Papa Francesco chieda scusa alla “madre bella”

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Michele Giovagnoli, nell’estratto del suo libro “La messa è finita” (Uno Editori), scrive: “Baobab immensi, Sequoie millenarie, foreste incontaminate latine e asiatiche non trovano il degno corrispettivo in un’Europa che, salvo casi sporadici, presenta alberi non più vecchi di qualche secolo”. E si chiede: “Dove sono finite le querce secolari che raggiungono dimensioni impressionanti come quelle narrate da Plinio Il Vecchio nella sua opera Naturalis Historia?”.

Io, che ho insegnato religione cattolica, ero a conoscenza delle tante colpe della Chiesa, ma confesso che ignoravo il grave delitto della Chiesa contro la natura, che poi è anche delitto contro l’umanità. Confesso che non avevo mai sentito parlare del concilio Namnetense. Ne sono venuto a conoscenza grazie all’alchimista e scrittore Michele Giovagnoli: “Nell’anno 890 d.C., attraverso il concilio Namnetense, la Chiesa cattolica prende una posizione ufficiale e condanna a morte tutti gli alberi secolari presenti sul suo territorio, nonché tutti i boschi ritenuti sacri dalle popolazioni che ancora non si erano genuflesse alla croce. Le piante andavano eradicate, arse e al loro posto in molti casi veniva eretta una chiesa”. Così scrive Giovagnoli e riporta un passo del Concilio: «I vescovi e i loro ministri devono con estrema dedizione combattere perché siano estirpati dalle radici e bruciati gli alberi consacrati ai demoni che il popolo venera e considera talmente degni di venerazione e di rispetto da non osare amputarne né un ramo né un germoglio». E scrive: “In pochi decenni gli effetti furono devastanti e l’azione si protrasse nei secoli successivi”.

Dell’argomento parla anche la Scuola di Runologia Archetipica, Runemal. Trascrivo poche righe: “Una cosa su cui la Chiesa si è particolarmente accanita, è ovviamente tutto il culto della natura, dei luoghi sacri e in particolare dei boschi e degli alberi venerati… L’accanimento contro gli alberi durò per gran parte del Medioevo, durante il quale i parroci rimproveravano ed in seguito mettevano a morte, le persone che portavano offerte agli alberi, che innalzavano altari sulle loro radici e che richiedevano la protezione per la propria famiglia e per i propri beni intonando a loro dei lamenti”.

«Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba»

La Chiesa ha chiesto scusa alle donne per averle discriminate e maltrattate (Giovanni Paolo II), sebbene continui tranquillamente a discriminarle, ma si è dimenticata di chiedere scusa agli alberi secolari per averli distrutti. Peccato non ci abbia pensato papa Francesco quando ha scritto: «Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba» (Lettera enciclica Laudato si’). La Chiesa nel passato ha fatto un grave torto alla “madre bella”. Deve chiederle scusa.

Renato Pierri

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