Le “voci interiori” dell’universo femminile raccontato da Yolaine Destremau

Arte, Cultura & Società

Di

Ci sono tematiche che riguardano l’universo femminile e che risultano molto delicate come la violenza psicologica e fisica. L’autrice italofrancese Yolaine Destremau l’affronta con coraggio e una forte dose di empatia nel suo libro “La malaintesa” edito da Barta.

Céline, la giovane donna piena di sogni ed ideali, protagonista del suo romanzo è una delle tante vittime di violenza all’interno di un matrimonio che si rivela una sorta di prigione. Conducendo due vite parallele, ossia quella della moglie sottomessa e quella dell’avvocato di talento, la protagonista gradualmente acquisirà consapevolezza della sua realtà. Nel suo percorso di “rinascita” inevitabilmente incontrerà tanti ostacoli e traversie. Ma le sue “voci interiori”, sapranno come guidarla al meglio.

Quella narrata da Yolaine Destremau è il percorso evolutivo di una donna che desidera di essere amata e che ama tanto. La Destremau con questo romanzo che è una sorta di memoir intimo e profondo ha dato voce ad una donna nella quale sarà facile entrare in empatia e supportare.

Un libro davvero degno di nota dedicato a tutte le “malaintese” che lottano quotidianamente per affermare e tutelare la propria libertà di amare ed esprimersi in quello che sono in tutte le sfere della propria esistenza.

Del coraggio delle “malaintese” e del desiderio di amare conversiamo con Yolaine Destreamu in questa intervista che ci fornirà tanti spunti di riflessione sull’universo femminile.

 

Yolaine, com’è nata l’idea di scrivere il suo romanzo su questa tematica delicata sempre attuale?
Non ho mai l’impressione di scegliere un tema per un libro: è lui che mi sceglie. Ascoltando storie, leggendo da anni sul tema delle donne maltrattate, ho realizzato che un po’ alla volta questa problematica occupava un posto di primo piano nei miei pensieri, durante il giorno come alla notte. Mi visitava così spesso che a un certo punto non potevo più resistere. Ma ho impiegato tempo a trovare la giusta angolazione – la prima persona – e a terminare il libro. Posso dire che sono quasi 20 anni che ho cominciato a pensare a questo libro, e che lo porto addosso.
Chi sono le “malintese”?
Sono persone che non trovano le parole giuste o, più spesso, le persone giuste con cui parlare. Sia per pudore sia per educazione, o per orgoglio, o per paura, non possono rivelare la loro sofferenza. La «malaintesa» è anche una persona che non ascolta se stessa, non prende in conto le sue emozioni e i suoi desideri.
Il desiderio di amare e sentirsi amate può davvero impedirci di riconoscere ciò che è giusto o sbagliato per noi stessi?
È vero che l’amore è cieco. Sempre, nella fase della seduzione, le persone sono diverse. Dopo ritrovano la loro vera personalità, con le nevrosi e le patologie. Parlo di persone malate, non è sempre cosi! Come Abel, nel libro: il manipolatore ha molto talento nel nascondere i suoi problemi psicologici, poi tutto si rivela.
Nel suo libro centrale è il potere del racconto, il raccontarsi a Nicole, consente a Cécile di acquisire consapevolezza di ciò che le sta accadendo. Quanto è importante per una “malintesa” raccontarsi?
Parlare è essenziale per una vittima. Purtroppo è difficile trovare persone che sanno ascoltare, che non giudicano, e che sono in grado di capire il grado di sofferenza e di pericolo. Vediamo nel libro che Cécile ha più facilità a parlare con persone che sono un po’ lontane dal suo circolo ristretto, con gli sconosciuti ha l’impressione di non essere giudicata. Ho scritto questo libro per questa ragione, il potere del racconto: anche se non è la mia esperienza, dobbiamo parlare, in tutti i modi possibili, di questo flagello.
Il ruolo delle «voci interiori» che ci spingono verso ciò che è coerente con noi stessi sarà salvifico per Cécile. Ci può spiegare meglio questo ruolo?
Cécile è persa tra i suoi sogni di un grande amore e la realtà che si manifesta ogni giorno, cioè che suo marito è violento. Cécile ha una grande capacità di resistenza perché è una donna forte, e non vuole ascoltare le «voci interiori» che sono quelle della ragione. È strano perché è una donna molto razionale, ma è sotto la «presa» di Abel, e non ha più la capacità di ragionare… ma dopo l’incontro con Nicole, o con il cliente Frank Laurent, le «voci interiori» acquisiranno subito un senso.
La sua scrittura così intimistica e profonda ci consente di entrare pienamente in empatia con il personaggio di Cécile. Nella stesura del suo romanzo ha avuto qualche difficoltà nel riportare le sensazioni e il vissuto emozionale di questa donna così ben delineata psicologicamente?
Ci sono state diverse tappe, ho cominciato a scrivere in terza persona. Ma non era giusto, mi sentivo come una testimone. Volevo capire più intimamente il meccanismo della violenza. Quando ho provato con la prima persona, paradossalmente mi sono sentita più libera – anche se lei è prigioniera – ho potuto capire meglio la situazione di Cécile. L’identificazione ha funzionato benissimo…
Dal suo romanzo emerge la triste verità che alcune istituzioni che dovrebbero proteggerci da situazioni di violenza sono le prime a sottovalutare ciò che accade. Cosa ne pensa al riguardo?
La situazione è drammatica. Sono tantissime le storie di donne maltrattate che sono andate dalla polizia o dalla famiglia e sono state ricevute male, e rimandate via a casa. È uno scandalo. Bisognerebbe lavorare molto sull’educazione, sulla formazione dei servizi sociali, della polizia, delle scuole. In Spagna hanno dedicato un budget importante a questo tipo di formazione, e hanno avuto dei risultati molto positivi.
Un messaggio che si sente di dare a tutte le malintese che vivono situazioni come quella di Cécile?
La violenza domestica, che sia verbale o fisica, è una cosa inaccettabile, e non c’è mai una ragione per sopportarla. Purtroppo, noi donne abbiamo imparato ad accettarla. Silenzio e sacrificio sono stati identificati come due fondamenti della nostra condizione ma dobbiamo essere noi a cambiare la mentalità generale.
A chi consiglia la lettura de “La malaintesa”?
Penso che tutte le donne possano trovare nel mio libro qualcosa di utile, abbiamo tutte purtroppo amiche o parenti che hanno conosciuto, più o meno, una situazione simile: la manipolazione, la violenza, al lavoro o a casa, nell’infanzia o nell’età adulta. Per le donne l’importante è capire che le dinamiche manipolatorie non cambiano, che la situazione non migliora da sola. E che soprattutto non hanno colpe quando si ritrovano in determinate relazioni, e che non sono mai sole.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube