano cercando di raggiungere un bacino idrico nelle vicinanze, anch’esso ormai quasi prosciugato. Le carcasse sono state poi spostate alla periferia del villaggio di Eyrib nella contea di Wajir nella provincia nord-orientale del Kenya per evitare la contaminazione dell’acqua rimasta nel serbatoio. L’area in questione, da settembre, ha ricevuto meno di un terzo delle normali precipitazioni.

Secondo il quotidiano locale Star News, 4.000 giraffe potrebbero morire a causa della siccità, ma ad essere a rischio non sono solo gli animali. La prolungata siccità nel nord del Paese sta spingendo le comunità e il loro bestiame al limite della sopravvivenza. Ibrahim Ali, del santuario delle giraffe di Bour-Algi, ha riferito che la situazione è peggiorata a causa dell’agricoltura lungo i fiumi, che ha bloccato l’accesso della fauna selvatica ai punti di abbeveraggio.

L’autorità di gestione della siccità in Kenya stima che circa 2,1 milioni di persone stiano in questo momento affrontando la mancanza di cibo a causa della grave siccità che affligge metà del Paese mentre altre aree del Kenya stanno registrando in queste settimane le più forti precipitazioni degli ultimi decenni.-

Sono 2,9 milioni i keniani che, secondo le stime dell’Onu, necessitano di assistenza umanitaria urgente.  “Le fonti d’acqua sia per le persone che per il bestiame si sono prosciugate, costringendo le famiglie a percorrere lunghe distanze e causando tensioni tra le comunità, il che ha portato ad un aumento dei conflitti intercomunali”, riferisce l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari.

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