Quella lettera inviata a Meta e il ‘mojo’ perduto di Zuckerberg

Economia & Finanza

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Altimeter è uno degli investitori della società, neanche il più rilevante, ma è uscito allo scoperto a pochi giorni dai pesanti numeri della trimestrale di Meta e a qualche settimana dai probabili licenziamenti: migliaia, ha rivelato il Wall Street Journal

Foto di Firmbee da Pixabay

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AGI – Un’azienda più leggera (meno lavoratori per essere chiari), meno investimenti nel Metaverso (10 e passa miliardi di dollari spesi in un progetto a dieci anni forse, è troppo) e nei suoi strumenti e un ritorno a quello che fino a qualche tempo fa gli riusciva bene: raccogliere pubblicità.

A volerla leggere, neanche troppo in filigrana, nella lettera che Altimeter ha inviato al board di Meta e al ceo Zuckerberg, c’era scritto già tutto, i licenziamenti in arrivo, una società più snella e l’avvertimento al ceo: ritrovi la rotta e il mojo (la magia). Che, tradotto per chi in un’azienda ci mette i soldi, vuol dire: torni a macinare utili.

Altimeter è uno degli investitori della società, neanche il più rilevante, ma è uscito allo scoperto a pochi giorni dai pesanti numeri della trimestrale di Meta e a qualche settimana dai probabili licenziamenti: migliaia, ha rivelato il Wall Street Journal.

Un caso. Perché i dipendenti sono tanti, 87 mila. Troppi aveva detto più o meno a mezza bocca il ceo Zuckerberg, che nei mesi scorsi aveva accennato a riorganizzazioni interne, riassetti, al 2022 come l’anno più duro, mai a licenziamenti. “Penso che alcuni di voi potrebbero decidere che questo posto non fa per voi e che l’autoselezione va bene per me”, ha detto Zuckerberg ai dipendenti in una comunicazione recente. “Realisticamente, ci sono probabilmente un sacco di persone in azienda che non dovrebbero essere qui”.

Dunque ‘il mojo’, la pubblicità, il paradiso perduto di profilazioni selvagge, terre inesplorate (dai regolatori), anni di utili che neanche il Pil di alcuni stati reggeva il confronto. Poi questo modello di business, dipendente dalla pubblicità, è entrato in crisi. Il terreno è diventato con gli anni sempre più esplorato: alla fine i regolatori hanno accettato la sfida e imposto paletti. Che si chiamano antitrust, GDPR e Digital Act.

Ecco, qualcosa in più del balbettio dei senatori statunitensi durante le audizioni di Zuckerberg del caso Cambridge Analytica. Più paletti, meno profilazione selvaggia, un mix che non piace agli inserzionisti. L’attività di Meta è stata anche danneggiata dalle modifiche alla privacy introdotte da Apple, che hanno ostacolato la capacità di molte app di indirizzare annunci mobili agli utenti  (mancate entrate per 10 miliardi). Senza contare poi che oggi TikTok, il concorrente principale, viaggia ad altri ritmi.

Quindi che succederà? Gli analisti escludono un’uscita di scena di Zuckerberg. I meccanismi societari messi in piedi dall’attuale ceo, ne rendono praticamente impossibile la rimozione. Quello che aspetta Meta e le altre società tecnologiche è un ridimensionamento complessivo (Zuckerberg è stato chiaro: entro il 2023 la società sarà più piccola) e una ridefinizione degli assetti. A farne le spese lavoratori. Talenti qualificati: programmatori, ingegneri, esperti. Twitter ha tracciato la rotta.

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