Mercanteinfiera torna a marzo con storie di migrazioni e il Design di Olivetti

Arte, Cultura & Società

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PARMA – Antiquariato, design d’autore e collezionismo vintage sono i marchi di fabbrica di Mercanteinfiera: in 40 mila mq di superficie espositiva di Fiere di Parma dal 12 al 20 marzo sfilerà tutta la storia dell’arte dal ‘600 al 900 fino a sconfinare nel mondo delle rarità. Così accanto a un antico orologio Cartel del 1800 firmato da Antoine Thiout Paris, troverà posto un quadro di Cesare Viazzi. E vicino a un visore stereoscopico dei primi del ‘900 per vedere le cartoline in tridimensionale, si potrà ammirare un quadro di Hermann Nitsch, il dissacrante performance artist austriaco, o di Luciano Lutring, il pittore e criminale che negli anni ‘60 era noto come il “solista del mitra” per la sua abitudine a nascondere nella custodia di un vìolino le sue armi, che affiancó alla carriera di fuorilegge quella di artista.

Nei quattro padiglioni si troveranno le grandi griffe dell’orologeria (Rolex, Patek Philippe, Audemars Piguet, IWC ecc…), della moda vintage e del Design storico: Gio Ponti, Colombo, Fornasetti, Arne Jacobsen, Riccardo Giovannetti o Gaetano Pesce.
Come sempre grande attenzione è rivolta alle mostre collaterali. Per questa edizione primaverile 2022, Mercanteinfiera rivolge lo sguardo al ‘900 con le esposizioni “Partivano i bastimenti. Home sweet home America” e “Olivetti #StoriadiInnovazione”, che affiancano storie di migrazioni e del genio tutto italiano del Design Adriano Olivetti.
In comune hanno la dimensione del sogno, come spiega Ilaria Dazzi Exhibition Director di Mercanteinfiera: “a guidarmi nella scelta delle mostre due obiettivi diversi. Da un lato contribuire ad un comune senso di memoria civile perchè le storie delle migrazioni di ieri sono infondo le stesse che vediamo oggi, stesse paure, stesse speranze e stessi sentimenti. Dall’altro accendere un faro su un genio del design, e non solo, di cui non si parla mai abbastanza che ha saputo innovare l’industria italiana. Mercanteinfiera, senza abdicare alla sua vocazione al business, vuole essere da tempo un luogo dove allenare creatività, fantasia ma anche la riflessione. Accogliamo appassionati dell’arte ma ci impegnano affinché a varcare i cancelli di uscita siano cittadini più consapevoli”.
“Partivano i bastimenti. Home sweet home America” è curata da Massimo Cutò, giornalista e collezionista, e racconta il viaggio dei migranti italiani che ai primi del ‘900 si imbarcavano per l’America con le grandi compagnie – Navigazione generale italiana, Lloyd Italiano, Fabre Line, solo per citarne alcune.
La mostra prevede tre sezioni: il fenomeno emigrazione, le navi e la traversata. Si va dai poster delle eleganti navi fumiganti spediti mensilmente alle curie e agli uffici comunali che pubblicizzavano le nuove rotte, alle réclame dei prodotti italiani già simbolo di un pionieristico “Made in Italy”; dalle suggestive foto di famiglia incorniciate tra le due bandiere a suggello dell’integrazione nel Nuovo Mondo, allo sgabello da sciuscià, lustrascarpe, umile destino di molti italiani macaroni (termine popolare con quale venivano chiamati gli italiani). E poi coccarde, le temutissime schede sanitarie di Ellis Island che decretavano l’inizio o la fine del sogno e le musiche malinconiche per una patria ormai lontana.
“Olivetti #StoriadiInnovazione” è realizzata in collaborazione con l’Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea. Un percorso distinto in tre tappe – macchine da scrivere, macchine da calcolo, pc stampanti e registratori di cassa – che vuole essere una riflessione sul concetto di design secondo Adriano Olivetti: non soltanto una cipria da mettere sopra il prodotto per vendere di più, quanto metafora di responsabilità verso l’ambiente, la gente, verso il destino del prodotto e della società.
In esposizione si potranno così trovare i modelli M40 e Lettera 22, la macchina da scrivere portatile che ha conquistato grandi giornalisti e scrittori da Indro Montanelli a Oriana Fallaci, da Enzo Biagi a Ernest Hemingway. E poi la Olivetti Valentine nata nel 1968 dal progetto di Ettore Sottsass e Perry A.King, le macchine da calcolo Divisumma 24 e 18, Summa 19 e Programma 101 il calcolatore da tavolo ritenuto da una parte della storiografia informatica il primo vero personal computer della storia.

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