Una motovedetta tunisina ha inseguito una barca di migranti e provocato la morte di 3 bambini

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Una volta arrivati al porto, i testimoni hanno raccontato di grande solidarietà delle persone a riva che hanno prestato aiuto ai superstiti come se in qualche modo volessero chiedere scusa a nome del Paese
Barcone con migranti

 

AGI –  Tre bambini sono morti in acqua durante una traversata del Mediterraneo. È accaduto giovedì al largo di Chebba, citta portuale della Tunisia, quando due imbarcazioni con migranti a bordo sono state intercettate da due motovedette della Guardia nazionale tunisina.

Una delle imbarcazioni è stata bloccata e i migranti portati a bordo della motovedetta. L’altra imbarcazione, nel tentativo sfuggire al blocco è stata speronata da uno dei mezzi ella Guardia nazionale tunisina, stando a quanto raccontato da un testimone all’AGI, venuta in possesso dei filmati che riguardano quanto accaduto.

Dalle immagini non è chiaro il momento dell’impatto ma sono chiare le conseguenze. Alcune persone sono cadute in mare tra le urla e la disperazione di chi era stato già trasbordato sulla motovedetta – “Razzisti! Guardate guardate, stanno annegando, hanno fatto annegare i nostri fratelli!” – e di chi ancora restava a bordo del mezzo semiaffondato.

In molti sono riusciti ad aggrapparsi al secondo mezzo della Guardia nazionale tunisina ma a quanto apprende l’AGI tre bambini, tra cui due gemelli, sono morti annegati. Una volta arrivati al porto, i testimoni hanno raccontato di grande solidarietà delle persone a riva, che hanno prestato aiuto ai superstiti, dando loro del denaro e accompagnando chi ne aveva bisogno all’ospedale o alle fermate dei mezzi pubblici.

Nessuno è stato fermato dalle autorità. Chi ha assistito alla scena è ancora sotto choc. Uno dei testimoni racconta del senso di vergogna provato nel vedere un’azione del genere fatta da un mezzo istituzionale che batteva bandiera tunisina, il dolore per i bambini morti. “La gente al porto era sconvolta, tutti hanno aiutato come se in qualche modo volessero chiedere scusa a nome del nostro Paese“, ha raccontato un testimone.

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