Contattato dall’AGI, l’avvocato Corrado Pagano, pur senza entrare nel merito del caso dell’anarchico, spiega perché il carcere senza fine e il regime in cui si trova il suo assistito, protagonista di un lungo sciopero della fame, non siano coerenti con la Costituzione
di Manuela D’Alessandro
AGI – “A prescindere dal caso singolo, ritengo che l’ergastolo e il 41 bis siano contrari alla Costituzione”. A dirlo all’AGI è l’avvocato Corrado Pagano, legale di Roberto Adinolfi, il manager dell’Ansaldo gambizzato da Alfredo Cospito.
“Non conosco le carte del processo di Torino e non mi pronuncio – afferma Pagano, esperto avvocato che in passato ha difeso anche esponenti delle Brigate Rosse – ma quello che posso dire è che l’ergastolo è contrario al principio di rieducazione della pena previsto dalla Costituzione e così il 41 bis la cui disumanità ho potuto constatare nel corso della mia attività professionale”.
A Torino, Cospito è accusato di avere messo nel 2006 due ordigni vicino alla caserma degli allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. Per la gambizzazione dell’allora ad di Ansaldo, ora in pensione, Cospito è stato condannato a 10 anni. Nove anni e quattro messi vennero inflitti a Nicola Gai, che nel frattempo è stato scarcerato.
“Di quel processo – prosegue Pagano – posso dire che mi ricordo che Cospito e Gai erano molto determinati e contestarono il tribunale, scegliendo che le udienze fossero pubbliche, come facevano i brigatisti negli anni Settanta. La sensazione era che fossero un po’ fuori dal tempo. Non conosco le accuse del processo di Torino ma posso dire che per Adinolfi emerse che loro ebbero molta cura nel colpire le gambe e non gli organi vitali del mio assistito. Questo non toglie che i fatti furono gravissimi”.
Intanto, Anna Beniamino, la militante anarchica in sciopero della fame in solidarietà con Cospito, “rifiuta il ricovero che vorrebbe la direzione sanitaria di Rebibbia ma chiede degli integratori che non le vengono dati per problemi burocratici”. Lo dice all’AGI l’avvocato Caterina Calia, che assiste la donna imputata come Cospito nel processo di Torino. E’ in sciopero della fame dal 7 novembre. Calia, che l’ha visitata stamane nel carcere di Rebibbia, afferma che “è ormai pelle e ossa“. “Da una settimana – prosegue – la direzione sanitaria la vuole far ricoverare, ma lei rifiuta, perché ha la pressione bassissima, con la massima a 80. Ha chiesto di avere degli integratori ma per problemi burocratici ancora non li ha ricevuti”.