Cresce la paura dei commercianti, 1 su 3 teme di finire preda dei ‘cravattari’

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Sono 30 mila le imprese a rischio usura. L’indagine di Confcommercio sulla sicurezza percepita: per il 12% la situazione è peggiorata, ma poco più della metà denuncerebbe gli usurai.

© Image Source / Agf
– Prestiti usura

AGI – Sono almeno 30 mila le micro e piccole imprese del commercio e dei pubblici esercizi “ad elevato rischio usura”. La stima è di Confcommercio, che ha presentato i risultati di un’analisi sul fenomeno in occasione della Giornata nazionale “Legalità, ci piace!”.

Nel dettaglio, le imprese in pericolo sarebbero tra 26 mila e 44 mila, ovvero tra il 9,4 e il 15,5% di quelle che nel 2021 si sono viste negare un prestito (oltre 273 mila in numeri assoluti).

Ma chi le sostiene contro la criminalità? Per il 34% delle imprese sono le forze dell’ordine, per il 21% lo Stato e le amministrazioni locali, per il 16% le associazioni di categoria, per il 10% le associazioni ed organizzazioni antiusura.

Per il 19% l’aiuto non arriva da nessuno (“siamo soli”) ma la percentuale nell’ottobre del 2020 era più alta, al 28,6%.

Quasi il 12% delle imprese del terziario di mercato l’anno scorso ha percepito un peggioramento dei livelli di sicurezza: dato piu’ accentuato nelle grandi citta’ (16,2%), al Sud (16,6%), per le imprese del commercio al dettaglio alimentare (15,1%) e per gli alberghi (20%). È quanto emerge dall’indagine Confcommercio-Format research su usura e fenomeni illegali presentata oggi a Roma.

L’usura è il fenomeno criminale percepito in maggior aumento dagli imprenditori (il 27%), seguito da abusivismo (22%), racket (21%), furti (21%), atti di vandalismo (19%), aggressioni fisiche (18%), contraffazione (17%) e rapine (16,2%).

Il trend è più marcato nelle grandi città e al Sud dove l’usura è indicata in aumento dal 30% delle imprese.

Oltre ad essere percepito come il reato che aumenta di più, l’usura è anche un fenomeno che penalizza lo sviluppo delle imprese e frena la crescita.

L’11% degli imprenditori ha avuto notizia diretta di episodi di usura o estorsione nella propria zona di attività mentre il 15% ne ha letto sui giornali o sentito alla tv o alla radio e il 10% ne ha letto sui social network.

Il 17,7% degli imprenditori è “molto preoccupato” per il rischio di esposizione a usura e racket.

Un timore che cresce nelle grandi città (22%), al Sud (19,1%) e tra le imprese del commercio al dettaglio non alimentare (per il 20%).

Riflessi pesanti si hanno anche su decoro urbano e qualità della vita, più avvertiti nelle periferie delle grandi città (per il 52% delle imprese) mentre i centri storici delle città tra i 10 mila e i 50 mila abitanti risultano più curati (per l’88,2% delle imprese).

In sostanza, il 64,9% delle imprese ha riscontrato fenomeni di degrado nella propria zona di attività e un’impresa su cinque ritiene peggiorato il livello di qualità della vita nell’area in cui opera.

Dati ancora una volta più marcati nelle grandi città dove degrado urbano e riduzione della qualità della vita sono segnalati rispettivamente dal 70 e dal 25% delle imprese.

Solo il 58,4% degli imprenditori denuncerebbe

Di fronte all’usura e al racket il 58,4% degli imprenditori sporgerebbe denuncia, il 33,6% ammette che non saprebbe come comportarsi, il 6,4% pensa che non farebbe nulla, “tanto è inutile”. Sono alcuni dei risultati dell’indagine Confcommercio-Format research.

Il dato è più marcato al Sud dove si rileva una sorta di polarizzazione dei comportamenti, con accentuazioni maggiori sia di imprenditori che sporgerebbero denuncia (66,7%) che di quelli che al contrario “non saprebbero cosa fare” (41%) o che ritengono che “non ci sarebbe nulla da fare” (9,1%).

“Una dicotomia – spiegano gli autori del sondaggio – determinata probabilmente dalla maggiore esposizione ai fenomeni criminali al Sud rispetto al Nord”.
Una minore propensione a denunciare si registra nelle citta’ di medie e grandi dimensioni – scendono al 52% gli imprenditori che indicano la denuncia – mentre nei centri abitati con meno di 10 mila abitanti e’ piu’ accentuata l’incapacita’ di reagire rispetto a questi fenomeni: il 42,1% degli imprenditori confessa che non saprebbe cosa fare.

Sangalli, costi della pandemia e della guerra fanno da detonatore

“La crisi della pandemia e quella dei costi generati da questa drammatica guerra rappresentano un vero e proprio detonatore dell’usura, che trova il terreno ideale in un sistema di imprese reso più fragile e più esposto a causa di una drastica riduzione del volume di affari, della mancanza di liquidità e di una sostanziale difficoltà di accesso al credito”. Lo ha affermato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, intervenendo alla Giornata nazionale “Legalità, ci piace!”.

“Non a caso – ha premesso – l’usura è fenomeno percepito in aumento da oltre il 27% degli imprenditori, una quota superiore di oltre 14 punti rispetto al 2019. Mentre i consumi sono ancora sotto di oltre il 10% rispetto all’inizio della pandemia”.

Non solo: “La bolletta energetica per commercio, bar, alberghi e ristoranti triplica nel 2022. Secondo il nostro Ufficio studi è probabile che, nell’anno in corso, l’inflazione si attesti oltre anche le previsioni del Def (al +5,8%). E il pil, nell’anno in corso, rischia di crescere a un tasso ben più vicino al 2 che al 3%. Insomma – ha concluso il presidente di Confcommercio – i fenomeni criminali, e in particolare l’usura, si nutrono delle crisi. Non ci stanchiamo pertanto di chiedere moratorie, moratorie fiscali e creditizie”.

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