Il “mal d’Africa” come costante di vita. Intervista a Stefano Floris

Arte, Cultura & Società

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A cura di Mariangela Cutrone
Intraprendere un viaggio avventuroso che ti consente di metterti in gioco e osare e soprattutto entrare in contatto con tante persone con usi e costumi completamente differenti si può rivelare una vera e propria cura per l’anima. Ce lo conferma il giornalista, guida safari Stefano Floris che ha scritto “Danzando sotto la pioggia” edito da Santelli, un diario di viaggio emozionante e ricco di sorprese e colpi di scena che consentono al lettore di avventurarsi senza riserve in un mondo suggestivo come quello africano.
In questo libro meraviglioso Stefano Floris ci racconta quello che lui definisce “mal d’Africa “e che è ormai è diventata una costante nella sua vita sin dal primo viaggio che ha intrapreso in questa terra tutta da esplorare. Grazie a questo libro Floris mette a nudo la sua anima raccontandoci esperienze di vita che lo hanno motivato ad intraprendere la carriera di guida safari.

I suoi racconti trasudano pura vita e un senso di umanità ineguagliabile perché rivelano sfaccettature del suo essere in cui ognuno potrà rispecchiarsi e grazie alle quali non smettere mai di lasciare segni indelebili del proprio cammino come i sorrisi che ama dispensare e con i quali entrare in contatto con mondo dell’Altro. 

Di “mal d’Africa e di quanto viaggiare sia un bisogno umano che non si può fare a meno di assecondare conversiamo in questa intervista che con tanto entusiasmo e disponibilità Stefano ci ha rilasciato.
Stefano, dal tuo romanzo Danzando sotto la pioggia (Santelli Editore) emerge quanto la tua esistenza sia segnata da quello che tu chiami “male d’Africa? Come lo definiresti?
Proprio come lo definisco fra le pagine del mio libro: – L’Africa è un dolce male che accompagna i miei pensieri di giorno e che culla i miei sogni di notte. Un male puro e ormai necessario –Il mal d’Africa è quella sensazione di stretta al cuore, come di mancanza, di affanno, e si prova quando si sta troppo tempo lontano da quei sorrisi, quelli di chi non ha nulla ma che, appunto, sorride lo stesso dalla mattina alla sera. L’Africa è la “culla dell’umanità” e quando si vede la savana, si avverte un senso di appartenenza e si comprende che è proprio da lì che siamo venuti. Stando lontano da questa terra, una volta rientrati nella vita occidentale, si percepisce questo “mal ‘d’Africa”, un male che ti accompagna, giorno e notte.

Questo “mal d’Africa” ti ha motivato e portato a diventare una guida safari. Quanto questo ti ha cambiato e come, umanamente parlando?
Vivere l’Africa giorno per giorno, per mesi consecutivi, e quindi non più solo durante l’arco di una vacanza, mi ha permesso di innamorarmi ancora di più della sua calda terra rossa e delle sue genti. Ma soprattutto, dei suoi animali. Questo affetto smisurato ha cambiato tanto il mio modo di vedere la vita, il mio comportamento: vivo più alla giornata, distribuisco più sorrisi possibile; non spreco più nulla, né tantomeno tempo; il mio amore per gli animali d’Africa si è esteso davvero a tutti gli animali del creato, modificando anche la mia alimentazione. E poi, ho davvero imparato a “danzare sotto la pioggia”, a rispondere così a tutte le avversità, come fanno loro, i popoli dell’Africa più nera.

Quando il viaggio diventa una “cura dell’anima”?
Quando apri il tuo cuore, non tanto ai bei paesaggi e alle grandi città, quanto alle genti che incontri lungo il tuo cammino. Scambiarsi sorrisi con persone nuove, è quella, a mio parere, la cura dell’anima. Io ti racconto di me, tu mi racconti di te, così scopriamo che non siamo poi così tanto… lontani… come vogliono farci credere.

In un viaggio è più importante la meta da percorrere o il percorso stesso?
Il percorso, tutta la vita. Nella nostra ultima esperienza televisiva, chiamata “Sardi Uniti d’America”, il viaggio che ci ha portato a girare in treno tutti e 50 gli Stati Uniti d’America, tutti davvero, alla ricerca dei sardi emigrati, non è stato il record finale di 29.000km di rotaie, il motivo di gioia, ma i numerosissimi incontri avvenuti fra una tappa e l’altra. Il percorso, ribadisco, è la cosa più importante, soprattutto quando fatto di abbracci e convivialità.

L’ultima parte del tuo romanzo è dedicata al viaggio di percorrenza di 20.000 km in treno che hai intrapreso con la tua attuale compagna. Di questo viaggio folle e avventuroso c’è qualcosa che avresti non voluto vivere o evitare?
Forse non avrei voluto vivere quel netto passaggio, drastico oserei dire, che c’è fra l’aria pulita che si respira fra nord Europa e Russia (Siberia su tutte) e quella che si respira in città come Ulan Bator (Mongolia) e Pechino (Cina). Solo così ci siamo davvero resi conto di come l’uomo stia massacrando la vita stessa. Non vedere il sole, nelle città che vi ho nominato, a causa dello smog, è una cosa che ci ha davvero rattristito. E se poi ti rendi conto che, anche in Italia, non possiamo stare più tanto sereni… ti passa il sorriso.

Dai racconti che emergono dal tuo diario di viaggio quando hai visitato diverse città europee emerge quanto l’Italia stia indietro (troppo!) sotto doversi aspetti. Non hai mai avuto voglia di trasferirti altrove e dove?
Purtroppo, cara Mariangela, in Italia, dal punto di vista ambientale e più precisamente del rispetto dell’ambiente, siamo davvero indietro anni luce se comparati a tantissime città del nord Europa. Mi viene in mente l’Olanda; oppure la Danimarca, rappresentata degnamente dalla capitale Copenaghen, dove, anche qui, è la biciletta il vero mezzo di locomozione per andare a lavoro o uscire a mangiare una pizza con gli amici. Nessuno si sogna di buttare una cicca per terra, nessuno di far cadere neanche un pezzettino di carta. Nessuno berrebbe una birra in piazza lasciando le bottiglie vuote ovunque. Per non parlare del randagismo (argomento su cui potrei parlare per ore): nessuno abbandona cani o gatti in questi paesi, e le punizioni sono davvero severe.

A chi consiglieresti un viaggio alla scoperta del suggestivo mondo africano?
Al mondo stesso. Perché tutti dovrebbero vedere come si può vivere con poco e gioire ancora per le piccole cose; tutti meriterebbero di vedere quanto sia importante per un animale vagare libero fra gli alberi di acacia. Un viaggio in Africa dovrebbe stare su tutti i programmi scolastici del mondo. E poi, apro una piccola parentesi, dormire in piena savana, circondato di animali e di suoni della notte, è un’emozione che lascia ben poca speranza ai cuori più sensibili.

“Mettere nero su bianco” le proprie esperienze di vita, le proprie emozioni e stati d’animo ha un effetto catartico. A te che effetto ha fatto “metterti a nudo” in questo libro?
Come ripeto nel corso delle mie presentazioni, scrivere questo libro mi ha davvero messo a dura prova. Ho dissotterrato gioie e dolori affettivi (alcuni devastanti, come potrete leggere), ma anche gioie e dolori lavorativi, perché chi lavora nel settore dell’intrattenimento, non può non aver conosciuto sconfitte e… sonore fregature. Ma, a essere onesto, la parte più difficoltosa da scrivere, quella dove mi sono messo più a nudo, è stata senz’altro quella inerente alla mia devastazione in seguito alla separazione dalla donna che amavo, evento che mi ha portato a percorrere strade estreme mai prese in considerazione prima. E tu Mariangela… sai a cosa mi riferisco. Azioni estreme che, pensa, la mia famiglia ha conosciuto solo grazie alle pagine di questo libro.

Dal tuo libro emerge che sei una persona molto creativa e in continuo fermento, quali sono i tuoi progetti futuri?
La mia creatività, come mi ripetono anche tanti amici, è croce e delizia della mia vita. Perché trascorro davvero interminabili giorni (e pure svegliandomi nelle notti) a organizzare avventure su avventure. Dormo poco per questa ragione, e non scherzo. Sono in continuo fermento, eh eh eh.
Dopo anni di Africa, dopo aver cercato sardi per 20.000 km in treno, dal Portogallo al Vietnam (puntate andate in onda da Licia Colò), e dopo aver girato i 50 Stati Uniti, ora, a me e a Nu, ci attendono altre tre fatiche televisive:
cercare stranieri che si sono realizzati in Sardegna, documentare le case sull’albero più green d’Italia e infine, cercare sardi in Oceania. E tutto questo, con in mezzo sempre la consueta dose di savana africana: a Settembre si ritorna nella nostra terra adottiva, pronti a mostrarla a chi ne ha voglia.

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