La serata più attesa del Festival di Sanremo 2023 è terminata e le cartoline da spedire con i ritratti dei bei momenti canori (ma anche karaoke) a cui abbiamo assistito sono tante. I flop non potevano mai mancare e sono frutto in alcuni casi di ingenuità, vedi Ariete e Sangiovanni o, in altri di autenticità-assenza di strategia, come per Colapesce e Dimartino con Carla Bruni, o brivido del rischio che ci si assume sperando di essere comunque apprezzati, come LDA e Britti o Leo Gassman e Bennato, oppure infine la eccessiva autocitazione, che al di là di riaffiorarti straordinari ricordi non regala altro, vedi I Cugini di Campagna, Anna Oxa o le stesse Paola&Chiara.
È emersa prepotentemente la ricchezza di successi memorabili della nostra cultura musicale, ma quanto contano in Italia il bel canto, gli acuti sovrannaturali e le trame amorose? Ancora tanto, tantissimo e forse sarà in eterno così. E allora diamo a Cesare quel che è di Cesare perché Giorgia ed Elisa hanno lasciato tutti gli spettatori senza fiato e con i lacrimoni, registrando l’unico clamoroso picco di ascolti della puntata. È servito a modificare la classifica? Ni.
E certo, Mengoni bello come il sole ha sfoderato il capolavoro dei Beatles “Let it be”, per giunta in versione gospel con i Kingdom Choir, ed è stato impossibile non emozionarsi davanti a quella spiritualità artistica, ma a volerla dire tutta “Ponzi, ponzi, po, po, po” e infatti si è aggiudicato la vittoria della serata cover. Ultimo, invece, si è giocato la carta vincente più ovvia, Eros Ramazzotti, ma il risultato dal punto di vista musicale è stato deludente: il romanaccio è totalmente scomparso sotto l’aurea di uno dei cantanti italiani più famosi al mondo e, perciò, ha cercato di accompagnarlo come meglio poteva, ma ridendoci su e fomentando il pubblico durante i celebri ritornelli, come accade nel tipico varietà televisivo. Lazza ha poi contribuito riportando sul palco una delle voci più potenti del nostro panorama, già vincitrice del Festival nel 2011, Emma Marrone, con l’obiettivo probabilmente di diventare più pop di quello che ha cercato di fare per tutta la settimana. È evidente come, nonostante abbia scelto “La fine” di Nesli, sia mancata la sua personalissima verve rap, eppure la bravura di Laura Marzaduri al violino e l’intensità delle due interpretazioni canore, affamate e amalgamate tra loro in modo sensazionale, hanno sortito l’effetto sperato, accaparrandosi il terzo posto. Solo dopo tutti loro, Giorgia ed Elisa con “Luce” e “Di sole e d’azzurro”. Ok…forse dovete rivedervele: https://www.raiplay.it/video/2023/02/Sanremo-2023-quarta-serata-Giorgia-con-Elisa-cantano-Luce-e-Di-sole-e-dazzurro–5de651fd-03c6-4f1f-96c3-6920faae67db.html
Tananai con Biagio Antonacci e Don Joe, divertente da cantare ma nulla di memorabile, avrei preferito riascoltare “Tango”. Tra i giovanissimi Olly, seppur affiancato dalla strabiliante e intatta agilità vocale e motoria della Cuccarini, non è riuscito ad imporsi su “La notte vola” divenendo quasi un elemento di cornice in autotune; Sethu ha prediletto “Charlie fa surf”, brano icona dei Baustelle, realizzandone una cover all’altezza del compito che le nuove generazioni hanno nei confronti dei cult musicali: renderli noti ai coetanei che ne ignorano l’esistenza; i Colla Zio insieme a Ditonellapiaga sono stati convincenti e freschi sulla magnifica “Salirò” di Silvestri.
Note dolenti: Ariete e Sangiovanni, privi di una concezione alla base e di un riarrangiamento adatto alle rispettive possibilità timbriche, con la gravante che non hanno dato lustro al mito Franco Battiato; Mr. Rain insieme a Fasma, hanno distrutto un pezzo incredibile di Cremonini “Qualcosa di grande” rivedendolo in una repellente chiave electro rap e Shari con Salmo, che dimostra quanto sia forte l’amore per la sua fidanzata tanto da aiutarla a farsi notare in questo Festival, accantonando il suo anticonformismo e l’anima da mangia-barre (dov’è finita?) che di solito lo contraddistingue e presentandosi in tv. Un ringraziamento speciale, invece, va a Leo Gassman che, puntando alto e assumendosi un’ardua responsabilità, ci ha donato la visione rara del maestro Edoardo Bennato all’Ariston con il Quartetto Flegreo, mantenendo accanto a lui una notevole presenza, un po’ acerba ma appropriata e genuina. Che poi con “L’isola che non c’è” cosa vogliamo che vada storto, al massimo può sconcertarci per la sua infinita attualità – che, se possibile, ne aumenta il valore.
Madame senza alcun minimo dubbio è quella che ha lasciato il segno in questo vortice di riproposizione di grandi classici italiani da parte delle nuove leve. Izi, con il suo graffio e i suoi bassi molto intensi, è stato un ottimo compagno di viaggio, un viaggio che parte della canzone della vicentina in gara sino ad approdare alla superba “Via del Campo” di Fabrizio De André. Quando le scelte vengono fatte con criterio, quando c’è un fil rouge di tematiche e quando si assume un approccio ossequioso ai capolavori senza snaturarsi, l’esito è poetico. Un po’ come ha fatto Levante con “Vivere” di Vasco Rossi, dandole tutta un’altra veste grazie al pianoforte di Renzo Rubino ma preservandone il pathos. > https://www.raiplay.it/video/2023/02/Sanremo-2023-quarta-serata-Madame-con-Izi-canta-Via-del-campo–5e30be18-86da-4cd8-8627-fd622cb49b71.html
Fuori dai canoni e da qualsiasi controllo il duetto Grignani-Arisa sulle note della straziante “Destinazione Paradiso”, ma quando sai che loro saliranno sul palco già devi aspettartela una possibile baraonda e senza giudicare devi ricordati che la musica tra i suoi tanti talenti ha quello di saper accogliere e offrire una spalla alle fragilità. La cantante lucana di una delicatezza e dolcezza sopraffine. E poi se non fosse stato per Grignani, quest’anno l’acclamatissimo maestro d’orchestra Beppe Vessicchio non sarebbe riapparso a sorpresa su quegli schermi, quindi gli si vuole bene.
Paola&Chiara divine e con la piena consapevolezza di esserlo, come previsto ci hanno fatto ballare; Coma-Cose con i Baustelle niente di sorprendente ma voci così perfettamente armonizzate tra loro da piacerci; Articolo 31 e Fedez spettacolino ben programmato e solo un’ulteriore occasione di fare critica politica; LDA ce l’ha messa tutta, però la prova era invincibile già in partenza dal primo reef di chitarra di Alex Britti, con cui ha chiaramente catalizzato l’attenzione solo su di sé; Colapesce e Dimartino, intuizione geniale ma con un risultato un po’ mediocre per lo standard a cui ci hanno abituati, che non ha reso giustizia alla loro evidente qualità artistica, malgrado la presenza di una femme fatale come Carla Bruni. Degna di menzione l’esibizione di Elodie che, in totale sintonia con la rapper Bigmama, ha richiamato l’audience anche su un sound internazionale, assumendo i panni di una bad girl sempre sensuale ma qui strong e con un american style vocale che le calza decisamente a pennello. Mara Sattei-Noemi, bella interpretazione e ottima produzione di tha supreme ma poco incisivo nel complesso; Gianmaria si è confrontato con una canzone di Manuel Agnelli più grande di lui, rimanendone un po’ – ed era inevitabile – schiacciato; Rosa Chemical insieme a Rose Villain hanno omaggiato Gianna Nannini con un mood trasgressivo che non gusta.
Premio alla carriera per Peppino Di Capri, il quale ne ha subito puntualizzato il suo ritardo: “Lo aspettavo da tanti anni ma vabbè, meglio tardi che mai”. Decisamente troppo cringe.
Il momento super clou però della serata, relegato a fine gara, è stato il monologo della quarta co-conduttrice, l’attrice Chiara Francini. Tema: la maternità mancata e il senso di colpa che pervade le donne. Difficile non empatizzare con una accurata e sublime proposizione autobiografica di un sentimento e una condizione così reale e cruda. La Francini sa bene come si tiene un palco, sa gestire le sue emozioni – anche se gli occhi non mentono mai e ovviamente il luccichio c’era – e sa esprimersi con il suo stile recitativo unico e personale, fatto di pizzichi di ironia sparsi qua e là e una profondità narrativa da brividi. Anche gli uomini si sono sentiti toccati dalle sue parole, perchè si tratta di sofferenza condivisa ricadendo sulla coppia l’incapacità di generare un figlio, ma è in verità la donna quella che poi quotidianamente lotta con il tarlo nel suo cervello per non essere riuscita a fare quello che la società richiede e per cui è stata dalla natura creata. E allora la Francini ha deciso di intessere un dialogo con un nascituro mai arrivato, confessandogli i suoi timori: «Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, perché non mi sono sposata e perché non ho avuto figli. Razionalmente so che va bene così, ma da qualche parte, dentro di me, c’è questa voce, esiste, e io, alla fine, penso che abbia ragione lei, che io sia sbagliata. (…) E in mezzo a tutto questo bisogno di arrivare, in mezzo a tutta questa rabbia, a questo amore, io, ora, non so dove metterti. O, forse, sei proprio tu che non vuoi venire da me, perché credi che io mi sia dimenticata di te, che io mi sia dimenticata della vita. Ma io volevo solo essere brava, io volevo solo essere preparata, io volevo che tu fossi fiero di me. Anche se ancora non ci sei, forse, perché ci sei sempre stato». > https://www.raiplay.it/video/2023/02/Sanremo-2023-quarta-serata-Il-monologo-di-Chiara-Francini-sulla-maternita-mancata-1c131ca7-22b4-4b1c-b634-52ab4fff5051.html
In questo modo si ottiene un 66,5% share, così si battono i record e si fa televisione. Spero solo che la classifica cambi e non trionfi Ultimo.