Era necessario scherzare con il fuoco ?

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Editoriale

Si tratta della prima visita a Taipei di un alto rappresentante USA dal 1997. E non un rappresentante qualunque: tra proteste in Piazza Tiananmen e incontri col Dalai Lama, Pelosi è una delle voci americane più critiche del Partito Comunista Cinese, oltre a essere la terza carica istituzionale americana.

Naturale che, per Pechino, il suo arrivo, sull’isola su cui ritiene di avere sovranità legittima sia piuttosto indigesto.

Inoltre mi verrebbe da dire,considerando la già tesa situazione internazionale che tempismo ideale!

Ma cerchiamo di capire perché la Cina è tanto infuriata per la visita della presidente della camera statunitense Nancy Pelosi a Taiwan.

La risposta si trova negli accordi diplomatici siglati tra i due paesi.

All’origine delle relazioni tra Cina e Stati Uniti

Le relazioni degli Stati Uniti con la Cina cominciano con il trattato di Shanghai del 1972. Nel documento la Cina definisce la propria posizione su Taiwan: “Il governo della Repubblica Popolare Cinese è l’unico governante legale della Cina; Taiwan è una provincia della Cina che da tempo è stata riannessa alla madrepatria; la liberazione di Taiwan è una questione interna della Cina, nessun altro paese ha il diritto d’interferire; tutte le truppe e gli impianti militari degli Stati Uniti a Taiwan devono essere ritirati.”

Nello stesso documento gli Stati Uniti rispondono: “Gli Stati Uniti riconoscono che tutti i cinesi, da entrambi i lati dello stretto di Taiwan, ritengono che esista una sola Cina e che Taiwan sia parte della Cina. Il governo degli Stati Uniti non mette in discussione questa posizione e afferma il suo interesse in una risoluzione pacifica della questione di Taiwan da parte degli stessi cinesi”.

Ma ci si dimentica un principio fondante del diritto internazionale e cioè che : una visita presidenziale costituisce sempre un riconoscimento di fatto della sovranità del paese di cui si è ospiti.

La visita di Pelosi dunque viola chiaramente lo spirito del comunicato di Shanghai. Questo a causa del ruolo costituzionalmente riconosciuto che ricopre Pelosi perché una visita presidenziale costituisce un riconoscimento di fatto della sovranità del paese in cui si è ospiti.

La visita della Pelosi si chiama provocazione e non finisce qui perchè anche questa sera tra poche ore istigherà, dal confine delle due coree, il presidente Kim Jung, vogliamo scommettere?

Lei è la vera donna del Deep State al congresso!

I capi di stato non vanno mai,infatti, in visita da altri capi di stato di paesi che non riconoscono.
A Taiwan la visita di Pelosi equivale al riconoscimento, perché una delle funzioni del vicepresidente è rappresentare il presidente quando lui non può essere presente.

Se Biden fosse stato davvero contrario alla visita di Pelosi a Taiwan avrebbe potuto dissuaderla dal partire o, come minimo, le avrebbe potuto negare l’uso di un velivolo militare statunitense.

Non è chiaro, quindi, cos’abbia in mente l’amministrazione Biden. Ma che tutto questo sia successo per caso o per scelta, la Casa Bianca ha in ogni caso aperto una crisi molto grave.

Viaggio o provocazione?

Avete avvertito anche voi ,cari lettori,una sensazione di imbarazzo, per quella che in molti considerano una provocazione gratuita nei confronti di Pechino?

Ebbene secondo me, la missione della speaker americana è puro incitamento, istigazione, e non ve n’era proprio bisogno nello scenario attuale!

Taiwan è un’isola di 23 milioni di abitanti che storicamente appartiene alla Cina. Gli Stati Uniti, come il 95% delle nazioni con seggio all’Onu (compresa l’Italia) riconoscono diplomaticamente una sola Cina, quella di Pechino, per cui il viaggio della Pelosi cerca di rottamare questa precisa linea di politica estera accettata da anni.

Che Taiwan si auto dichiari “indipendente” solo perché il partito separatista che ha vinto le ultime elezioni a Taipei vuole staccarsi dalla Cina di Xi Jinping non è sufficiente a farne, appunto, una nazione indipendente.

Di nuovo: in questo scenario cos’altro è il viaggio della terza carica del potere americano se non una provocazione?

La visione strategica della Cina è molto più ampia del semplice gioco del falco e del pulcino con Pelosi.

La Cina approfitterà di questa mossa provocatoria degli Stati Uniti per cambiare irreversibilmente la situazione in Taiwan e accelerare il processo di riunificazione.
Nessuno , nemmeno gli Usa dovrebbero sottovalutare la determinazione della Cina a riunirsi e rinnovarsi, e la crisi russo-ucraina ha appena permesso al mondo di vedere le conseguenze di cosa significhi essere messi all’angolo da parte di una grande potenza. La Cina accelererà costantemente il processo di riunificazione e annuncerà la fine del dominio degli Stati Uniti nell’ordine mondiale.

Peccato che l’invasione russa dell’Ucraina non abbia aiutato i governi europei a riflettere sulle conseguenze, finora inimmaginabili, dell’imposizione di sanzioni economiche imponendole anche alla seconda economia mondiale, nel caso in cui Pechino dovesse fare una mossa militare preventiva contro Taiwan.

Sanzioni contro la Russia, sanzioni contro la Cina, e depressione economica : altro che recessione!

In Europa, ecco lo scenario!

 

Antonio Peragine

direttore@corrierenazionale.nt

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