Papa Francesco ha scelto senza indugio il nuovo capo della Cei: don Matteo Zuppi

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Sessantasei anni, romanissimo di Trastevere, mediatore per la pace in Mozambico, vescovo ausiliare di Roma Centro e poi nominato titolare di Bologna. Chi è il nuovo presidente dei vescovi italiani.

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AGI – Papa Francesco brucia i tempi e fa sapere subito che il suo nome è quello di Don Matteo. Poteva farlo sapere domani, dopo una pausa di riflessione: in passato è stato così. Invece senza por indugio in mezzo ha comunicato che sarà Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, prete di strada, romanissimo cardinale di Santa Romana Chiesa a fare il pastore dei pastori della Chiesa Italiana.

Un gregge qualche volta un po’ bisognoso di cura ma esso stesso disponibile alla cura, se è vero che gli altri due profili individuati per la carica di presidente della Conferenza Episcopale avevano caratteristiche simili a quelle del designato. Oggi, all’assemblea permanente della Cei, i nomi proposti al Pontefice erano tre: Zuppi, il vescovo di Siena (anch’egli cardinale) Paolo Lojudice e monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale.

Pare che tutti e tre i candidati abbiano, nel segreto dell’urna, mietuto consistenti consensi. Segno che in autonomia – come auspicato dal Papa non più tardi di ieri – hanno scelto unitamente secondo gli auspici del loro Primate. Non capita sempre.

Zuppi ha 66 anni, è romano di Trastevere, proviene dalla Comunità di Sant’Egidio. Anni di condivisione con i poveri, seminario a Palestrina, viceparroco in centro e parroco in periferia. Mediatore per la pace in Mozambico, vescovo ausiliare di Roma Centro e poi titolare di Bologna . Città sazia e disperata, disse un suo predecessore. Lui ha messo il pollo nei tortellini per i poveri (qualcuno si scandalizzò, ma poi si è scoperto che aveva ragione lui) ed avviato un fitto scambio con gli ambienti meno inclini della chiesa locale ad entrare nell’ospedale da campo di Bergoglio.

Logico, anche se non scontato, che questi lo creasse cardinale: Bologna è sì sede cardinalizia, da tradizione, ma lo sono anche Torino Milano e Venezia, e invece qui niente. Adesso viene difficile il: mettere stamina nelle gambe di chi cammina soprattutto verso il sinodo, ridare forza ad una presenza nella società italiana apparsa, recentemente, un po’ appannata.

Stringono i tempi: il suo immediato predecessore, il cardinale Gualtiero Bassetti, ha chiuso il suo mandato promettendo impegno nella lotta alla pedofilia e a fianco dei poveri. Ma anche ribadito la difesa della vita (e il Papa ha invocato anche la difesa dell’obiezione di coscienza dei medici antiabortisti) e l’invito ai cattolici a sporcarsi le mani in politica.

In più: riprende l’iter del disegno di legge Zan sull’omotransfobia. Sarà un test per misurare intenzioni e metodologie. Lo scorso anno proprio Zuppi scrisse una lettera aperta alla Costituzione, in un’Italia un po’ meno sazia e un po’ più disperata. Fu un richiamo alla responsabilità.

La Costituzione, sottolineò Zuppi, ricorda che “dobbiamo imparare che c’è un limite nell’esercizio del potere e che i diritti sono sempre collegati a delle responsabilità collettive”, che “i diritti impongono dei doveri”, che ognuno è “chiamato a pensarsi, progettarsi e immaginarsi sempre insieme agli altri”.

La Carta, insomma, chiede “a tutti di mettere le proprie capacità a servizio della fraternità”, perché la società “non è un insieme di isole ma una comunità fra persone, tra le nazioni e tra i popoli”. In perfetta linea bergogliana. Adesso si vedrà come reagirà il gregge alla mano del nuovo pastore.

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