Le aziende europee cercano giovani tecnici, ma in Italia non si fanno trovare

Economia & Finanza

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Incrociando i dati di uno studio Deloitte e di una ricerca di Cgil emerge che i laureati in materie scientifiche non sono in numero sufficiente, mentre nel nostro Paese aumentano quelli che non studiano e non lavorano
© GORODENKOFF PRODUCTIONS / SCIENCE / GPR / Science Photo Library via AFP

– Giovani ricercatori scientifici

AGI – Le aziende europee sono alla disperata ricerca di laureati in materie scientifiche, ma sempre più giovani italiani scelgono di non cercare più lavoro e di non studiare. È il paradosso che emerge incrociando i dati di uno studio Deloitte e di una ricerca di Cgil.
Sempre più aziende cercano persone con profili Stem, cioè laureate in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, e non riescono a trovarle in Italia, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Grecia e Malta

Se da un lato la percentuale media dei laureati Stem nei Paesi esaminati è oggi pari al 26%, passando dal 36,8% della Germania al 24,5% dell’Italia fino al 17,1% di Malta, dall’altro le aziende sono sempre più alla ricerca di profili Stem e faticano a trovarli.

“In Italia, il 44% delle organizzazioni intervistate ha dichiarato di avere già avuto difficoltà a trovare profili professionali con background Stem. Un dato in linea con quanto emerso da un precedente report della Commissione europea secondo cui, in media, il 55% delle agenzie di recruiting ha riportato difficoltà a occupare posizioni vacanti nel settore Ict”, spiega Deloitte.

“Dal nostro Osservatorio, si osserva un consistente disallineamento tra domanda e offerta di competenze professionali: sempre più aziende cercano profili professionali tecnico-scientifici e sempre più spesso non riescono a trovarli. Un problema che non riguarda solo l’Italia, ma anche molti altri Paesi dell’Ue, minando prospettive di occupazione, crescita e competitività dell’Unione europea nel suo complesso”, ha dichiarato il presidente di Fondazione Deloitte, Guido Borsani.

“Ma non solo: le competenze tecnico-scientifiche saranno cruciali per affrontare il cambiamento climatico e la transizione ecologica. Dare alle giovani generazioni competenze tecnico-scientifiche, dunque, significa anche attrezzarle ad affrontare le grandi sfide dei prossimi anni“, ha aggiunto. Lo studio evidenzia anche che, nonostante sia in generale bassa la presenza femminile tra i laureati Stem, Paesi come Italia e Grecia riportano percentuali più alte rispetto agli altri.

“Se è vero che ormai in tutti i Paesi analizzati le donne rappresentano dal 50% al 60% del totale dei laureati, la presenza femminile cala drasticamente quando si considerano solo i laureati Stem”, si legge nei documenti della ricerca.

D’altro canto, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di Neet, giovani dai 15 ai 34 anni che non lavorano, nè studiano: nel 2020 sono più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni. L’incidenza dei Neet raddoppia nel Sud rispetto al Nord, è maggiore tra le donne, nelle due fasce d’età più adulta, 25-29 anni (30,7%) e 30-34 anni (30,4%), più si cresce con l’età, più aumenta la loro quota.

Un quadro preoccupante caratterizzato da disuguaglianze territoriali, di genere e di cittadinanza. Nel Sud Italia c’è la più alta presenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano: sono il 39% rispetto al 23% del Centro Italia, al 20% del Nord-Ovest e al 18% del Nord-Est.

Tutte le regioni italiane superano l’incidenza media dei Neet sulla popolazione giovanile in Europa nel 2020 che resta al 15%. Ai primi posti ci sono tutte le regioni del Sud, con quote molto alte per Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%).

Per il Centro Italia, il Lazio ha la più alta incidenza con circa il 25,1%. La prima regione del Nord per incidenza dei Neet è la Liguria (21,1%), a seguire il Piemonte (20,5%) e la Valle d’Aosta (19,6%). I Neet sono per il 56% donne e la prevalenza femminile resta invariata negli anni, a dimostrare che per una donna è molto più difficile uscire da questa condizione.

Le disuguaglianze di genere si riproducono anche osservando i ruoli in famiglia dei Neet: il 26% sono genitori e vivono fuori dal nucleo familiare di origine; tra questi c’è un’ampia differenza tra donne e uomini che vede un 23% di madri Neet rispetto ad un 3% di padri Neet.

La più alta percentuale di giovani Neet donne pari al 27% sul totale della popolazione Neet si concentra tra le persone inattive che non cercano e non sono disponibili; il 20% delle Neet sul totale della popolazione dei Neet italiani sono madri inattive.

La motivazione all’inattività è spesso legata alla disparità di genere nei carichi di cura che impediscono o suggeriscono alle donne di rimanere fuori o uscire dal mercato del lavoro. I Neet italiani sono per la maggior parte inattivi, persone che, scoraggiate, hanno smesso di cercare lavoro: il 66% del totale, quindi 2 su 3, e tra questi circa il 20% non cerca ma è disponibile.

C’è una tendenza ad essere inattivi soprattutto tra i diplomati (32%) o con un titolo di studio minore (16%). Rispetto ai disoccupati (coloro che cercano regolarmente un lavoro) il dato preoccupante è relativo al tempo: il 36,3% dei disoccupati è in cerca di un lavoro da più di un anno.

Quasi 1 su 2 ha avuto precedenti esperienze lavorative e tra questi il 54,3% è donna. Un’ulteriore disuguaglianza attraversa il tema della cittadinanza e delle migrazioni.

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