La crudeltà della politica e l’acciaio di Taranto

Economia & Finanza

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La convinzione di molti italiani è che ai politici dell’ambiente e della salute non frega assolutamente niente. Il caso di Taranto lo dimostra senza alcun dubbio.

E’ trascorso esattamente mezzo secolo da quando Antonio Cederna scriveva sul Corriere della Sera riferito all’Ilva di Taranto : “Un’impresa industriale a partecipazione statale, con un investimento di quasi 2.000 miliardi, non ha ancora pensato alle elementari opere di difesa contro l’inquinamento e non ha nemmeno piantato un albero a difesa dei poveri abitanti dei quartieri popolari sotto vento”.

Dieci anni invece trascorsi senza attuare le misure previste dall’autorizzazione integrata ambientale (AIA) ,per contenere le emissioni di Ilva. Senza alcun senso di responsabilità nell’autunno di 5 anni fa , l’allora presidente del consiglio , oggi commissario a Bruxelles firmò un DPCM che indicava ad Ilva delle prescrizioni che dovevano essere attuate nel 2015 e nel 2023.

Questo impediva l’attuazione della norma del Codice dell’Ambiente, che prescrive la chiusura dell’impianto in assenza di attuate prescrizioni Aia . Senza alcuna vergogna e, in perfetta continuità con i governi precedenti, il Governo Draghi restava muto alla lettura del Rapporto ONU che definisce Taranto, “ zona di sacrificio”.

Continua “”L’acciaieria Ilva di Taranto, in Italia, da decenni compromette la salute delle persone e viola i diritti umani scaricando enormi volumi di inquinamento atmosferico tossico. I residenti nelle vicinanze soffrono di livelli elevati di malattie respiratorie, malattie cardiache, cancro, disturbi neurologici debilitanti e mortalità prematura”.

Nemmeno le cinque condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sull’inquinamento prodotto a Taranto smuovono il sonno della politica italiana. O il suo cinismo?

La gestione dell’acciaieria ha generato numerosi effetti negativi come decessi , patologie da inquinanti e sicurezza sul lavoro. Mostruosi i dati degli affetti ambientali sui cittadini. Dieci anni fa le perizie ordinate dal magistrato Patrizia Todisco stabilirono, che 164 morti erano dovute alle emissioni dell’acciaieria. La mortalità quadrupla e i ricoveri per malattie cardiache tripli , rispetto al resto della città nei quartieri vicino alla acciaieria.

Mappa  geologica delle potenziali possibilità di trovare litio

E’ incredibile che pur in presenza di una autocertificazione ,da parte di ArcelorMittal di oltre 2 mila tonnellate di polveri, 8.800 tonnellate di idrocarburi policiclici aromatici, 15 tonnellate di benzene e svariate tonnellate di altri inquinanti, nel pieno rispetto dei limiti di legge e non succede nulla con una AIA inattuata.

La magistratura ha assodato che tra il 1995 e il 2005 ci sono stati 386 morti ,a causa alle emissioni delle acciaierie, accompagnate, nello stesso periodo, da centinaia di ricoveri ospedalieri per gravi malattie legate dall’esposizione ai numerosi inquinanti emessi ,in atmosfera dall’impianto: tumori maligni, infarti, ricoveri per malattie respiratorie, tumori infantili..

Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, nel periodo 2003-2009 Taranto ha registrato rispetto alla media della Puglia, un +14 per cento di mortalità, per gli uomini e un +8 per cento per le donne. La mortalità nel primo anno di vita dei bambini è più alta del 20 per cento.

Forti differenze ci sono anche su tumori e malattie circolatorie, con addirittura un +211 per cento rispetto alla media pugliese per i mesoteliomi della pleura. Anche la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) effettuata sui residenti intorno all’acciaieria , ha confermato l’aumento di mortalità e inaccettabile per la salute umana, il rischio connesso alla produzione di acciaio !!

E nessun banchiere con laurea in scienze politiche o sindacalista trombato nella corsa parlamentare potrà convincerci dello scambio salute/ambiente- posto di lavoro.

Questi dati non sono stati sufficienti alla politica per trovare una soluzione

Anzi! Il Governo Draghi, che si beava di sviluppo sostenibile e Green Deal, ha avuto il coraggio di spostare 150 milioni di euro dalla bonifica del sito alla produzione.

Chiudere Ilva e riconvertire? Delocalizzare l’ impianto? Ilva è in agonia a causa della superproduzione mondiale del costo dell’ energia e delle materie prime e resteranno tali per almeno un decennio. Chi deve intervenire e decidere se non lo Stato?

L’ARBED ( Aciéries Réunies de Burbach-Eich-Dudelange) in Lussemburgo un’acciaieria da 6 milioni di tonnellate trasferita in un impianto vicino al mare con 23 mila operai che persero il lavoro,ma furono sostenuti dallo Stato che impose una supertassa.

Incideva il polo siderurgico per oltre un quarto di PIL e per il 75% dell’export. I conti di incidenza su Pil e occupazione fatta da Svimez tre anni fa credo, che non contano più nulla. Appartengono a un’altra era!

Il governo socialista francese fece fallire trenta anni fa, il 12 dicembre 1984, la Creusot-Loire

Mittal è un predatore che non interverrà mai, per risolvere i problemi di Ilva. Mittal non vuole restare a Taranto! Figuriamoci senza la produzione fino a 8 milioni di tonnellate annue .

Utopia per insostenibilità di costi, di investimento, di impatto ambientale . L’acciaio è un settore che consuma moltissima energia incidendo tra il 20 e il 40 per cento sui costi totali di produzione e generando il 7 per cento delle emissioni globali di gas serra.

Si aggiunga il costo degli ETS (Emission Trading Scheme) gratuiti fino ora, ma con il tagli delle emissioni al 2030 e saldo zero al 2050 mi chiedo dove potrà andare?

Per ogni tonnellata di acciaio vengono emesse 1,8 tonnellate di anidride carbonica. La butto li : perché non investire massicciamente a Taranto sulla unica alternativa autoctona al litio e che sarebbe lo sviluppo delle batterie al magnesio?

Tutti i progetti italiani hanno come riferimento gli ioni di litio. Anche perché la ricerca si orienta “oltre le batterie al litio” (Prospects for litium ion batteries and beyond a 2030 vision pubblicato su Nature Communications) : costi elevati, impatto ambientale , capacità molto limitata per unità di massa .

Litio scarso sul mercato è stato oggetto della riunione a Lens a gennaio scorso dove si discuteva della prevsione della Agenzia Internazionale per l’Energia . Infine un Rapporto del Governo francese secondo il quale l’Europa non riuscirà a soddisfare più del 30% del proprio fabbisogno di litio.

 

Foto di Peter H da Pixabay

 

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