Così i rincari di energia e materie prime stanno frenando la ripresa

Economia & Finanza

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L’allarme è stato lanciato dai centri studi della Confindustria e di Confcommercio, che hanno presentato analisi distinte che producono una sintesi simile: l’inflazione in crescita sta mettendo i bastoni tra le ruote al treno del rilancio del Paese. Ecco perché.

© Mirco Toniolo / AGF

AGI – L’inflazione in crescita, causata principalmente dai rincari di energia e materie prime, può mettere a rischio la risalita del Pil nel 2022. È l’allarme lanciato dai centri studi della Confindustria e di Confcommercio, che hanno presentato oggi le proprie analisi. A gennaio, rileva l’indagine rapida del Centro Studi di Confindustria, si registra un forte calo della produzione industriale (-1,3%), che segue la flessione dello 0,7% in dicembre. Con queste stime nel quarto trimestre del 2021 si registrerebbe un aumento di appena lo 0,5% sul terzo, con una variazione acquisita nel primo trimestre 2022 di -1,1%.

La contrazione, si afferma, è dovuta al caro-energia e al rincaro delle altre commodity che “comprimono i margini delle imprese e, in diversi casi, stanno rendendo non più conveniente produrre”. In particolare viene calcolato un aumento del 450% dell’elettricità a dicembre 2021 rispetto a gennaio dello stesso anno.

“A questo – sottolinea il Csc – si sommano le persistenti strozzature lungo le catene globali del valore. Tale dinamica mette a serio rischio il percorso di risalita del Pil avviato lo scorso anno”. “Il perdurante incremento dei prezzi delle commodity ha contribuito a erodere i margini delle imprese, penalizzando l’attività industriale. Secondo gli ultimi dati Pmi del settore manifatturiero, l’indicatore, pur confermando un quadro espansivo per il diciannovesimo mese consecutivo, registra un rallentamento a gennaio, dato peggiore in 12 mesi, a causa della persistenza di interruzioni sulle catene di approvvigionamento”.

“L’inversione di tendenza della dinamica dell’attività industriale è coerente con l’andamento dei principali indicatori congiunturali che negli ultimi mesi hanno segnalato un’attenuazione della favorevole performance economica. L’affievolirsi della fiducia delle imprese manifatturiere, in particolare il calo delle attese produttive – spiega il Csc – riflette principalmente l’acuirsi degli ostacoli alla produzione che, nel quarto trimestre, hanno penalizzato enormemente l’attività economica. La dinamica della produzione industriale – spiega il Csc – riflette le tensioni parzialmente emerse anche per i nostri partner (produzione tedesca scesa a novembre di -0,1%, quella francese -0,2% a dicembre. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Confcommercio, che va verso una revisione delle stime del Pil del 2022 abbassandole al +3,5/3,7% rispetto al +4% previsto precedentemente. A pesare è la “differente previsione delle tensioni inflazionistiche – ha detto in un briefing con i giornalisti Mariano Bella, direttore Ufficio Studi Confcommercio – nelle prossime settimane noi faremo il nostro prossimo quadro e dovremmo essere intorno al 3,5 e 3,7%” per quanto riguarda il prodotto interno lordo nel 2022.

“Se le cose dovessero andare male vorrebbe dire che dopo gli impulsi pandemici e post pandemici dell’attivita’ economica si tornerebbe a una crescita di ‘zero virgola’ – aggiunge – non solo, ci torniamo con 30 punti di rapporto debito-Pil in più. Questa è una eredità che nessuna persona ragionevole vorrebbe lasciare e che certamente la next generation non vorrebbe accettare.

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