Il terremoto ha ucciso oltre 21mila persone, alla Turchia il triste primato

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Il bilancio, ancora provvisorio, continua a salire, con più di 70 mila feriti

AGI –  Mentre si affievolisce la speranza di trovare ancora sopravvissuti sotto le macerie, oltre 4 giorni dopo il violentissimo terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria, il bilancio delle vittime si aggrava a supera i 21 mila morti complessivamente.

Dal posto d frontiera aperto fra i due Paesi, a Bab al-Hawa, è transitato un primo convoglio di aiuti Onu diretti nelle regioni controllate dai “ribelli” nel Paese in cui infuria da 12 anni la guerra civile. Si tratta di materiali per assistere circa 5 mila sopravvissuti, ma i soccorritori dei Caschi bianchi hanno contestato che si tratta di forniture inadatte all’emergenza attuale.

Oggi in Siria è in visita il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, per mostrare l’impegno dell’organizzazione a cercare di sostenere le popolazioni colpite e prevenire ulteriori catastrofi sanitarie dovute alla mancanza di igiene e al freddo rigido di questi giorni.

Intanto in Turchia solo a Urfa e Kilis infatti le ricerche sono giunte al termine. Il primo un piccolo centro, la seconda una città tra le meno colpite. Con le ore che passano sono sempre meno le speranze di trovare sopravvissuti, anche se oggi non sono mancati i miracoli che da sempre danno speranza e caratterizzano questo tipo di tragedie.

I soccorritori hanno lavorato ore per estrarre una donna incinta, in vita, dalle macerie di Malatya, una delle principali città colpite, quando dal sisma erano già trascorse 82 ore. Sempre a Malatya nella giornata di oggi sono state tratte in salvo vive altre due persone, tra cui un bambino di 4 anni.

Anche ad Antakya, principale centro della provincia dell’Hatay, segnali di vita sono giunti da due diverse persone che si sta cercando di salvare in queste frenetiche ore. Intanto ha superato quota 35 mila il numero degli evacuati da parte della protezione civile turca dall’area devastata dal sisma.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha promesso che “nessuno rimarrà senza casa” e promette una ricostruzione rapida, entro un anno, e 10 mila lire turche (circa 500 euro ndr) per ogni persona colpita dal terremoto. “Una volta che lo stato d’emergenza è approvato dal parlamento siamo pronti a partire con la ricostruzione delle aree colpite. Lo abbiamo fatto in passato e lo rifaremo”, ha promesso nelle stesse ore in cui il Parlamento lavorava per il via libera a 3 mesi di stato d’emergenza. Al lavoro in Turchia anche migliaia di squadre giunte dall’estero.

Il ministero degli Esteri turco ha specificato che squadre di soccorso sono giunte da 53 diversi Paesi, sono in tutto 6.153 i soccorritori stranieri già da giorni sul campo e altri 2.449 sono in arrivo da altri 20 Paesi. Sono infatti in tutto 95 le nazioni che hanno offerto sostegno alla Turchia in questi giorni difficili. Situazione molto più incerta in Siria, dove si è diretto un convoglio umanitario delle Nazioni Unite formato da sei veicoli attraverso i valichi frontalieri della Turchia per dare sostegno alle aree sotto controllo di gruppi di opposizione.

Se giungesse il convoglio sarebbe il primo a raggiungere quest’area in mano all’opposizione da quando il sisma ha fatto tremare la regione. In Siria i morti nelle aree controllate dal governo sono 1.262 e 1.930 in quelle sotto il controllo dei ribelli nel Nord-Ovest.

In totale in Siria i feriti risultano essere 5.158. In Siria, oltre al convoglio Onu, sono giunti soccorsi da Russia e Iran, due Paesi da sempre alleati del regime del presidente siriano Bashar al Assad. Ieri sera il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, aveva dichiarato che Ankara stava lavorando all’apertura di due diversi passaggi di frontiera per permettere ad aiuti umanitari di raggiungere le aree colpite, in particolare quelle in mano ai gruppi di opposizione al regime di Damasco.

Queste ultime, tra cui la roccaforte ribelle di Idlib, nel nord ovest della Siria, ospitano 4 milioni di persone la cui sopravvivenza è legata già da anni agli aiuti che passano dal valico di Bab al Hawa. Le altre opzioni riguardano invio di materiale umanitario attraverso aree sotto il controllo del regime, una possibilità su cui le Nazioni Unite stanno al momento lavorando, come confermato dal portavoce Stephane Dujarric.

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