Decretato lo stato di emergenza in 5 Regioni devastate dalla siccità

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Il Consiglio dei ministri decide misure eccezionali per contrastare lo shock idrico di queste settimane e stanzia oltre 36 milioni per supportare le aree più colpite.

© AGF – Il Po a secco

 

AGI – Lo stato di emergenza deliberato questo pomeriggio dal Consiglio dei ministri per fronteggiare il deficit idrico nei territori delle Regioni e delle Province Autonome ricadenti nei bacini distrettuali del Po e delle Alpi orientali, per le regioni Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto resterà in vigore fino al 31 dicembre 2022 ed “è volto a fronteggiare con mezzi e poteri straordinari la situazione in atto, con interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata, e al ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche”. È quanto si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.

Per far fronte ai primi interventi sono stati stanziati 36.500.000 euro a carico del Fondo per le emergenze nazionali, così ripartiti: 10,9 mln alla Regione Emilia Romagna; 4,2 mln alla Regione Friuli Venezia Giulia; 9 mln alla Regione Lombardia; 7,6 mln alla Regione Piemonte; 4,8 mln alla Regione Veneto.

“Le Regioni finora hanno fatto un ottimo lavoro e il confronto in Conferenza va avanti, ma questa crisi idrica impone un intervento nazionale. Abbiamo il dovere di affrontare la mancanza di acqua con grande realismo, evitando di alimentare nuove divisioni tra territori o tra interessi diversi”, ha commentato Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le autonomie. “Servono – spiega – soluzioni immediate, a partire dalla priorità di garantire acqua potabile a tutti i cittadini, senza dimenticare però il comparto agricolo. Abbiamo il dovere di salvaguardare i raccolti, le aziende, i sacrifici di una vita di tanti agricoltori e produttori italiani. La carenza idrica di queste ultime settimane, inoltre, non ha fatto altro che esacerbare una situazione già piuttosto critica nel nostro Paese: da decenni non vengono realizzati nuovi invasi e dighe, facciamo i conti con infrastrutture obsolete o acquedotti colabrodo. Cogliamo quindi l’opportunità del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza anche per affrontare il tema della gestione dell’acqua in modo strutturale. Nel Piano – ricorda Gelimini – sono previsti 2 miliardi e 800 milioni euro per interventi al sistema di distribuzione delle acque, per la riparazione e l’ammodernamento delle reti idriche, ma anche investimenti sui sistemi irrigui per garantire all’agroalimentare una maggiore e più costante disponibilità di acqua. Sarà fondamentale dotarsi di un sistema avanzato di monitoraggio e previsione, utile per mitigare e gestire meglio il rischio idrogeologico. Tutto questo ci permetterà di salvaguardare la risorsa idrica di cui disponiamo e di rendere il Paese più resiliente ai cambiamenti climatici, proteggendo la natura e le biodiversità”, conclude.

 

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