L’italiano che aiutò Lula nella sua prima vittoria elettorale in Brasile

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Giancarlo Summa, nel 2002, fu uno dei protagonisti della campagna elettorale e dell’ascesa del presidente. Ripercorre con AGI a storia recente del Paese spiegando che “il terzo mandato sarà difficilissimo”

AGI – “Il terzo mandato di Lula sarà difficilissimo, è una sfida complicata perché con Bolsonaro nel Brasile è riesplosa la povertà. Bisognerà ricostruire il Paese da zero. Lula nel breve termine dovrà soprattutto occuparsi dei più poveri e allo stesso tempo, nel medio e lungo termine, rimettere in moto il Paese, dopo anni di recessione economica”.

A parlare con l’AGI è Giancarlo Summa, l’Italiano che nel 2002 fu uno dei protagonisti della campagna elettorale che permise a Luiz Inàcio Lula da Silva di conquistare la presidenza del Brasile per la prima volta. Summa, originario di Taranto, che oggi lavora per l’Onu a Parigi, era stato un corrispondente per l’America Latina di testate come L’Unità, La Stampa e altri quotidiani e settimanali italiani. Anche grazie a una sua intuizione, quella di concentrarsi nel rapporto con la stampa internazionale, il sogno di Lula presidente del Brasile si è trasformato in realtà.

“Lula era molto popolare, era un idolo per una parte del Paese, oltre che per i lavoratori anche per i giovani e gli intellettuali ma rappresentava, pero’, uno spauracchio per i conservatori – ha raccontato Summa, che oggi ha anche la cittadinanza brasiliana -. Era chiaro che il Partido dos Trabalhadores che Lula aveva fondato era una presenza fondamentale nella politica brasiliana ma non aveva ancora una reale prospettiva di potere. Perse le elezioni nel 1989, poi nel 1994 e infine nel 1998″.

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Lula, il presidente del Brasile

Quando ha conosciuto Lula la Prima volta?

“Ho conosciuto Lula la prima Volta a Roma nel 1988, in occasione di una sua visita come leader del Partito dei Lavoratori brasiliano. L’anno successivo mi trasferii in Brasile per prestare servizio civile presso una Ong italiana, il Movimento Laici America Latina, mentre continuavo a scrivere per giornali italiani. Nel 1989 Lula si presentò per la prima volta alla presidenza del Paese e perse di poco al ballottaggio, un mese dopo la caduta del muro di Berlino. Sfiorò la vittoria con il Partito dei Lavoratori mentre il mondo andava dalla parte opposta”

Quelle del 1989 “furono le prime elezioni presidenziali del Brasile dopo 29 anni, in mezzo c’erano stati 21 anni di dittatura militare. Lula aveva fondato Il Pt, il Partido dos Trabalhadores, dopo essere stato un leader sindacale dei metalmeccanici nella cintura industriale di San Paolo. C’era un’atmosfera di effervescenza sociale e politica e io ne scrivevo come corrispondente. Fu un periodo molto stimolante e affascinante”.

Come è arrivato a far parte del gruppo che ha poi portato alla vittoria il presidente Lula?

“Come giornalista avevo scritto molto su Lula, il Pt, l’economia brasiliana. Si stavano avvicinando le elezioni del 2002, e mi resi conto che quello che poteva aiutare Lula a vincere era l’appoggio della stampa estera, in particolare quella economica”.

Come veniva descritto dall’Estero il leader del Partito dei Lavoratori brasiliano?

“C’era una grossa campagna di stampa contro Lula, veniva presentato come un pericolo, che avrebbe fatto fallire il Brasile con politiche radicali. Quello che scrivevano di negativo su Lula Il Financial Times e The Economist, ad esempio, avevano impatto negativo sui mercati ed era utilizzato internamente in Brasile per far votare il candidato contrapposto. Fu per questo che pensai di presentare all’entourage di Lula un progetto di lavoro specifico per i media internazionali. Ne parlai con il capo della campagna elettorale per le presidenziali del 2002, Josè Dirceu, che si convinse molto rapidamente”.

Come procedette la campagna elettorale da quel momento in poi?

“Creai una unità per i mass media internazionali per gestire i rapporti con la stampa mondiale. Certamente il merito della vittoria è tutto di Lula, ma un piccolo ruolo lo ebbi anch’io. Grazie al mio lavoro, piano piano siamo riusciti a far si’ che la copertura internazionale, molto negativa all’inizio, diventasse prima piu’ favorevole, poi molto favorevole nei confronti del candidato Lula”.

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Come veniva descritto al di fuori del Brasile Lula in quegli anni?

“C’era un’idea, costruita ad arte, che fosse un pericoloso radicale e che avrebbe trasformato il Brasile con le nazionalizzazioni, ci sarebbe stata la fine della proprietà privata, della Borsa. Un vero e proprio terrorismo mediatico contro Lula. Nei meda stranieri c’era una certa ignoranza, nel senso di non conoscenza, e lo si vedeva come minaccia al liberalismo internazionale”.

Che lavoro ha fatto per convincere le grandi testate internazionali della bontà del progetto di Lula?

“Facemmo un lavoro importante per ridurre l’ostilità dei media internazionali, soprattutto quelli anglosassoni e della grande stampa economica come il Financial Times e The Economist, ma anche il New York Times e le agenzie di stampa globali, come Reuters, France Presse, Bloomberg. Alla fine, Lula venne eletto anche grazie a questo lavoro che ebbe un impatto sulla campagna elettorale e servi’ a creare un ambiente piu’ disteso e favorevole a Lula sui mercati. Vennero rassicurati i grandi fondi di investimento e lo stesso Fondo monetario internazionale. Ottenemmo una copertura mediatica piu’ favorevole anche negli Stati Uniti”.

Quale ruolo ebbe dopo l’elezione di Lula al suo primo mandato presidenziale?

“Preferii proseguire il lavoro in ambito giornalistico prima per un’agenzia radiotelevisiva brasiliana e poi accettai un incarico per il BID, la Banca interamericana di sviluppo. Poi nel 2006 tornai a lavorare in Brasile per le elezioni presidenziali. In questo caso ero il numero 2 della comunicazione della campagna elettorale e quindi mi occupavo anche di gestire i rapporti con la stampa nazionale oltre che quella internazionale”.

Che tipo di campagna elettorale fu quella per il secondo mandato presidenziale?

“Lula era il presidente in carica ed aveva già dimostrato di non essere un estremista. Però nel 2005 c’era stato uno scandalo che aveva scosso il Paese. Il governo era stato accusato di pagare mazzette ai deputati per votare a favore ma si dimostrò essere tutta una montatura. La stampa era abbastanza aggressiva contro Lula, fu una campagna complicata, non facile ma alla fine è andato tutto bene Quando vinci significa che tutto ha funzionato sufficientemente bene”.

Cosa pensa della vicenda giudiziaria che nel 2016 vide coinvolto Lula?

“Lula venne arrestato con una montatura totale. La corte suprema brasiliano lo ha scagionato del tutto. è stato tenuto 580 giorni in prigionia per evitare che fosse candidato nel 2018, aprendo la strada alla vittoria di Jair Bolsonaro, che è stato una catastrofe per il paese”.

Quali rapporti ha oggi con Lula?

“Lui è sempre molto affettuoso, ho un rapporto sempre di tipo professionale con lui così come con gli altri del vecchio Partito dei lavoratori. Oggi ho 57 anni, all’epoca ero il più giovane di un gruppo. Molti di quelli con cui ho lavorato o sono amico hanno oltre 70 anni e c’è stato, giustamente, un ricambio generazionale. Quando posso o me lo chiedono, do una mano nell’area di cui mi occupo oggi, le relazioni internazionali”.

Che prospettive ha questo terzo mandato di Lula?

“Dovranno essere fatte molte cose e in poco tempo. Il Brasile è oggi un Paese spaccato in due perchè le elezioni sono state vinte con un piccolo margine di vantaggio ed è presente un fondamentalismo di estrema destra molto forte.

Pero’ oggi Lula è uno dei pochi grandi leader internazionali con un carisma e una visione del mondo. Ha capacità di parlare a molti. Dovrà rimettere il Brasile in piedi e potrà avere un ruolo fondamentale in temi come il cambiamento climatico, per sbloccare la crisi con il Venezuela e avere, forse, anche un ruolo nella possibile mediazione tra Russia e Ucraina”.

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