La Coalizione internazionale anti-stato islamico (IS) si è riunita in Marocco

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Allo scopo di combattere la minaccia dello Stato Islamico in Africa, è la prima volta che, dalla fondazione nel 2014, tiene la sua assemblea sul suolo africano. Intanto, l’IS (stato islamico, islamic state in inglese) sembra voler espandersi nel Sahel e nel Golfo di Guinea.

L’organismo sovranazionale si è riunito lo scorso 11 maggio in Marocco, con l’impegno a continuare la lotta contro la crescente minaccia dell’organizzazione jihadista in Africa e la sua rinascita in Medio Oriente e nel resto del mondo. La riunione ministeriale di questa coalizione ha mobilitato sotto massima sicurezza a Marrakech i capi della diplomazia di una quarantina di Stati.

Inizialmente co-conduttore dell’incontro con il suo omologo marocchino Nasser Bourita, il segretario di Stato statunitense Antony Blinken, risultato positivo al Covid-19, è stato sostituito dal numero 3 della diplomazia yankee, Victoria Nuland. Secondo fonti marocchine, sono stati valutati gli sforzi di stabilizzazione nelle aree precedentemente colpite dall’Isis, nell’area della comunicazione strategica contro la propaganda di radicalizzazione di questo gruppo terroristico e dei suoi affiliati, e la lotta contro i combattenti terroristi stranieri.

Per la prima volta questa coalizione, lanciata nel 2014 e che riunisce 84 Stati e organizzazioni internazionali (tra cui NATO e Interpol), si incontra sul suolo africano, dove l’IS sembra voler espandersi, in particolare nel Sahel e nel Golfo della Guinea. Presenti per la prima volta diciannove paesi africani, tra cui il Benin.

La situazione è stata considerata preoccupante, visto che oggi, 27 entità terroristiche con sede in Africa sono nell’elenco delle sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.  Un totale di 1,4 milioni di persone sono state sfollate nel 2021 in Africa occidentale e nel Sahel a causa dei conflitti nella regione, ha affermato. Nel Sahel, il numero di “incidenti terroristici” è aumentato del 43% tra il 2018 e il 2021, secondo i dati dell’antiterrorismo americano.

Gli Stati Uniti hanno dichiarato di voler spendere quasi 120 milioni di dollari (circa 114 milioni di euro) in nuovi aiuti all’Africa subsahariana per la lotta ai terroristi. Lo stato della minaccia dell’IS non è diminuito, nonostante le debacle in Iraq e in Siria, sta cercando ogni opportunità per ricostituirsi.

I fatti lo evidenziano.  Mercoledì scorso, cinque soldati egiziani e sette jihadisti sono stati uccisi in un nuovo attacco nella regione del Sinai (est), afflitto da un’insurrezione jihadista, secondo l’esercito egiziano. E a gennaio, circa 100 combattenti dell’Is hanno attaccato un carcere controllato dai curdi nel nord-est della Siria, l’attacco più mortale dalla sconfitta di tre anni fa. Altri campanelli d’allarme mostrano quanto sia insostenibile l’attuale situazione nel nord-est della Siria. L’IS ha inoltre promesso di vendicare il suo precedente leader, Abu Ibrahim al-Hachimi al-Qurachi, ucciso durante un’operazione statunitense in Siria a febbraio, e ha esortato i suoi sostenitori a usare la guerra in Ucraina per riprendere gli attacchi in Europa.

Washington sta pertanto cercando di raccogliere 700 milioni di dollari quest’anno (350 milioni per l’Iraq, lo stesso per la Siria) per finanziare operazioni di “stabilizzazione” nelle aree liberate dal controllo dell’Is e promuovere l’investimento economico privato.

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