Dramma serio in due atti su libretto di Felice Romani (che l’anno successivo scriverà per Rossini ‘Il Turco in Italia’), ‘Aureliano in Palmira’ è la seconda opera composta dal musicista pesarese per la Scala, dopo ‘La pietra del paragone’ del 1812.
La prima rappresentazione, avvenuta il 26 dicembre 1813, all’apertura della stagione musicale (ora anticipata al 7 dicembre) non ebbe il successo sperato per ragioni indipendenti dall’esecuzione: le scene erano firmate da Alessandro Sanquirico (che per Rossini firmerà la prima assoluta de ‘La Gazza Ladra’ il 31 maggio 1817), mentre Alessandro Rolla era ‘primo violino, capo d’orchestra’.
Nulla da dire anche sotto il profilo del cast: vi figurava il soprano portoghese Lorenza Correa nella parte di Zenobia, ritenuta ‘una delle più belle voci femminili che siano state sentite da quarant’anni a questa parte’ (Stendhal), mentre il celebre tenore Giovanni David – che aveva dato forfait all’ultimo momento – fu sostituito dal sopranista Giovanni Battista Velluti, ammirato e stimato ovunque. Che dire?
Rossini -che nei giorni precedenti aveva scritto ad amici di aver composto musica divina. commentò con il solito argume: ‘Un fiasco però bello!’.
Probabilmente, inviando il denaro alla madre come faceva d’abitudine, preannunciò l’esito dello spettacolo disegnando un fiasco sulla busta.
‘Aureliano in Palmira’ viene spesso ricordata per il presunto litigio tra Velluti e Rossini che, ‘irritato dalle ampollose fioriture belcantistiche’ improvvisate dal celebre cantante, avrebbe da allora deciso di stenderle di proprio pugno. Così fu scritto.
In realtà Rossini, che da sempre aveva scritto per esteso i propri abbellimenti, desiderava soltanto evitare emissioni forzate e innaturali in favore di un canto flessibile e più espressivo.
Al di là di un episodio la cui importanza è stata in seguito ridimensionata, ‘Aureliano’ (scritta ad appena 21 anni) rappresentò ‘un terreno fecondo di maturazione di molte scelte stilistiche del Rossini comico e serio’, giunti con ‘L’italiana in Algeri’ (1813) e ‘Tancredi’ (1813) ad un primo livello di perfezionamento.
Non a caso la sinfonia introduttiva, passata dapprima ad ‘Elisabetta regina d’Inghilterra’ (1815) divenne in seguito quella ufficiale e universalmente conosciuta del ‘Barbiere di Siviglia’ (1816), mentre la cabaletta di Arsace ‘Non lasciarmi in tal momento’ fornì più di uno spunto per l’aria di Rosina ‘Una voce poco fa’, come riiporta il Dizionario dell’Opera Baldini&Castoldi.
L’opera circolò fino agli anni trenta dell’800 (grazie all’impegno di Velluti che la propose più volte sui palcoscenici d’oltralpe), poi cadde nell’oblio. Grazie all’edizione curata dal M° Giacomo Zani, fu ripresa in tempi moderni nel 1980 al Teatro dell’Opera Giocosa (nato a Genova nel 1956 come ‘Centro Culturale Sperimentale Lirico Sinfonico’).
Successive rappresentazioni si ebbero a Lucca (1981), a Bad Wildbad (1996), a Martina Franca (2011) e al Rossini Opera Festiva (2014).
L’allestimento minimalista di Mario Martone del 2014 (con scene di Sergio Tramonti, costumi di Ursula Patzak e luci di Pasquale Mari), che si aggiudicò nel 2015 il premio di ‘Best Rediscovered Work’ agli International Opera Awards, è stato riproposto dal ROF 2023 nell’edizione critica della Fondazione Rossini, curata da Will Crutchfield.
George Petrou ha diretto l’Orchestra Sinfonica ‘G. Rossini’ e il Coro del Teatro della Fortuna di Fano.
Acclamata dal pubblico la compagnia di canto che annovera Sara Blanch nel ruolo di Zenobia (bravissima), Alexey Tatarintsev (Aureliano), Raffaella Lupinacci (nel ruolo en travesti di Arsace), Marta Pluda (Publia), Sunnyboy Dladla (Oraspe), Davide Giangregorio (Licinio).
Lo spettacolo – che racconta la conquista di Palmira da parte dell’Imperatore romano Aureliano (che rientrerà a Roma nel 274 con una processione trionfale di venti elefanti, quattro tigri reali e più di 200 animali esotici, seguiti da circa 1.600 gladiatori) – sarà replicato il 18 e 21 agosto p.v.
Affrettatevi!
Paola Cecchini