La Columbia University perde qualità e passa dal 2° al 18° posto

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Il declassamento dopo le accuse di aver truccato i dati con statistiche “imprecise, dubbie o altamente fuorvianti”.

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AGI – Non c’è più la Columbia University di una volta. Anche la prestigiosa università privata newyokese sulla Amsterdam Avenue trucca i dati? O, almeno, è accusata di averlo fatto per suggestionare i genitori e influenzarli ad iscrivere i propri figli al college. Così è stata retrocessa dal 2° al 18° posto nella classifica delle migliori università dall’US News & World Report, informa il New York Times.

La controversia sulla cosiddetta “alterazione dei dati” è iniziata quando uno dei suoi professori di matematica, Michael Thaddeus, in un post sul blog di febbraio, ha accusato la scuola di aver presentato delle statistiche “imprecise, dubbie o altamente fuorvianti” su sé stessa e le proprie potenzialità. La scorsa settimana la stessa università ha dichiarato con una nota di “aver calcolato male alcuni dati”, riporta il quotidiano.

La retrocessione ora solleva diversi interrogativi: la qualità di un college può essere classificata in base a un solo numero, così come i critici valutano i film delle star? Ma US News, la società che valuta i college dal 1983, afferma che, dati i costi e l’importanza dell’istruzione, è sempre più importante che genitori e studenti abbiano una sorta di guida per scuole di qualità. “Per la maggior parte di questi studenti e le loro famiglie, oltre all’acquisto di una casa, frequentare il college è l’investimento più consequenziale che potranno mai fare”, ha dichiarato Eric Gertler, amministratore delegato di US News. Infatti, gli studenti “spesso si iscrivono a scuole che pensano daranno loro un vantaggio nella vita, migliorando le loro prospettive di mobilità verso l’alto, o almeno per una carriera soddisfacente, guadagni solidi e il senso di realizzazione che deriva dall’essere istruiti”, chiosa il Times.

Tuttavia la classificazione del livello dei college – non solo US News ma altri come The Wall Street Journal, Forbes e Washington Monthly – “può essere forse esagerata ma non è irrazionale”, ha affermato Colin Diver, ex presidente del Reed College, una delle poche scuole che non concorre nelle classifiche, ed ex preside della facoltà di giurisprudenza dell’Università della Pennsylvania, che invece alle classifiche aderisce. E in ogni caso le scuole sono interessate a collaborare con le valutazioni perché temono che, in caso contrario, US News utilizzerà dati provenienti da altre fonti che potrebbero essere loro sfavorevoli e concorrenziali.

Insomma, una guerra. O meglio, è la sfida della concorrenza sull’istruzione. Come avviene ovunque, nel mondo. E così, per tutta risposta, a dimostrazione della potenza delle classifiche statunitensi, “lunedì molte scuole hanno inviato e-mail esultanti esaltando le proprie valutazioni”. Pubblicità e autopromozione proseguono imperterrite. L’istruzione è un investimento per chi studia, un affare per chi la impartisce.

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