Il voto online per le primarie Pd. La nuova diatriba in casa Dem

Politica

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Favorevoli e contrari alla proposta di Elly Schlein. Il partito si divide a poche settimane dal voto che sancirà il successore di Enrico Letta alla guida della segreteria

di Marvin Ceccato

© Aleandro Biagianti / AGF
– Stefano Bonaccini

 

AGI – Nuova diatriba in casa Dem in vista delle primarie, che dovrebbero andare al 26 febbraio, e del prossimo congresso. La discusssione, nel giorno della Befana, nasce dall’ipotesi di votare in rete il candidato segretario. Il che trova sostenitori ma anche oppositori alla scelta dell’online.

“Leggo che si sta discutendo di fare le primarie per la segreteria del Pd consentendo il voto online. Io capisco che per molti ormai politica e like sui social sono la stessa cosa. Salvo poi scoprire quando si vota che ai like spesso non corrispondono voti”, scrive l’ex presidente del Pd, Matteo Orfini, ora deputato del partito Democratico, in un post su facebook.

“Capisco che si voglia cercare tutte le strade per rilanciare un partito che vive oggettivamente un momento di difficoltà. Ma eleggere la guida di un partito è una cosa seria. Noi – continua Orfini – già lo facciamo nel modo più aperto possibile, consentendo (giustamente) praticamente a chiunque di venire a votare nelle primarie aperte. E anche (giustamente) a chi fino a pochi giorni prima dell’apertura non era nemmeno iscritto di candidarsi a guidarlo. Ma appunto, almeno quel gesto minimo di uscire di casa, cercare il gazebo, guardare negli occhi i nostri militanti (e magari ringraziarli perché sono lì da mattina a sera) e votare non può essere sostituito da un click. Non si tratta di non tenere conto dell’innovazione, dei cambiamenti di stili di vita, della digitalizzazione di tanti processi. Si tratta semplicemente di riaffermare un principio antico: la politica è partecipazione. E se si vuole contribuire a una scelta importante come quella della guida di un partito, si partecipa. Sennò possiamo chiudere il partito, i circoli e tutto il resto e sostituirli con una pagina facebook o instagram. Ma non mi pare una grande idea”, conclude.

“Ho letto che diversi esponenti del mio partito chiedono il voto online per le primarie nazionali. Sono francamente stupita poiché sono anni che ci diciamo in ogni consesso che è necessario stare tra le persone, ‘ritornare tra la gente’, uscire dai Palazzi”, afferma Alessia Morani, componente della direzione del Pd.

“Le elezioni primarie – ricorda – sono un grande momento di democrazia e partecipazione e credo sia sbagliato ridurle a un voto online, adottando pratiche di movimenti politici che non hanno nulla da insegnarci in questo senso. Le primarie sono un elemento costitutivo del Partito democratico e snaturarle significa voler snaturare il partito stesso”.

“Non ho nulla contro l’utilizzo della rete nel processo democratico ma in questo momento il Pd ha bisogno di carne e sangue e di calore. Quindi propendo per il voto ai gazebo. Quando saremo più in salute andrà bene anche il click”, dichiara il deputato del partito Democratico, Roberto Morassut.

“Il tesseramento attuale non ha dato buon esito con l’online. Le sperimentazioni si fanno quando sei saldo sulle gambe. Per dare sangue però servono soprattutto idee e un confronto radicale e vero tra i candidati. Per ora la situazione mi pare un po’ soporifera. Sento necessità di discutere sulla forma della nostra democrazia. Un italiano su due non vota. E chi vota per due terzi vota a destra o populista. Il Pd deve partire da qui. Dal 2016, dopo la sconfitta nel referendum costituzionale, abbiamo abbandonato questo tema cruciale e ci siamo fatti trascinare dagli eventi. Era lì il momento di una grande costituente democratica. Ora abbiamo un ritardo da colmare. Serve una proposta radicale. Io sono per il doppio turno di collegio come in Francia. È il collegio che lega l’eletto al popolo e lo responsabilizza. È chiaro che questo vuol dire discutere anche del semipresidenzialismo. Cosa che io non demonizzo affatto. Anzi credo che con la destra sia un confronto da aprire”, nota.

“Un partito che non ha radicamento sul territorio, che non ha circoli dove i militanti si ritrovano e discutono e non fa le feste dell’Unità ma che vota on line c’è già, ma non è il nostro. Noi vogliamo partecipazione e coinvolgimento dei nostri iscritti e dei nostri elettori: ma che sia reale, non virtuale”, sottolinea la vicepresidente del Ppe, Pina Picierno.

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© Aleandro Biagianti / AGF

Elly Schlein

“La proposta di voto online lanciata da Elly Schlein è per questo sbagliata e oltretutto irrealistica e inapplicabile a poche settimane dal voto: significherebbe non garantire un voto sicuro alle iscritte e agli iscritti, trasformando così uno dei processi più importanti della nostra comunità in una insensata imitazione della piattaforma Rosseau del Movimento Cinque Stelle. Un’operazione che avverebbe in spregio alla militanza nelle migliaia di circoli sparsi su tutto il territorio nazionale. Ridiscutere le modalità di partecipazione attiva e passiva ogni settimana risulta dannoso per la credibilità del percorso congressuale e più in generale del partito che ha individuato nel rispetto e della stabilita’ delle regole uno dei suoi tratti distintivi”, nota. Stefano Bonaccini “sta girando l’Italia in lungo e in largo con decine e decine di iniziative per incontrare, rimobilitare e attivare più cittadini possibili. Un lavoro faticoso e difficile ma necessario. Secondo noi il partito Democratico soltanto così potrà rilanciarsi. Non con una campagna elettorale congressuale fatta dal salotto di casa davanti a una telecamera accesa sui social”, osserva.

Non così il senatore Dem Antonio Misiani: “La partecipazione fisica ovviamente non è in discussione, ma consentire alle tante persone che non sono in grado di recarsi ai gazebo di votare online al congresso è semplicemente buon senso. Fino a pochi mesi fa migliaia e migliaia di europei hanno lavorato e discusso online (anche votando) nella Conferenza sul Futuro dell’Europa, che ha attuato modelli già esistenti di democrazia deliberativa digitale. Anche altri partiti progressisti europei hanno adottato modalità miste di partecipazione politica, anche per la scelta dei propri leader. Il nostro partito può dimostrarsi più indietro, di fronte ai cambiamenti in corso nelle nostre società?” osserva.

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