Le misure economiche di Erdogan per vincere le elezioni in Turchia

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Con i sondaggi che fino a poco tempo fa lo davano in netto svantaggio contro candidati ancora ipotetici, il presidente turco pare deciso a giocarsi le sue carte fino all’ultimo.

di Giuseppe Didonna

AGI – Instancabile è l’aggettivo che più si addice al presidente turco Recep Tayyip Erdogan in questo momento, che oltre ad essere impegnatissimo nel difficile tentativo di favorire il dialogo tra Russia e Ucraina continua ad annunciare misure per dare respiro alla disastrata economia turca e recuperare terreno in vista delle cruciali elezioni del prossimo anno.

Impresa disperata, con l’inflazione che ad Agosto ha toccato l’80% e la lira turca che ha solo rallentato la propria caduta rispetto al dollaro (-27% nel 2022), stabilizzandosi leggermente durante la stagione estiva grazie agli introiti del turismo.

Erdogan era ripetutamente finito sotto accusa negli ultimi anni per aver insistito con il taglio dei tassi di interesse e cambiato tre volte in due anni il governatore della Banca Centrale, favorendo l’aumento degli interessi e trascinando il Paese sull’orlo del collasso economico.

Nonostante le premesse tutt’altro che favorevoli e i sondaggi che fino a poco tempo fa lo davano in netto svantaggio contro candidati ancora ipotetici, Erdogan pare deciso a giocarsi le sue carte fino all’ultimo.

Il suo partito, Akp, pare già in netta ripresa, complice da un lato l’ossigeno garantito dal turismo e da fondi dall’estero, dall’altro le eterne discussioni e consultazioni all’interno di una coalizione che non riesce a esprimere un candidato comune.

Importanti i circa 8 miliardi di dollari ottenuti in prestito dalla Russia per dare ossigeno alle esigue casse della Banca Centrale, mentre ben avviati sembrano i colloqui per un fondo di 20 miliardi di petrodollari sauditi.

Fattori che insieme alla stagione turistica hanno permesso all’economia turca di crescere del 7,6% nella seconda metà del 2022.

Se continua di questo passo Erdogan nei prossimo 10 mesi raggiungerà la vittoria senza particolari sorprese.

Il governo del presidente turco infatti continua a rivedere al rialzo il salario minimo e aumentare l’intervento statale per migliorare lo stato sociale racimolando consensi dove può.

Lo scorso Luglio il salario minimo, che riguarda una fetta enorme della forza lavoro del Paese (circa il 40%) è stato alzato del 30%, terzo aumento in un anno.

Con un separato decreto Erdogan ha alzato del 42% lo stipendio dei funzionari statali, andando incontro alle difficoltà dei circa 5 milioni di persone che mandano avanti l’enorme macchina burocratica turca.

Dopo il settore pubblico è stata la volta del settore privato, ma il governo non si è fermato agli stipendi, ha azzerato gli interessi sui prestiti per gli studenti, stanziato incentivi per l’acquisto della prima casa, ascoltato e in parte accontentato le richieste dei lavoratori del settore sanitario e abbassato gli interessi sui crediti bancari per le piccole e medie imprese.

Misure forse non sufficienti a dare respiro a una popolazione in grande difficoltà, frenare i numeri impietosi e garantire la rimonta entro le elezioni del 2023.

Così ad Agosto nuove misure sono state annunciate per aiutare le famiglie sotto la soglia di povertà. Ben 30 miliardi di lire turche (quasi due miliardi di euro) per ripagare debiti che più di 5 milioni di famiglie non sono state in grado di ripagare negli ultimi mesi.

Misure su cui ha lavorato il ministero della Famiglia, che ha annunciato già un nuovo pacchetto di aiuti per i nuclei familiari a basso reddito, mentre il governo sta per ratificare un decreto che permetterà a una parte della popolazione (che ha spesso protestato negli ultimi anni) di andare in pensione e tramuterà un numero non precisato di contratti a tempo in tempo indeterminato.

Il presidente turco sta inoltre cercando di imbastire un accordo con il collega russo Vladimir Putin per ottenere uno sconto sul gas russo, che da solo soddisfa più del 40% del fabbisogno della Turchia.

Sconto essenziale per il Ministero dell’Economia, deciso a sostenere gran parte delle spese e alleggerire così le bollette, una strategia che nel 2022 è costata 11 miliardi di dollari, una delle principali voci di spesa sul bilancio di Ankara.

Se qualcuno pensava che l’iperattivismo diplomatico avesse tenuto Erdogan lontano dalle vicende del proprio Paese si sbagliava, così come aveva predetto con troppo anticipo la sconfitta di Erdogan nel 2023.

Il presidente turco non mollerà la presa fino all’ultimo, si giocherà tutte le carte a disposizione alternando la retorica sulla consolidata centralità della Turchia sul piano internazionale e il populismo che accompagna le misure prese per sostenere economicamente la popolazione.

La rincorsa è iniziata ed è ben avviata, l’Akp del presidente turco è già in piena campagna elettorale mentre l’opposizione sembra tristemente impantanata in colloqui per la scelta di un candidato che ancora non c’è, bloccata dai voti dei nazionalisti decisi a non collaborare con i curdi dell’Hdp.

Se i repubblicani del Chp sapranno ricompattarsi e presentare un candidato che unisce e un programma di governo convincente le cose potrebbero cambiare, ma al momento Erdogan sembra avviato a una rimonta che fino ad ora non ha trovato opposizione.

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