Strage di Ustica: i ricordi del Comandante Sergio Bonifacio, che per primo accorse sul luogo della tragedia

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Edito nel 2022 da TIEN Worldchanging Books, il libro “Ustica la verità a galla” offre la testimonianza dell’Ufficiale pilota della Marina Militare Italiana che per primo vide risalire dall’acqua i corpi e i resti del DC9 inabissatosi, la mattina dopo che esso scomparve dai radar.

Alle ore 20:59 del 27 giugno 1980 nel tratto del Mar Tirreno compreso tra le isole di Ponza e di Ustica, il DC9 della compagnia aerea Itavia, impegnato nel volo di linea IH870 partito da Bologna e diretto all’aeroporto di Palermo, scomparve dai radar e precipitò in acqua, portando con sé 81 povere vittime.

Sappiamo tutti che ancora la Strage di Ustica aspetta l’accertamento di una piena verità riguardo le responsabilità umane, sappiamo tutti che negli anni, anzi nei decenni ormai, sono state avanzate diverse ipotesi sulle cause della caduta dell’aereo, giacchè si è parlato alternativamente di una bomba collocata nella toilette del veivolo, di un’esplosione provocata da un missile, o di un cedimento strutturale.

La ricostruzione oggi più accreditata è quella secondo cui il DC9 si sarebbe trovato nel bel mezzo di una battaglia aerea internazionale, e sarebbe stato colpito per errore da un missile che aveva invece come obiettivo un Mig libico.

Il Capitano Mario Ciancarella – all’epoca Ufficiale dell’aeronautica e rappresentante sindacale – ha sempre sostenuto che l’aereo sarebbe stato colpito da missili a testata inerte lanciati da velivoli partiti da un aeroporto militare italiano; missili cioè che si sarebbero “limitati” a perforare il DC9 provocando una depressurizzazione che ne avrebbe cagionato la perdita di controllo, forse anche il distacco di un’ala, e l’avrebbe fatto precipitare.

Sul piano giudiziario, il procedimento contro ignoti che era stato aperto per la strage si chiuse nel 1999 con un non luogo a procedere, ad ogni modo il reato di strage non cade in prescrizione, pertanto è sempre possibile sperare in una riapertura delle indagini in futuro.

Fra poco più di un mese ricorre l’ennesimo anniversario della strage, ed è particolarmente preziosa la testimonianza del Comandante Sergio Bonifacio, che al comando del Breguet Atlantic sorvolò per primo il tratto di mare dal quale nelle prime ore del giorno successivo all’incidente sarebbero riemersi i resti dell’aereo e i corpi delle vittime.

Scrive Bonifacio nel suo libro “Ustica la verità a galla” che quella mattina del 28 giugno 1980 egli, dopo il decollo dall’aeroporto militare di Elmas in Sardegna, giunse sulla zona presumibile dell’incidente alle ore 3:55, ma che soltanto alle ore 7:18 l’elicottero della pattuglia chiamò per comunicare di avere sorvolato una chiazza oleosa appena uscita dal mare alle ore 7:02, su un punto che venne tracciato, e segnalato anche con un fumogeno.

Quella macchia d’olio era solo il primo segnale del DC9 che si era inabissato.

Durante la serie di virate effettuate per circoscrivere e controllare l’area nella quale era compreso il punto da cui era emersa la macchia di cherosene, alle 8:00 circa Bonifacio vide in trasparenza, vicino al punto marcato col fumogeno, “una riga nera discontinua in una zona di mare più chiara”. Bonifacio ebbe l’impressione che si trattasse di un’ala, e disse al copilota “guarda l’ala”.

Dopo circa 40 minuti, alle ore 8:30-8:45, dalla stessa zona indicata dal fumogeno, ove erano già apparse la macchia oleosa e quella non identificata “riga nera”, cominciarono ad affiorare cuscini dei sedili e valigie del DC9.

Emersero via via altri oggetti, sino a quando alle 9:45 circa vennero a galla i primi corpi delle vittime, circa una quarantina in tutto.

Il Comandante Bonifacio ha ricordato di avere reso dichiarazioni su tali avvistamenti, dei quali comunque aveva redatto nell’immediatezza un rapporto scritto, per la prima volta il 24 dicembre 1988, quindi in successive occasioni fra cui l’escussione da parte del giudice istruttore dott. Rosario Priore il 18 novembre 1991. Quanto al particolare della riga nera, apparsa sotto il filo dell’acqua e vista da Bonifacio, esso sarebbe stato confermato anche da altri tre componenti dell’equipaggio dell’aereo condotto dal Comandante: i sottufficiali Carreras, Nadali e Sanna.

L’avvistamento della “riga nera”, continua Bonifacio, venne comunque riportato nel rapporto di volo e nel telegramma compilati all’atterraggio.

Bonifacio, un esperto nel suo settore, tanto da avere ricevuto nel corso della sua carriera numerosissime benemerenze, e da avere ricevuto nel 2009 l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana, ha osservato che il tutto, sia la chiazza d’olio, sia la “riga nera”, che i resti dell’aereo e, mano a mano, i corpi delle vittime, erano emersi o erano stati visti tutti in uno stesso punto del mare, aggiungendo che non potevano avere in precedenza raggiunto un’elevata profondità.

Il relitto dell’aereo, come ben spiegato nel libro con dettaglio tecnico, doveva essere rimasto dopo la caduta a qualche decina di metri al di sotto della superficie del mare; e i corpi, emersi la mattina del 28 giugno alle 9:45, non avrebbero potuto risalire, dato che il fondale in quel punto misurava ben 3.800 metri, se non fossero rimasti trattenuti dentro l’aereo vicino alla superficie.

Col telegramma compilato dal Comandante all’atterraggio (allegato in fotocopia al libro, assieme ad altri interessanti documenti), si rappresentò fra l’altro “è stato avvistato un relitto probabilmente attribuibile alla struttura del velivolo”, con riferimento alla riga nera non esattamente riconosciuta.

Però, ha ben spiegato Bonifacio, che quella riga fosse o meno una parte del DC9 è alla fine poco importante, perché il fatto che il relitto si trovasse a poche decine di metri dalla superficie dell’acqua è dimostrato dalla riemersione dei corpi, e dalla tempistica di tale riemersione.

Bonifacio ritiene che il DC9 fosse ammarato, dopo essere precipitato, perché questa secondo il Comandante è l’unica ricostruzione che spiegherebbe quanto da lui osservato quella tragica mattina.

Dunque, secondo la testimonianza di Bonifacio, il materiale emerse progressivamente tutto da un solo punto della superficie del mare (“e non trovato sparso in un’area estesa tale da dimostrare un evento in quota”) e sulla base delle proprie conoscenze specialistiche non poteva che trovarsi a poche decine di metri al di sotto della superficie: “in un mare sgombro da detriti, l’affioramento sta ad indicare un ammaraggio ed una implosione di una parte del veivolo ancora a tenuta”.

Bonifacio aggiunge che detta parte doveva identificarsi come l’abitacolo passeggeri, per la presenza dei cadaveri; però probabilmente era una parte più ampia, comprensiva anche dei motori perché altrimenti non si potrebbe spiegare la fuoriuscita anche di cherosene.

Anche tutti i 39 corpi ritrovati emersero dallo stesso punto del mare, quello indicato da Bonifacio.

Il libro “la verità a galla” offre in ogni sua pagina una lettura di grande interesse, facendo riferimento e riportando alla lettera anche atti procedimentali assai utili per comprendere la dinamica della strage.

Però ciò che è di estremo rilievo, più che le considerazioni tecniche dell’autore, più che gli stralci delle autopsie, degli atti giudiziari, dei documenti della Commissione di inchiesta, è la testimonianza oculare del Capitano di vascello Bonifacio.

Si possono fare infatti diverse valutazioni, ma non bisogna mai dimenticare ciò che un testimone esperto attestò nell’immediatezza del suo sopralluogo, quella mattina del 28 giugno 1980: l’emersione del cherosene, del materiale e dei corpi da un unico punto, e la traccia in trasparenza, sotto l’acqua, di quella che poteva essere una parte dell’aereo.

Si tratta di circostanze che appaiono in effetti in netto contrasto con l’ipotesi di un’esplosione in quota, che avrebbe provocato la rottura dell’aereo in diversi pezzi già nella sua traiettoria di volo, con spargimento dei pezzi, e del contenuto del velivolo, in un’area assai vasta.

Però, forse, essi sono compatibili con la ricostruzione offerta dal Capitano Mario Ciancarella, secondo il quale il DC9 venne colpito da missili a testata inerte che provocarono dei fori in parte della sua struttura con conseguente rapida depressurizzazione all’interno. E d’altra parte, le autopsie evidenziarono come le prime lesioni riportate dai corpi, prima della precipitazione, furono edemi polmonari dovuti alla depressurizzazione.

Che ci fosse stata una repentina perdita di controllo dell’aereo da parte dei piloti, quando ancora esso si trovava in quota, é desumibile per logica da quanto emerso dalla registrazione di bordo: come riportato infatti anche nel libro di Bonifacio, uno dei piloti la sera del 27 giugno ebbe appena il tempo di esclamare “gua…” (o “guarda cos’é” secondo quanto risulta da altre fonti) dopo di che più niente.

E’ vero che si può anche ipotizzare che l’incidente occorso avesse messo fuori uso proprio il microsistema elettrico che alimentava la registrazione, ma la circostanza, letta insieme a tutte le altre emerse, fa per logica ritenere più probabile che dopo quelle parole i piloti non fossero stati più in grado di attivarsi, quindi l’ammaraggio ipotizzato da Bonifacio riesce difficile da immaginare come manovra volontaria di emergenza.

Quanto al galleggiamento o semi galleggiamento del DC9, in un primo momento, esso potrebbe anche essere stato causato dalla presenza di una enorme quantità di aria di atmosfera esterna dentro l’aereo, entrata in quota in conseguenza dell’evento che provocò una grave depressurizzazione?

Sarebbe una bella cosa se i due ufficiali in pensione si incontrassero, magari facendo una chiacchierata nella libreria di Ciancarella a Lucca o sulle spiagge della costa sarda, chissà che in questo modo non si possa fare un passo in avanti nella comprensione di ciò che avvenne nel cielo sopra il mar Tirreno tanti anni fa, e a dare pace a tante famiglie.

4 Replies to “Strage di Ustica: i ricordi del Comandante Sergio Bonifacio, che per primo accorse sul luogo della tragedia”

  1. SERENA ha detto:

    Complimenti per la recensione, Maria Angioni,un articolo il tuo e un libro da leggere quello che segnali del Comandante Bonifacio, per aprire ancora meglio gli occhi sulla strage di Ustica. Mi ricordo ancora le varie ipotesi, ma soprattutto che dove lavorava mio padre, ossia la Siai Marchetti, dove si costruivano aerei e che aveva rapporti proprio con la Libia, si diceva che si era trattato di un missile che voleva abbattere Gheddafi. Comunque Maria è chiarificatore leggere il tuo pezzo che riporta le parole di Bonifacio, ossia:Il relitto dell’aereo, come ben spiegato nel libro con dettaglio tecnico, doveva essere rimasto dopo la caduta a qualche decina di metri al di sotto della superficie del mare; e i corpi, emersi la mattina del 28 giugno alle 9:45, non avrebbero potuto risalire, dato che il fondale in quel punto misurava ben 3.800 metri.
    Bella la tua idea di far incontrare i due ufficiali
    Grazie per questo utile e ottimo articolo.

  2. Giuseppe ha detto:

    Complimenti, per la buona sintesi del libro, di non facile lettura, che andrebbe letto almeno due volte. Quanto il comandante Bonifacio ha scritto è comprovato da una gran mole di documenti, articoli di giornali, ed allegati con pareri di persone coinvolte, molti sono i riferimenti giudiziari sulla tesi del missile che egli contesta e li dimostra superficiali ed infondati, come del resto hanno fatto le varie commissioni tecniche costituite. Suggerisco una prima lettura introduttiva scorrevole, per poi se interessati alla verità,
    entrare nel merito. Considerando il forte disaccordo sorto fra le parti in causa, si era sentita l’esigenza di ricorrere a un gruppo di esperti internazionali, e mi è rimasto impresso quanto scritto da uno di questi, Goran Lilja della comissione Blasi. ” Un’interessante relazione alla presentazione della nostra relazione conclusiva fu espressa da uno dei Pubblici Ministeri, Giovanni Salvi. Egli disse che “…nonostante la relazione sia il risultato di un buon lavoro, essa è, sfortunatamente, del tutto inutile…” Devo confessare di aver avuto la sensazione che la nostra indagine sia stata, a suo tempo, iniziata sulla base di una sottintesa aspettativa di ottenere un certo risultato.” Il libro prova la veridicità di questo pensiero.

    • Maria Angioni ha detto:

      grazie per il suo commento che apprezzo molto. Si, il libro di Bonifacio merita più livelli di lettura. Io parto dal principio che i testimoni oculari e quello che riferiscono circa le cose da loro immediatamente percepite, specie se sono testi esperti, e non é mai emersa una circostanza o indizio di inattendibilità o non credibilità come nel caso del Comandante Bonifacio, deve essere sempre la base di ogni ragionamento e di ogni indagine. Invece, a volte, in quanto creano “disordine” nelle ricostruzioni preferite, vengono ignorati o si cerca di inficiarne il valore

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