Il noto settimanale “Oggi”, pubblicava puntualmente le mie letterine. Non ve le sto ad elencare, sono tante. E quando me le pubblicava, il giornalista che curava la rubrica, era così gentile da comunicarmelo. Un giorno mi arrivò la comunicazione della pubblicazione di una lettera che avevo inviato almeno un paio di mesi prima.
E così, poiché l’argomento non era ovviamente più attuale, mi permisi, scherzando un po’, di far notare: “Questa lettera ve l’ho inviata una vita fa”. Non l’avessi mai fatto! Il pemalosissimo giornalista mi rispose: “Non accadrà più”. Ma io, ingenuamente, non avevo capito che il giornalista si era profondamente, irrimediabilmente offeso. Avevo capito che non sarebbe più accaduto che mi pubblicassero una lettera con tanto ritardo. Mi sbagliavo. Il giornalista voleva dire: “Non accadrà più, giacché non pubblicheremo mai più le sue lettere”. E così è stato. Ma non pensate che sia il solo giornalista permaloso. Beppe Servergnini, ad esempio, si offese perché le mie lettere non sempre recavano in calce la mia firma. Per lui ricorrere a pseudonimi era una sorta di peccato mortale. Col blog de L’Espresso è andata in maniera diversa. Sono stato io ad abbandonare il blog, giacché Stefania Rossini che cura la rubrica, aveva cominciato a censurarmi giacché colpevole d’essere contro le restrizioni durante la cosiddetta pandemia e soprattutto contro l’obbligo vaccinale. Così va il mondo.
Renato Pierri