Sono 13 le persone accusate di omicidio, incendio doloso e sabotaggio anche per aver tentato di insabbiare l’inchiesta sulla strage di 215 persone e la devastazione del porto e parte della città libanese
di Cecilia Scaldaferri
AGI – Il giudice libanese Tarek Bitar, che indaga sulla devastante esplosione che nell’agosto 2020 ha distrutto il porto di Beirut e parte della città, ha incriminato altre otto persone, tra cui il procuratore generale Ghassan Oueidat e altri tre magistrati. Lo ha riferito una fonte giudiziaria, precisando che le accuse nei loro confronti è di “omicidio, incendio doloso e sabotaggio”.

In tutto, sono 13 le persone accusate nell’ambito dell’inchiesta, fortemente ostacolata dai poteri politici che hanno cercato in tutto i modi di insabbiarla, bloccando di fatto per oltre un’anno l’operato di Bitar che proprio ieri ha ripreso in mano il fascicolo. Tra le persone già finite nel mirino della giustizia, ci sono l’ex premier Hassan Diab, l’ex ministro dei Lavori Pubblici, Yousef Fenianos, l’ex ministro delle Finanze Ali Hassan Khalil e l’ex ministro dei Lavori Pubblici Ghazi Zeiter.
Nuovi interrogatori sono stati fissati nella settimana tra il 6 e il 13 febbraio ma Diab ha già rifiutato. Tra i nomi nella lista filtrati ieri anche quelli dell’ex direttore della Sicurezza generale, Abbas Ibrahim, vicino a Hezbollah, e del capo della Sicurezza di Stato, Tony Saliba, alleato dell’ex presidente cristiano maronita Michel Aoun. Bitar è stato duramente attaccato da Hezbollah e dal partito affiliato Amal che lo accusano di essere parziale e ne hanno chiesto l’esonero a più riprese, organizzando anche manifestazioni di protesta.
All’inizio del 2021 il suo predecessore era stato rimosso dopo aver incriminato politici di alto livello; lo stesso Bitar ha dovuto affrontare decine di procedimenti nei suoi confronti e il ministero dell’Interno non ha dato seguito ai mandati di arresto da lui ordinati, ostacolando l’inchiesta. La stampa allineata con il movimento sciita lo ha accusato di “agire su ordine degli americani e con il sostegno giudiziario europeo”. L’ambasciata di Washington a Beirut ha immediatamente postato un tweet in cui ha espresso sostegno alle autorità libanesi, esortandole a “condurre un’indagine tempestiva e trasparente”.