Inchieste, ricandidatura, rematch. Trump al bivio

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La commissione della Camera che indaga sull’assalto al Congresso del 6 gennaio gli ha dato tempo fino al 14 novembre per presentarsi a deporre mentre il 15 novembre è previsto il “grandissimo annuncio” sulla corsa alla Casa Bianca

di Rita Lofano

AGI – Il vento contrario fermerà The Donald? Una marcia indietro è decisamente improbabile. Martedì è previsto il “grandissimo annuncio” sulla corsa alla Casa Bianca.

E la data scelta per formalizzare la candidatura, il 15 novembre, non è casuale, non c’è solo la politica dietro il tempismo di Trump. La commissione della Camera che indaga sull’assalto al Congresso del 6 gennaio gli ha dato tempo fino al 14 novembre per presentarsi a deporre.

Mettere in stato d’accusa un candidato alla presidenza non è una scelta che il dipartimento di Giustizia può fare con leggerezza, il rischio è quello di un testacoda costituzionale.

“I democratici vogliono fermarmi a ogni costo”, accusò all’indomani del raid dell’Fbi a Mar-a-Lago per sequestrare i documenti top secret (altra inchiesta che incombe sull’ex comandante in capo).

L’onda rossa non c’è, la marcia dei repubblicani Ron DeSantis e Marco Rubio in Florida è stata trionfante ma per Trump non è stata una grande notte, i dem hanno avuto la meglio in gare chiave come in Pennsylvania, Virginia e Texas.

JD Vance, che nell’Ohio si è aggiudicato la corsa al Senato, non ha neppure menzionato l’ex presidente che ha fatto campagna per lui alla vigilia del voto. E il magistrato Letizia James che gli ha fatto causa per 250 milioni di dollari per frode fiscale, è stata rieletta procuratore generale di New York per altri 4 anni.

La ricandidatura è una scelta obbligata per Trump. Tra lui e la nomination del Grand Old Party c’è solo il governatore della Florida, Ron ‘DeSanctimonious’, che flirta con l’idea di trasferirsi alla Casa Bianca.

Ha i numeri per farlo, il consenso e i soldi. È una possibilità talmente forte che ieri Trump è intervenuto due volte per intimargli di non candidarsi (“Farebbe un grande errore”).  Si è perfino intestato la vittoria del nuovo eroe repubblicano: “non era nessuno prima del mio endorsement”.

Il verdetto sul controllo del Congresso resta per ora in sospeso ma i repubblicani sono in netto vantaggio alla Camera (verso la fatidica soglia del 218 deputati). Il presidente Joe Biden tira un sospiro di sollievo per aver contenuto i danni ma senza il controllo dei due rami del parlamento la sua agenda politica perderà slancio così come il suo futuro in politica. Compirà 80 anni tra 11 giorni, il 20 novembre. Trump gli ha regalato la possibilità di rematch. Lo giocherà?

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