La sofferenza di chi parte

Emigrazione & Immigrazione

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Abbiamo avuto modo di conoscere ed ascoltare le testimonianze di alcuni giovani immigrati che sono giunti in Italia dopo lunghe traversie. M. ha ventuno anni è in Italia da soli due mesi, proviene dal piccolo stato di Sierra Leone, che si trova a sud ovest della Guinea, confinante a sud- est con la Liberia e bagnato ad ovest dall’oceano Atlantico. Sono terre dai governi instabili.   La Sierra Leone è uno dei cinquantasei Paesi che aderiscono al Commonwealth delle Nazioni e che riconoscono come re Carlo III d’Inghilterra. Questo Paese è tra i maggiori esportatori al mondo di diamanti, famoso per l’estrazione dei diamanti più grandi; per circa undici anni, dal 1991 la popolazione ha subito una terribile guerra civile che portò alla morte di duecentomila persone e all’esodo di due milioni di rifugiati. In Sierra Leone lo stipendio medio è di quaranta euro.  Le preziose miniere non vengono sfruttate per migliorare le condizioni di vita del popolo a causa di governi corrotti, ma sono fonte di ricchezza per imprese straniere che pagano una commissione di estrazione ed esportazione al governo locale e sfruttano la manodopera locale. M. parla bene l’inglese che è la lingua ufficiale della Sierra Leone, ma il paese ha tantissimi dialetti. Il giovane ragazzo è ospite presso una delle tante strutture di accoglienza disseminate sul territorio nazionale, gestite o dalla chiesa o da cooperative sociali. M. non parla italiano, ma ha voglia di lavorare e dice di annoiarsi nel centro dove non c’è nulla da fare e le giornate sono lunghe e senza impegni perciò aiuta nella preparazione dei pasti giornalieri. M. è venuto in Italia per lavorare e perché deve mandare soldi alla sorella di sedici anni che vive in un orfanotrofio ed ha bisogno di libri e di un cellulare; il ragazzo vorrebbe studiare, ha un diploma superiore ed è esperto in informatica, qui vorrebbe diventare elettricista. Non parla volentieri della sua vita in Sierra Leone, ci dice che lì faceva il pescatore con una piccola  barca a motore e quando usciva con gli altri compagni stava fuori anche due settimane.. la vita era dura. Ci racconta di aver attraversato a piedi il deserto prima di giungere dove li aspettavano i trafficanti di esseri umani.  Quando lo abbiamo conosciuto M. aveva la tipica barba del suo Paese, ma dopo pochi giorni lo abbiamo ritrovato completamente rasato, ci spiega che doveva fare la visita medica e gli era stato suggerito di presentarsi più ordinato. Senza barba è proprio un ragazzino, timido, rispettoso, impacciato. Dice di essere cristiano ed è felicissimo perché da qualche giorno lavora saltuariamente come manutentore presso una famiglia. Ci racconta la sua storia: il padre è stato ucciso dall’Isis, mentre dice ciò i suoi occhi si riempiono di lacrime, poi aggiunge:” i musulmani sono le persone più cattive che ho conosciuto”, la mamma è morta in un incidente lui è il maggiore, ha un fratello e una sorella che sono stati cresciuti in un istituto gestito da francescani. Dice, con gratitudine, che è stato spinto a venire in Italia da alcune organizzazioni dell’ONU, stupita gli chiedo se nel suo Paese operino altre organizzazioni, mi risponde che vi sono anche quelle americane che si occupano dei migranti e sottolinea come gli inglesi e i francesi pensano solo a sfruttarli. Mi mostra il cellulare sul quale appare una foto dai colori sbiaditi, di tre bambini e di una giovane donna: sua madre e i suoi fratelli. Incontriamo anche la famiglia presso cui lavora saltuariamente, la padrona di casa ci dice che M. è gioioso come un bambino ed è molto grato per come lo hanno accolto e per il modesto lavoro, lei la mattina presto, gli fa trovare la colazione e gli offre il pranzo e suo marito gli ha regalato delle scarpe adatte per poter lavorare; M. è molto riconoscente e li chiama mamma e papa. La donna ci dice che devono andarlo a chiamare per smette di lavorare. Quando lo hanno pagato la prima volta, mentre andava via, saltellava e batteva le mani per la gioia. Un padre francescano, che fu missionario in Africa circa vent’anni fa per buna parte della sua vita, tempo fa ci disse che la caratteristica di questi popoli è la gioia, basta poco anche l’arrivo della pioggia per iniziare a danzare e cantare.

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