Perché Elly Schlein ha rinviato la sua missione in Europa

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Il viaggio era stato programmato per compattare la delegazione del Pd in vista del voto sull’invio di munizioni a Kiev. La segretaria ha preferito restare a Roma dopo la sconfitta alle elezioni amministrative

AGI – Sconfitta alle amministrative, Elly Schlein si vede costretta a rinviare la missione a Bruxelles. Un viaggio programmato per compattare la delegazione del Partito Democratico in vista del voto di giovedì, quando il Parlamento europeo si esprimerà sul piano “Asap” con cui la Commissione intende imprimere un’accelerazione all’invio di munizioni a Kiev.

Un tema delicato per un Pd che fa registrare al suo interno posizioni molto diverse sul punto. La linea della segreteria rimane “massimo supporto a Kev, ma i soldi del Pnrr vanno ai progetti del Pnrr“. Un tema, anche questo, su cui la segretaria sara’ chiamata a confrontarsi nelle prossime ore. Il suo partito rimane impegnato nel pressing sul governo perché il ministro Raffaele Fitto riferisca in Parlamento sulle modifiche che intende apportare al Piano nazionale.

Nonostante tutto Schlein non parte

Davanti ai risultati del voto di domenica e lunedi’, riferiscono fonti parlamentari Pd, la segretaria ha deciso di rimanere a disposizione di coloro i quali la cercano in queste ore per chiedere chiarimenti su quanto avvenuto e su quanto intende fare nel prossimo futuro.

La scelta di Schlein di rimanere a Roma è dettata, tuttavia, anche da altre considerazioni. Un pezzo importante del partito, e non solo della minoranza dem, lamentava nelle ore precedenti al voto, una certa “evanescenza” della leader. Schlein era impegnata in Emilia-Romagna assieme al suo stretto entourage.

Missione meritoria che, tuttavia, ha sollevato qualche dubbio e malumore in chi avrebbe preferito vedere Schlein più sui territori chiamati al voto. O, anche, prendere in mano il dossier delle presidenze dei gruppi, ancora in sospeso. O nella battaglia per fare avere a Stefano Bonaccini l’incarico di commissario per la ricostruzione nelle zone alluvionate.

Tutti passaggi su cui Schlein è attesa dallo stato maggiore del suo partito. Parlamentari e dirigenti che attendono, ora, la convocazione della direzione nazionale, passaggio che segue per prassi ogni tornata elettorale e che promette di essere particolarmente “acceso”, in questo caso. La segretaria, dicono esponenti dem, è già impegnata nel valutare il come e il quando convocare riunione del parlamentino.

“Aspettiamo fiduciosi”, dicono dalla minoranza dem dopo aver messo nel mirino lo stretto entourage di Schlein o, almeno, quei dirigenti riconducibili ai territori in cui il Pd ha perso male. A partire dai referenti toscani, Emiliano Fossi e Marco Furfaro, a cui viene attribuita una parte importante di responsabilità: “Fossi non ha nemmeno convocato la direzione regionale da quando è segretario in Toscana”, dice il senatore Dario Parrini. Stesso discorso per Marta Bonafoni, Francesco Boccia e Peppe Provenzano, rispettivamente referenti della segretaria nel Lazio, in Puglia e in Sicilia.

Nonostante questo, “nessuno, al momento, sembra voler fare una guerra alla segretaria“. Anzi, il mood è quello di aiutarla a trovare la rotta giusta, anche perché “il congresso si è appena chiuso, è inutile agitarsi”. A voler cercare un lato positivo, si potrebbe dire “meglio adesso che fra un anno”, come ripete un senatore dem.

Si lavora per le Europee

Il vero test, dicono in molti nel Pd, è alle europee del 2014 quando si voterà con il sistema proporzionale e ogni partito andrà per sé. “Non deve essere la scusa per schiacciarsi su una linea minoritaria“, spiega una fonte della minoranza dem ricordando come, con Matteo Renzi, il Pd alle europee del 2014 “conquisto’ il 40 per cento da solo”.

Dunque, è il sottinteso, non basterà lamentare le mancate alleanze per giustificare un risultato al di sotto delle aspettative. Per le elezioni europee, è vero, non servono alleanze. Ma a ridosso di quell’appuntamento elettorale si tornerà a votare per regioni importanti, come in Umbria, nell’autunno 2024, o in Emilia, Toscana e Campania, nel 2025. Sempre che Stefano Bonaccini non decida di dimettersi da presidente dell’Emilia-Romagna per essere schierato in lista alle europee.

Le possibili alleanze

Da qui la necessità, per il Pd, di portarsi avanti con il lavoro. Anche perché i potenziali alleati sembrano sempre più recalcitranti. Da parte di Carlo Calenda è stato ribadito il ‘no’ a qualsiasi ipotesi di collaborazione con il M5s. “Si vince con una coalizione riformista”, dice la segretaria di Azione, “non con un’accozzaglia con il M5s”.

Giuseppe Conte si mostra aperto al dialogo con il Pd: “Siamo disposti a dialogare col Pd, ma su temi e sui progetti, misurandoci su delle proposte concrete ai bisogni delle comunita’ territoriali e della comunità’ nazionale, senza compromettere o annacquare le nostre principali battaglie”. Dopo la riunione fiume della segreteria dem, Schlein aveva sferzato Conte: “La responsabilità di allargare il bacino del centrosinistra non spetta solo al pd, da soli non si vince”.

Parole a cui risponde oggi Giuseppe Conte. “Siamo disposti a dialogare col Pd, ma su temi e sui progetti, misurandoci su delle proposte concrete ai bisogni delle comunità territoriali e della comunità nazionale, senza compromettere o annacquare le nostre principali battaglie”.

Per il resto Conte, come Calenda, ritiene che non ci siano i margini di dialogo fra Cinque Stelle e Terzo Polo. “Il campo largo non è mai piaciuto” all’ex premier, sottolinea una fonte parlamentare M5s che segnala: “Schlein aveva vinto al primo turno a Brescia, aveva fatto una conferenza stampa per rivendicarlo. Stessa cosa a Udine. Non funziona se, quando vinci, è merito tuo e quando perdi è sempre colpa di altri”.

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