Uomini senza voce

Arte, Cultura & Società

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Parlare di sofferenze maschile oggi provoca il patimento femminile, la fiera della notizia, ormai sottomessa al mercato pubblicitario televisivo, ha fissato dei ruoli ben precisi e per moltiplicare gli ascolti le figure di persecutore e perseguitato restano definite e fisse in ogni caso. La grande commercializzazione del femminismo ha generalizzato strumentalmente la figura maschile sdoganando un modello patriarcale dedito allo spasso ed alla violenza, determinando di conseguenza, fra uomo e donna, chi deve avere più diritti e chi più tutele dell’altro. Fatte salvo le figure maschili istituzionali, politici, banchieri, plurimiliardari, e star dello spettacolo,  gli altri uomini restano sospesi nel limbo dell’inferno, pronti ad essere criminalizzati dalle femministe o marchiati come bamboccioni, eterni Peter Pan, sfigati, senza palle, mediocri o spiantati che usano e sfruttano la donna, praticamente degli esseri che non hanno bisogno di punti di riferimento affettivi e di legami identitari e quando accade che un politico si ritrovi a riportare un dato che parla di duecento suicidi all’anno di uomini separati, immediatamente zelanti giornaliste femministe insorgono e bollano la notizia come una bufala. D’altra parte i siti che riportano le bufale, probabilmente sono nati proprio per contenere le notizie scomode e come diceva qualcuno “dire che una notizia è falsa, toglie un buon cinquanta per cento alla verità”! Capita poi di leggere una stima che afferma ci siano quattro milioni di padri separati in Italia, di cui ottocentomila si trovano in gravi difficoltà economiche, causate dalla separazione e con una sofferenza amplificata dalla difficoltà di vedere i propri figli. Una vera silente tragedia sociale confermata da un rapporto della Caritas sulla povertà nel nostro paese, che evidenzia come il quarantasei per cento dei padri separati vive in gravi condizioni di indigenza a causa della separazione. “La legge non tutela sufficientemente il diritto del bimbo di crescere serenamente con entrambi i genitori e questo comporta ripercussioni di carattere fisico e psicologico che si manifestano sia nell’adulto che nel minore”, precisa Walter Buscema, dell’Associazione Nessuno Tocchi Papà, che annualmente fornisce assistenza a un milione di persone, risulta infatti che molti papà sviluppano la sindrome da alienazione parentale, una vera e propria patologia che spesso conduce alla depressione. Tancredi Turco, ex parlamentare del Movimento 5 Stelle, nel 2017 aveva riferito che «secondo le statistiche, sono 4.000 i suicidi in Italia ogni anno e tra questi, 200 quelli conseguenti ad una separazione e al conseguente allontanamento dai figli, un dato da ricondurre ad uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ed in seguito riportato da alcuni giornali, senza però indicare la fonte certa, ma poi a cancellare il marchio di notizia senza fondamento ed a porre luce su quel regime patriarcale che privilegia gli uomini nonché su quella finalizzata  teoria  secondo cui ”la mortificazione civile colpisce soltanto le donne sottoposte  a intollerabili pressioni socio-culturali”, arriva il Comunicato Stampa dell’Eures : “L’ultimo grido dei senza voce”, che rende noti i dati sui suicidi in Italia in tempo di crisi ed evidenzia il forte aumento dei suicidi, fra cui un suicidio al giorno tra i disoccupati ed il record di casi per motivi economici, precisando una sempre maggiore l’incidenza degli uomini anche nei tentati suicidi ed il rischio più alto tra vedovi e separati,riferendo infine la minore fragilità delle donne sole”. Una realtà non contaminata da orientamenti ideologici che riporta dati certi per descrivere una condizione grave e chissà per quale arcano motivo trascurata dai media. Trascurata da quei media che indignati nel 2016 insorgono per la frase a loro dire shock scritta da un consigliere comunale della Lega Nord di Trieste, “il femminicidio è una invenzione della sinistra”, affermazione che parte da un articolo pubblicato sul sito “Movimento libertario” a firma di Marina Dalla Costa,  nel cui testo si legge che “l’Italia è uno dei Paesi del mondo con il tasso più basso di omicidi femminili: 5 per milione all’anno, una donna italiana ha, in tutta la sua vita, una probabilità dello 0,05% di subire un omicidio”. Nell’articolo i dati delle donne uccise sono paragonati a quelli delle donne che si suicidano nella misura di 22 per milione per anno e al numero di bambini abortiti, unica vera  strage pari 5 milioni dal 1982 al 2016. La Dalla Costa conclude scrivendo che in Italia “il tasso di omicidi maschili è di 16 milioni all’anno, cioè vengono uccisi più di 3 uomini per ogni donna.  Sia uomini che donne uccidono in prevalenza uomini: circa 400 ogni anno. Le donne assassine uccidono nel 39% dei casi donne, e nel 61% dei casi uomini. Gli uomini assassini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini. (Ministero dell’Interno, Rapporto sulla Criminalità, “Gli omicidi volontari”, Tabella IV.18). Ricerche criminologiche indicano che il numero di donne assassine è sottostimato in quanto le donne hanno maggiore tendenza a commissionare omicidi e ad uccidere avvelenando. Nessuno parla del ‘maschicidio’. In Italia il tasso di suicidio di uomini separati è di 284 per milione all’anno (Dati EURES 2009). Nessuno ne parla, sebbene si tratti di una vera strage di stato: il tasso di suicidi si quadruplica con la separazione, anche a causa delle sentenze che privano i papà dei loro figli, della loro casa e del loro reddito”.

Tutto questo si colloca nel più ampio e problematico scenario della crisi dell’informazione e della stampa, che conferma  un giornalismo poco pragmatico, molto sensazionalistico e pilotato, con  l’obiettivo di fondo di far discutere, più che di informare davvero. Nella Confederazione elvetica nel 2020  ogni due settimane una persona è stata uccisa dal partner,  il dato emerge dalle cifre relative alla violenza familiare.  In Svizzera lo scorso anno, secondo quanto diffuso dall’Ufficio Federale di Statistica, la polizia ha registrato 28 omicidi nella sfera domestica, ma questi delitti specifici contro le donne non vengono registrati come tali, ma restano omicidi, perché l’omicidio non ha sesso, ma solo drammaticità in ogni caso e sicuramente da non spettacolarizzare a fini di lucro. “In Svizzera abbiamo deciso di non usare il termine femminicidio per indicare un omicidio o un assassinio, perché non esiste una definizione chiara che possa dimostrare la differenza del termine stesso da un omicidio all’altro”!

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