Attesa la prima nave di grano dall’Ucraina, ma l’accordo è fragile

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L’intesa ha durata limitata, appena 120 giorni (inizialmente erano 90), per far uscire decine di milioni di tonnellate di grano.

di Giuseppe Didonna

© SERGII KHARCHENKO / NURPHOTO / NURPHOTO VIA AFP
– Nave in attesa di caricare grano in un porto ucraino sul Danubio

 

AGI – E’operativo da mercoledì il centro di coordinamento congiunto di Istanbul. Rappresentanti di Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite, cinque per parte, dalla metropoli sul Bosforo controlleranno il rispetto dell’intesa siglata il 22 luglio e monitoreranno il passaggio delle navi cariche di decine di milioni di tonnellate di grano attraverso un percorso libero da mine.

Tutto e’ pronto, mancano solo le navi. Da Kiev hanno espresso la speranza che il primo carico possa partire gia’ questa settimana. Bocche cucite da parte turca, a ulteriore conferma delle difficolta’ della precarieta’ della situazione.

Il ministro della Difesa Hulusi Akar, l’uomo cui il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha messo in mano le redini di questo negoziato, si e’ limitato a dire che “i preparativi per la partenza della prima nave proseguono”.

Ennesima conferma di quello che e’ stato un negoziato non facile. Una trattativa sicuramente facilitata dalla mediazione della Nazioni Unite, su cui il presidente Erdogan ha mantenuto un profilo basso, reduce dai tentativi andati a vuoto negli scorsi mesi.

L’ultima mediazione Erdogan gia’ nei mesi precedenti l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo aveva sferrato una imponente offensiva diplomatica tentando di far sedere allo stesso tavolo il presidente russo Vladimir Putin e l’ucraino Volodimir Zelensky.

Il Cremlino aveva annunciato la presenza di Putin in Turchia a fine febbraio, visita poi saltata perche’ la Russia ha deciso di sferrare l’attacco. Fallito il tentativo di prevenire il conflitto Erdogan ha continuato a muoversi in equilibrio tra le parti e ha spostato l’obiettivo sul cessate il fuoco riuscendo a mantenere il ruolo di mediatore senza compromettersi ne’ con Kiev che con Mosca.

Quando e’ riuscito a far incontrare ad Antalya i ministri degli Esteri di Russia e Ucraina e spostare il negoziato da una sconosciuta localita’ della non neutrale Bielorussia a Istanbul, in molti hanno attribuito al presidente turco una vittoria. Vittoria forse, ma sicuramente mutilata dal fatto che il negoziato per il cessate il fuoco si sia poi arenato sulle immagini provenienti da Bucha ed Irpin, come ammesso proprio dal capo della diplomazia turca, Mevlut Cavusoglu.

Tramontata l’ipotesi di un cessate il fuoco il campo d’azione si e’ ristretto alla trattativa per il corridoio del grano.  Dopo due mesi l’accordo c’e’ stato, le firme sono arrivate, ma si e’ subito notato che alla cerimonia il clima era pesante. Difficile aspettarsi strette di mano e sorrisi, prima della firma la delegazione ucraina ha specificato che nessun accordo sarebbe stato firmato con la Russia, ma con Turchia e Nazioni Unite.

I firmatari dei due Paesi in guerra, il ministro della Difesa russo Sergej Shoygu e il ministro delle infrastrutture ucraino Aleksandr Kubrakov hanno platealmente evitato di sedersi allo stesso tavolo quando e’ stato il loro turno di apporre le firme. A 12 ore dalle firme l’esercito russo ha colpito il porto di Odessa, uno dei tre da cui si attende la partenza dei carichi di grano, insieme a Chernomorsk e Yuzhni. Un attacco che ha fatto vacillare l’accordo e solo ieri e’ stato inaugurato il centro di coordinamento congiunto, sulla cui costituzione un’intesa era stata raggiunta due settimane prima delle firme. e annunciata. Il centro e’ ora operativo e da qui si attende partano le istruzioni per la prima nave, salvo imprevisti.

L’attesa per l’apertura del centro era stata preceduta dall’incontro tra Erdogan e Putin a Teheran, lo scorso 19 luglio, il primo e unico di un leader Nato con il presidente russo dall’inizio del conflitto. Bocche cucite alla fine, ma e’ probabile che il via libero definitivo all’intesa sul grano sia arrivata nella capitale iraniana. Solo due giorni fa e’ arrivata la notizia di un viaggio di Erdogan a Sochi, dove Putin ha una residenza estiva il prossimo 5 agosto. Il secondo incontro tra i due arrivera’ a 14 giorni esatti dalle firme per il corridoio del grano e costituisce l’occasione per una valutazione sull’andamento dell’intesa.  Erdogan ha detto che continuera’ a lavorare per la pace tra i due Paesi, ma rimane consapevole della fragilita’ della situazione.

Erdogan ha definito la trattativa per il corridoio del grano ‘ardua e faticosa’, ma i missili su Odessa hanno subito fatto capire che la parte piu’ difficile sara’ mantenere l’accordo in piedi. Allo stesso tempo va ricordato che l’accordo ha durata limitata, appena 120 giorni (inizialmente erano 90), per far uscire decine di milioni di tonnellate di grano. Una corsa contro il tempo in cui ancora una volta torna in primo piano il ruolo della Turchia, il Paese di cui Mosca e Kiev si fidano e con cui hanno firmato l’accordo, il Paese guardiano degli stretti da cui le navi devono passare.

La sicurezza del percorso e’ stata garantita da Ankara, perché’ non vi saranno scorte da parte di navi militari nonostante Erdogan avesse dato la disponibilità della marina turca.   Una condizione resa necessaria sia dalla natura umanitaria dell’intesa, ma soprattutto dal rifiuto opposto sia da Russia che Ucraina. Una condizione che però allo stesso tempo aumenta il rischio di incidenti e attacchi, rischio che la presenza della marina di Ankara avrebbe forse scongiurato.
Il ruolo del centro aperto ieri e’ fondamentale per dettare il percorso alle navi in uscita perché’ non vi sarà sminamento.

Condizione che si conosceva, imposta da Kiev sin dall’inizio del negoziato nel timore che la Russia ne potesse approfittare e colpire. Il centro di coordinamento congiunto dovra’ monitorare le tre diverse rotte in uscita dai porti di Odessa, Chernomorsk e Yuzhny e farle convergere in un unico tragitto verso Istanbul. Qui le navi dovranno fermarsi, scaricare e poi tornare indietro, previo via libera che sara’ dato dopo un’ispezione mirata a controllare che non portino armi in Ucraina, una condizione voluta dalla Russia.

Mosca non ha voluto l’invio di ulteriori navi provenienti da altri porti, proprio nel timore che potessero trasportare armi. Ankara ha anche garantito alla Russia la sicurezza delle proprie navi che transitano attraverso il Mar Nero e trasportano frumento e fertilizzante e garantito a Kiev le navi russe non entreranno in acque ucraine.

L’accordo contiene la garanzia reciproca che non vi saranno attacchi durante le operazioni di carico e trasporto, ma i missili su Odessa hanno fatto capire subito che aria tira. Il Cremlino ha smentito di aver colpito il porto, mentre Kiev ha accusato la Russia di aver immediatamente violato l’accordo.

Il corridoio del grano rappresenta una trattativa nata con il fine di scongiurare una crisi alimentare di portata mondiale, che sta affamando secondo l’Onu 47 milioni di persone nei Paesi africani, ma che si manifesta nell’aumento dei prezzi anche in Europa. Circa il 50% del grano bloccato nei porti ucraini e’ destinato a progetti del World Food Programme in Africa Una trattativa dal carattere umanitario, su cui il Segretario Generale della Nazioni Unite Antonio Guterres si e’ speso molto, ma che fa comodo sia alla Russia che all’Ucraina.

Oltre al grano bloccato nei porti ucraini l’intesa, come detto, riguarda anche frumento e fertilizzanti prodotti dalla Russia. Sempre in base ai dati delle Nazioni Unite  nel 2019 la Russia ha prodotto 118 milioni di tonnellate di grano, l’Ucraina 74. I due Paesi sono rispettivamente al quarto e quinto posto per produzione di grano dopo Cina, Usa e India. Tutti fattori che hanno favorito l’adesione della parti, ma che rappresentano comunque un’arma a doppio taglio.          L’interesse comune ad aprire il corridoio si scontra con il clima di profondo disagio e antagonismo che ha contraddistinto la firma dell’accordo e con la ferma posizione di due Paesi che ora non hanno intenzione di comunicare né tantomeno di collaborare. Una eventuale e possibile violazione dell’accordo darebbe il via a un prevedibile scambio di accuse e smentite, una ricerca del colpevole, vale a dire ‘colui che toglie il grano ai Paesi dell’Africa’, che in una guerra combattuta anche a colpi di propaganda e social media avrebbe una magnitudo di portata non indifferente.

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