Come preannunciato nell’articolo dello scorso 29 novembre, Bubbio (AT) sarà toccata dall’ulteriore tappa dell’intenso tour lungo l’entroterra ligure-piemontese di presentazioni del volume “Pallapugno. Cento anni di sfide tricolori“, recentemente pubblicato, per i tipi di Editrice Impressioni Grafiche – Acqui Terme, da una nota figura dello sport locale, Giorgio Caviglia, ex insegnante di educazione fisica alle medie di Carcare, allenatore e preparatore sportivo di calcio, di tennis e specialmente di pallapugno.
Durante l’evento, che si svolgerà domenica 4 dicembre alle ore 16, presso la sala consiliare, lo scrivente avrà l’onore di dialogare con l’autore, approfondendo aspetti esorbitanti il semplice agone sportivo per addentrarsi nei risvolti culturali, sociali, artistici e letterari che si sono fusi nel corso dei secoli con la disciplina.
L’ultima fatica letteraria di Caviglia, infatti, rappresenta per il lettore la possibilità di scoprire l’attuale realtà di uno sport tipico in particolare del Basso Piemonte e della Liguria di Ponente, ma soprattutto di apprenderne la storia che affonda le proprie radici nella ‘notte dei tempi’ e di considerarne le potenzialità quale strumento di rilancio delle aree interne, grazie alla sua diffusione capillare e al grande interesse che continua a suscitare.
Ho fatto conoscenza con Giorgio Caviglia nel corso di alcune conversazioni telefoniche. E’ stato per me importante scoprire di condividere con lui la conoscenza di figure, ormai scomparse, del passato sportivo della Provincia di Savona, che ebbero un ruolo importante nella pallapugno: il Cav. di Gran Croce Lelio Speranza, a lungo presidente del Comitato provinciale del Coni di Savona, il Dottor Giuseppe Robatto, ex presidente della Libertas Savona, come pure il Sen. avv. Giancarlo Ruffino, che fu proprio il primo presidente del Comitato provinciale di Savona e vice presidente federale della Federazione Italiana Pallapugno – FIPAP.
In vista dell’importante appuntamento, secondo una scaletta di domande sugli argomenti ritenuti più importanti, l’autore ha gentilmente concesso in esclusiva a questa testata la seguente intervista
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1 D: Motivazioni. Spiegaci in poche parole chi sei, cosa ami fare e qual è il ruolo della scrittura nella tua vita. Quando, con quale finalità, a partire da quale contesto hai deciso di scrivere il volume?
R: Ho avuto la fortuna, una volta diventato adulto, di tramutare la mia passione giovanile per lo sport in una professione, avendo fatto l’insegnante di scienze motorie nella scuola per più di 40 anni e occupandomi ancora oggi, che sono in pensione, di attività sportiva, in qualità di allenatore e preparatore atletico. L’interesse per la ricerca storica sportiva, un indole curiosa, il piacere della scoperta sono stati i motori che mi hanno spinto a scrivere 10 libri, otto dei quali sulla pallapugno.
2 D: Metodo. Quale è, dal tuo punto di vista, il taglio che hai voluto dare all’opera?
R: In tutte le mie pubblicazioni, ho cercato di collegare l’evoluzione dello sport con le vicende culturali e sociali del nostro paese, al fine di far comprendere al lettore come questi aspetti si influenzino vicendevolmente.
3 D: Fonti. Quale metodo hai seguito per le necessarie ricerche e la stesura? Chi ha eseguito la verifica delle fonti e della coerenza storiografica del volume? Hanno avuto in tal senso una funzione importante i quadri che testimoniano il gioco del pallone e gioco del bracciale?
R: Se vogliamo parlare di storia sportiva, tutto quanto scriviamo deve essere supportato da dati oggettivi che poi noi interpretiamo. Per fare questo ho frequentato archivi di stato, vescovili, comunali, e tutte quelle biblioteche del Piemonte e Liguria che avevano un fondo di giornali antichi da poter consultare. Questo mi ha permesso di avere un archivio personale imponente e direi abbastanza esaustivo sull’argomento, visto che ho notizie a partire dal 1500 sino al 1940. Anche la ricca iconografia esistente sul gioco, a partire dal 1400, ha contribuito a chiarire i vari aspetti del gioco.
4 D: Cultura e territorio. Quali sono i contenuti e i protagonisti in generale del volume? Esiste o è esistito un vero e proprio “Popolo del Balon”, ed in quali territori? Con questo gioco, quest’ultimo ha potuto rappresentare nel tempo una sua propria identità culturale in Italia e nel mondo, ad esempio per gli emigranti? Il gioco avrà in futuro ancora lo stesso appeal sulla gente?
R: Nell’attuale volume, il protagonista assoluto è il gioco della pallapugno, non gli atleti, i campionati, le statistiche, ecc…, nella misura in cui ho evidenziato il forte legame di identità sociale e culturale della disciplina con un territorio e la sua gente, parlo ovviamente del Piemonte Meridionale e della Liguria di Ponente. Gli antropologi identificano nei popoli migranti la volontà, attraverso la lingua, la religione il cibo e il gioco, di non rescindere le radici con la propria patria. In Argentina, la comunità italiana, sino a fine Ottocento, aveva un proprio sferisterio dove poter giocare. In California, addirittura, i nostri connazionali avevano fondato una lega della pallapugno e organizzato campionati senior e giovanile, sino alla fine degli anni Trenta. Per cui si può parlare, anche se impropriamente, del “Popolo del Balun”. Oggi non penso sia più proponibile esportare questo sport all’estero, mentre ritengo abbia una sua importante funzione la sua radicalizzazione e la sua valorizzazione sul territorio dove si pratica. Il fatto che sia una disciplina visibile solo in Piemonte e in Liguria, gli conferisce un valore al pari del vino, dell’olio, dei paesaggi che solo in questo ambiente si possono gustare e ammirare.
5 D: Storia. Quali sono state le origini del gioco del bracciale all’estero ed in Italia? E i suoi primi giocatori? A che cosa ci si riferisce parlando di compagnie di bracciale?
R: La maggior stabilità politica che si ha nel rinascimento, con la presenza di Signorie importanti, come i Medici, i Gonzaga, gli Sforza, gli Estensi e i Montefeltro, determina una nuova concezione filosofica e pedagogica, per cui tramonta l’educazione del signore-soldato per essere sostituita da un’educazione che mira a creare un “Principe” amante del bello, della cultura e abile nelle relazioni interpersonali e politiche, al fine di proteggere con alleanze strategiche la propria signoria. All’interno di questa azione pedagogica, iniziano a rivestire un’importanza notevole anche i giochi sferistici che “… danno eleganza di portamento e scioltezza delle membra”. Nelle corti accanto a poeti, pittori, vi saranno anche i maestri di racchetta e di pallone, e tali giochi diverranno l’emblema di distinzione degli aristocratici. Anche all’estero, inizialmente sulla scia delle nuove concezione pedagogiche italiane vengono introdotti i giochi sferistici nei piani educativi dei rampolli nobiliari. Ma tale attività non acquisisce col tempo una dimensione professionale come in Italia e, a fine Settecento, si estingue. Uno dei giocatori più acclamati fu, senz’altro, Carlo Didimi di Treia, immortalato da Leopardi nella sua ode: “A un vincitore nel gioco del pallone”. A metà dell’Ottocento, abili impresari costituiscono Compagnie di giocatori di pallone (da dieci a venti giocatori), le quali vengono ingaggiate dai più importanti sferisteri italiani quali Roma, Firenze, Macerata, Bologna, Milano, Faenza, Torino, e vi permangono per un determinato periodo offrendo al pubblico due spettacoli giornalieri, con incontri tra i componenti delle stessa compagnia.
6 D: Campioni. Quali sono stati i più importanti giocatori di palla pugno? Vi sono state donne?
R: Verso il 1870, l’industria immette sul mercato nuove sfere di gomma. L’introduzione di questa palla in Piemonte e in Liguria ha un successo notevole e determina il progressivo abbandono del bracciale. Ed è proprio da tale data che possiamo far iniziare la storia della pallapugno, la quale manterrà le stesse regole del bracciale. Tantissimi i campioni della disciplina, ma quelli che hanno segnato la storia del gioco sono stati coloro che hanno trovato un antagonista di pari potenzialità. Fuseri e Bruzzone, Maggiorino e Delpiano, Manzo e Ricca, Manzo e Balestra, Bertola e Berruti, Vacchetto e Campagno: sono quelli che hanno entusiasmato maggiormente le folle. La pallapugno femminile è sorta di recente; i primi campionati sono stati disputati nel 2014. Si tratta di un movimento che potrebbe dare molto alla pallapugno, ma che, per ora, non è stato sfruttato adeguatamente, pur disponendo di atlete molto brave.
7 D: Propaganda. In che forma veniva un tempo pubblicizzato il gioco: con manifesti? Invece oggi?
R: Sino ai primi del Novecento, il gioco non aveva un tempo proprio ed era inserito nell’ambito delle feste patronali, come elemento di forte richiamo. I mezzi di propaganda allora utilizzati erano i manifesti affissi ai vari cantoni di paesi e città e i giornali. Oggi i mass-media e i social sono i principali comunicatori degli eventi.
8 D: Strutture. Giochi popolare come quelli sferistici hanno luogo nelle piazze o negli sferisteri. Come si è evoluta la pratica sportiva in funzione dei luoghi di gioco? Quali sono le piazze storiche del gioco? Il futuro del gioco sarà relegato agli impianti?
R: In principio la sede del gioco è stata la piazza, solo a partire da metà dell’Ottocento, per esigenze urbanistiche e sociali, le amministrazioni hanno iniziato ad imporre divieti in tali siti. Ed è proprio in tale periodo che nascono in Piemonte i primi sferisteri; il più datato, ancora oggi esistente, è quello di Alba costruito nel 1856. Il gioco di piazza, in tutta la prima metà del Novecento, si è ancora mantenuto nei piccoli centri, ma il suo graduale tramonto si è avuto a inizio anni Sessanta: nei borghi di Langa per il massiccio esodo delle persone verso le fabbriche delle pianure; in Riviera per la crescente urbanizzazione. Il traffico e diverse modalità di impiego del tempo libero ne hanno decretato la fine. Bubbio, nel panorama sferistico, rappresenta un’eccezionale rarità essendo la piazza tutt’ora sede del gioco.
9 D: Gare. In ogni sport i vincitori devono essere gratificati: quali sono state tradizionalmente le più diffuse forme di premiazione? In che modo sono nati e si sono evoluti i campionati?
Inizialmente ai vincitori veniva assegnata la cosiddetta Bandiera, ovvero uno stendardo realizzato dalle più esperte ricamatrici del paese, oltre a un premio in denaro, il cui ammontare era proporzionale all’importanza del torneo. Dal 1912, si disputa il campionato italiano che ha raggiunto una dimensione sportiva dominante, rispetto ai svariati tornei che i vari paesi organizzavano a partire dagli anni Settanta.
10 D: Finanza. Parliamo di soldi. Come nel calcio, sono esistite e continuano ad esistere forme di scommessa associate a questo tipo di gioco? La finanza influisce oggi in modo particolare su questa disciplina sportiva?
R: In passato la scommessa è stato il motore di tale disciplina, partecipavano alle stesse non solo il pubblico, ma anche i giocatori e, a volte, gli stessi arbitri. Se da un lato la scommessa rendeva interessante la gara, dall’altra spesso condizionava l’esito degli incontri. I giocatori non avevano ingaggi e la loro fonte di sostentamento era rappresentata dalle mance, che gli scommettitori offrivano a loro in caso di conquista del punto o della gara. Questo fenomeno attualmente, pur essendo ancora presente, riveste un aspetto marginale della disciplina. I giocatori oggi hanno ingaggi proporzionali ai risultati raggiunti e hanno una mentalità completamente diversa dal passato
11 D: Regolamenti. Dal punto di vista regolamentare quale è stata l’evoluzione del gioco? Nonostante i presumibili sforzi di uniformazione, quali sono state le varianti ammesse o tollerate del gioco? Esse hanno assunto in qualche caso la dignità di disciplina autonoma?
R: Il gioco della pallapugno si è trasformato da gioco in sport a partire dagli anni Cinquanta, quando è stato assegnato l’incarico di segretario federale al comm. De Zani. Con lui inizia il vero percorso della disciplina verso regole chiare e uniformi, che hanno consentito alla stessa di colmare quel divario che in passato esisteva rispetto agli altri sport.
12 D: Progetti futuri. Stai pensando a un futuro in cui la scrittura diventerà sempre più importante per te con nuove pubblicazioni oppure la scrittura ha occupato solo una parentesi temporanea della tua vita?
R: Penso che la passione e le emozioni rendano lieve il nostro percorso, per cui lo sport farà senz’altro sempre parte del mio vissuto.