Come preannunciato, in premessa alle due mie precedenti note critiche sulla figura di Nicolò Bombacci, detto anche Nicola o Nicolino, politico e rivoluzionario italiano della prima metà del XX secolo, pubblichiamo alcuni articoli di approfondimento dello studioso Claudio Usai. Ecco il primo.
Nicola Bombacci, Il Socialista Rivoluzionario (1911 – 1921) – PRIMA PARTE
Di Claudio Usai (*)
Nicola Bombacci (Civitella di Romagna (Forlì), 1879 – Dongo (Como), 1945) è la figura principale di quel fenomeno storico-ideologico, spesso ignorato, definito come migrazione politica, che tra il 1936 e il 1945 in molti compirono dal rivoluzionarismo socialista e comunista a quello fascista. Fenomeno non trascurabile della complessa storia sociale dei quadri rivoluzionari del fascismo in uscita dal Psi e dal Pcd’Italia; esso riguardò molti esponenti della sinistra italiana oltre Bombacci, come, Walter Mocchi, Giovanni Bitelli, Ezio Riboldi, Mario Malatesta, Mario Guarnieri e altri. Questi personaggi poco conosciuti incarnarono lo spirito della rivolta idealistico-attivistica contro l’eredità illuministica maggioritaria nella cultura ufficiale della sinistra in età giolittiana: la cultura delle rivoluzioni «dei due fratelli nemici-complici», fascismo e bolscevismo. Tale ribellione avrebbe convogliato nel fronte trasversale anti-moderato e anti-democratico del sindacalismo rivoluzionario, del nazionalismo e delle correnti rivoluzionarie del socialismo, il mussolinismo col suo intento anti-materialistico e anti-capitalistico sarà la convergenza di questi fermenti. Bombacci, il Socialista rivoluzionario, all’inizio dell’età giolittiana esordì nel campo sindacale nella Federazione dei lavoratori della terra. Nel 1911, al congresso di Padova, fu eletto nel consiglio nazionale della Confederazione del lavoro, cui fu riconfermato nel successivo congresso di Mantova, nel maggio 1914. Allineatosi con le correnti intransigenti e rivoluzionarie, la sua ascesa al vertice del Psi si svolse fra il febbraio 1917 e il settembre 1918, favorita tanto radicalizzazione emergente del movimento operaio italiano.
Nel gennaio 1918 fu arrestato per «disfattismo» e condannato a 2 anni e 4 mesi, dirigendo poi il partito con pochi altri, fino a che non fu arrestato di nuovo ad ottobre.
Attraverso questa vicenda, la sua linea e il suo prestigio acquistarono un notevole peso al congresso dell’Unione socialista di Roma. Ma già in quella occasione vennero alla luce, al di là delle sue spiccate capacità di oratore, le oscillazioni politiche e il rivoluzionarismo verbale di ideologia che aveva la sua matrice diretta nel massimalismo. Fu il fautore dell’espulsione di Filippo Turati per il suo atteggiamento collaboratore assunto dopo la Disfatta di Caporetto. Scontato un altro breve periodo di carcere, quando fu liberato consolidò la sua posizione, vincendo i vari congressi provinciali del 1919. Divenne Vicesegretario del Psi, pronunziando la replica dei massimalisti-elezionisti, che sostenevano come la lotta fra le classi fosse ormai giunta ad un momento cruciale, aprendo una via rivoluzionaria al proletariato. Eletto deputato nel 1919, diede le dimissioni dalla segreteria del partito, ma continuò a esercitare nella direzione una forte influenza, sostenendo il Biennio Rosso. Suo fu, nel febbraio 1920, l’invito al partito di iniziare il dibattito e il lavoro per la costituzione dei soviet italiani, su modello della Rivoluzione bolscevica «fare come in Russia».
Nel luglio del 1920 partecipò alla delegazione italiana del II° congresso del Comintern, e nella corrente massimalista fu uno dei primi a sostenere l’uscita dal Psi. Posizionato ormai all’estrema sinistra, a novembre firmò il manifesto della frazione comunista, con Bordiga, Gramsci, Terracini e altri, e al congresso di Livorno del gennaio 1921 passò al Partito comunista d’Italia. Bisogna ricordare però la debolezza teorica di questa “prima conversione politica” che si stava rivelando tardamente, anche a causa del clima estremistico prevalente nel movimento operaio, dalla radicalizzazione del conflitto politico nel paese, nonché dall’attivismo giornalistico di una personalità così esuberante, che sembrava ritagliata su misura per riscuotere il plauso delle folle e delle stesse avanguardie sovversive.
Al congresso socialista di Livorno la presenza del Bombacci è segnata da un clamoroso e significativo incidente con l’esponente riformista Vacirca, che lo accusò di aver estremizzato il movimento in modo del tutto controproducente, favorendo la “reazione” fascista. Alla tremenda accusa che il ricorda quella di “social-fascismo” e di “rivoluzionario del temperino” Bombacci estrasse una pistola e gliela puntò contro; calmatosi, nel suo successivo intervento ripeté il discorso delle “due anime” del partito socialista e al contrario di Bordiga, fu accolto da applausi ironici degli avversari quando affermò che l’Italia, “isolata e da sola” non avrebbe mai conseguito la rivoluzione; per questo motivo il movimento italiano doveva rinnovarsi e aderire alla III° Internazionale, quella comunista, in linea con i ventuno punti di Mosca. In questa prima parte di tentativo da parte mia di ricostruire in breve la vicenda così complessa di Bombacci, si possono già notare i tratti salienti di quel “nuovo ceto politico”, forgiatosi nella cultura estremista del Novecento, rimodellato dalla violenza della Grande Guerra e maturato, infine, nel contesto culturale e tanto fluido del fascismo di sinistra. Come ha affermato Antonio Rossello: «il fascino del transfugo di Nicola Bombacci risiede nella sua straordinaria storia di trasformazione politica», come vedremo nel prossimo scritto.
Fonti:
- De Felice, Mussolini,il rivoluzionario, Roma 1965, pp. 20, 97, 368, 554 s., 588; Id., Mussolini, il fascista, Roma 1966, pp. 158, 564;
- Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra, Milano 1926, pp. 167-173;
- Spriano, Storia del Partito comunista italiano, da Bordiga a Gramsci, Torino, 1967;
- Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del partito comunista italiano nel 1923-24, Roma 1962. Id., Opere, I (1917-1926), Roma 1967, pp. 755-757.
- Antonio Rossello, Nicola Bombacci: il transfuga – Il Corriere Nazionale.
(*) Claudio Usai, nato a Cagliari, insegnante di materie letterarie e classiche nella scuola secondaria. Laureato 110 e lode e specializzato in Storia Contemporanea, pubblicista su vari temi quali il Colonialismo, Totalitarismo e ideologie del Novecento.
Articolo molto interessante e molto documentato