Il racconto all’AGI dell’ambasciatore italiano Mario Vattani, da poco più di un anno a capo della missione diplomatica nella città-Stato
di Eugenio Buzzetti
AGI – Una piccola Città-Stato di soli sei milioni di abitanti, che riassume in sé le opportunità di una regione in rapida crescita, il sud-est asiatico, nonostante le tensioni tra Cina e Stati Uniti e le incertezze provocate dalla guerra in Ucraina. È il ritratto di Singapore dell’ambasciatore italiano Mario Vattani, da poco più di un anno a capo della missione diplomatica nella città-Stato.
Situata nel cuore di quel “Mediterraneo allargato” che è il Mare Cinese Meridionale, attraversato da tensioni per le rivendicazioni territoriali cinesi, ma anche snodo fondamentale per il commercio internazionale, Singapore è molto più di un centro dello shipping: la città-Stato, e più in generale l’area Asean, che riunisce le economie del sud-est asiatico, è oggetto di interesse anche da parte dell’Unione Europea e della sua strategia per l’Indo-Pacifico.
I numeri e le caratteristiche della regione (600 milioni di persone, in gran parte giovani, con una classe media in forte crescita) fanno di Singapore il cuore di un’area che riunisce una potenziale, vastissima, clientela per le eccellenze del made in Italy. L’Italia è già presente con alcuni nomi di punta: Vattani ricorda STMicroelectronics, a Singapore dagli anni Sessanta, Mapei per le costruzioni, Leonardo e Fincantieri, senza trascurare alcune aziende del sud Italia, come Mermec, che produce treni di misurazione per le ferrovie, presente nella metropolitana.
Ci sono, poi, a completare il quadro, investimenti importanti nel settore dei rimorchiatori marittimi e, ovviamente, il settore del food & Beverage e dell’agro-alimentare.
L’interesse italiano per Singapore è ricambiato
C’è una “fortissima curiosità” da parte delle autorità di Singapore nei confronti del nuovo governo, spiega Vattani. “Uno dei motivi è il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo. Noi siamo visti come un Paese che è riuscito a costruire una rete strettissima con tutti i Paesi del Mediterraneo: si è visto, da ultimo, anche per tutto quello che abbiamo fatto per rispondere al problema dell’approvvigionamento energetico e per il modo in cui operano le nostre aziende”.
Sul piano della partnership aziendale, inoltre, le imprese italiane vengono viste come “un partner capace di studiare quasi morfologicamente le priorità e le esigenze di Singapore e di adeguare l’offerta” alla realtà della città-Stato. L’affinità tra Singapore e l’Italia riguarda anche il modo in cui viene percepita la Penisola, non troppo dissimile da come Singapore vede se stessa.
“Guardano molto all’Europa e a partner come l’Italia”, prosegue Vattani. “Anche noi siamo un po’ considerati un Paese di frontiera, che si allunga nel Mediterraneo, con il Nord Africa dall’altra parte, e le sue opportunità e i suoi problemi. Il dialogo va oltre il solo tema economico: ci vendono come un partner con cui paragonarsi e con cui condividere intuizioni per il prossimo futuro”.
Singapore è una società aperta, dove è facile aprire uffici, continua l’ambasciatore, e che puo’ essere la piattaforma ideale per le attività nel sud-est asiatico. La tecnologia e gli investimenti hanno un ruolo di primo piano: con due fondi sovrani, GIC e Temasek, Singapore è presente, tramite quest’ultimo, nel porto di Genova e nel marchio Moncler.
“Dobbiamo farci conoscere meglio tramite le opportunità del Pnrr, e dobbiamo fare conoscere meglio Singapore in Italia”, è l’opinione dell’ambasciatore italiano nella città-Stato. Pur dovendo colmare ritardi rispetto ad altri Paesi, come la Germania, “abbiamo iniziato a sviluppare programmi come il Global Start-up program dell’Ice, che per la prima volta quest’anno ha visto Singapore come una delle sedi” del progetto, che comprende cento start-up innovative italiane in nove Paesi, con start-up che vanno dall’hi-tech, al digitale, al satellitare.
Progetti che stanno a cuore a Singapore sul tema della sostenibilità, come le “vertical farms” per aumentare le coltivazioni di prodotti agricoli, e le “smart cities” sono settori in cui le aziende italiane possono portare il loro know how. “I piani di Singapore del futuro sono quelli dove noi possiamo offrire la nostra innovazione, ma soprattutto bisognerebbe cercare di creare più collegamenti tra il nostro sistema universitario e quello di Singapore”, molto legato, storicamente, a quello anglosassone, suggerisce Vattani, che pensa in primo luogo alla ricerca italiana sui nuovi materiali e sul design.
Il modello Singapore
Resiste anche alle pressioni derivanti dalla guerra in Ucraina e dalle tensioni tra Cina e Stati Uniti, con un equilibrio che non ha limitato la città-Stato nell’imposizione di sanzioni alla Russia per l’invasione dell’Ucraina, unico Paese del sud-est asiatico a muoversi in questa direzione.
Singapore, conclude Vattani, rappresenta “un esempio eccezionale di una società che mette insieme identità culturali diverse” e, nonostante le incertezze del presente, si candida a rimanere “un luogo attraente per aziende e investitori, sicuramente in grado di produrre crescita, equilibrio, e di affrontare per tempo i problemi che si presenteranno. Proprio questa situazione dovrebbe spingerci a guardare avanti e farci conoscere su nuovi mercati, e Singapore è sicuramente la vetrina migliore per la nostra creatività e per tutto quello che rappresenta l’Italia su un mercato vasto come quello dell’Asean”.