Il 20% di senzatetto in più. Milano rischia di diventare San Francisco

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Alberto Sinigaglia, presidente della Fondazione Arca, una delle realtà più attive nell’aiuto ai poveri, racconta l’emergenza in città dopo lo stupro denunciato in stazione Centrale

tempo di lettura: 4 min

© @Arca – Volontari della Fondazione Arca a Milano

AGI –  Alberto Sinigaglia, milanese, presidente della Fondazione Arca che nell’ultimo anno ha dato aiuto a 25mila persone servendo oltre due milioni e mezzo di pasti, conosce bene la Stazione Centrale. E spiega all’AGI che così com’è ora l’ha vista raramente non per una questione di sicurezza però, come suggerirebbero recenti episodi di cronaca tra cui la violenza sessuale denunciata da una donna marocchina, ma per il numero di persone che non hanno un tetto e che ci vivono.

“Secondo le stime nostre e di altri osservatori, l’aumento dei senza dimora dopo la pandemia a Milano è stato del 20 per cento. Le cause sono tante: sfratti, povertà, la forbice sociale che si allarga in città, le separazioni aumentate col Covid. Se poi dovesse essere abolita dal governo la protezione speciale per i migranti si aprirebbero le porte dei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria, e moltissimi altri disperati finirebbero in stazione”.

Non siamo ancora come a San Francisco “dove ci sono dei ghetti per chi non ha una casa”, avverte, ma già adesso la geografia di Milano è punteggiata da diversi luoghi dove si concentrano i clochard, “spesso individuabili per etnia”.

L’assenza di presidi e il ruolo della droga

Dal suo punto di vista, Sinigaglia ci tiene a sottolineare che non c’è un’equazione senzatetto e straniero uguale delinquente. “Ci possono essere molte ragioni per cui si finisce in strada ma la nostra esperienza dimostra che ci sono molte persone che non hanno la forza di rialzarsi ma tante altre invece sì come dimostrano 127 uomini e donne che col nostro aiuto hanno trovato casa e lavoro l’anno scorso”.

Su Fadil Monir, il marocchino di 26 anni in carcere per lo stupro, Sinigaglia dice di non voler né condannare né giustificare ma “certamente chi compie un atto del genere deve essere disperato e spesso la droga e l’alcol tolgono le protezioni alla mente soprattutto a chi è molto giovane e ha forti impulsi sessuali”.

Tra le ragioni che potrebbero avere esacerbato la situazione, cita la chiusura del centro diurno Exodus vicino alla stazione “dove chi si aggirava in zona stazione poteva prendere un caffé, fermarsi. Oltre a più telecamere e strumenti per garantire la sicurezza, ci vorrebbero più presidi di questo tipo. I centri di accoglienza scoppiano, il numero di arrivi è vicino a quello degli anni più critici”.

C’è poi il problema delle persone con problemi psichiatrici nella stazione “che è diventata una grande piazza di spaccio di crac e droghe sintetiche a cielo aperto”. Sostanze “che danneggiano in modo irreversibile il cervello e utilizzate anche dai minori non accompagnati accolti da strutture che ormai straripano. Questa è una vera vera emergenza, è molto facile che questi ragazzi finiscano nella criminalità se non interveniamo prima che si cronicizzino”.

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