Il Papa: “Il progresso delle nazioni non si misura sugli investimenti nelle armi ma sulla salute e sulla scuola” Il messaggio di Francesco, a Ulan Bator. Il Pontefice conclude il 43esimo viaggio apostolico, è in volo verso l’Italia
“E’ poi un fatto che, anche nelle società altamente tecnologizzate e con un alto standard di vita, il sistema della previdenza sociale da solo non basta a erogare tutti i servizi ai cittadini, se in aggiunta non ci sono schiere di volontari e volontarie che impegnano tempo, capacità e risorse per amore dell’altro”, ha osservato. Francesco ha espresso il suo compiacimento per il nome della struttura ‘Casa della Misericordia’.
“In queste sue parole – ha detto – c’è la definizione della Chiesa, chiamata a essere dimora accogliente dove tutti possono sperimentare un amore superiore, che smuove e commuove il cuore: l’amore tenero e provvidente del Padre, che ci vuole fratelli e sorelle nella sua casa. Auspico allora che possiate trovarvi tutti attorno a questa realizzazione, che le varie comunità missionarie vi partecipino attivamente, impegnando personale e risorse”.
Il Papa ha poi voluto sfatare alcuni “miti”. In primo luogo, “quello per cui solo le persone benestanti possono impegnarsi nel volontariato. La realtà dice il contrario: non è necessario essere ricchi per fare del bene, anzi quasi sempre sono le persone comuni a dedicare tempo, conoscenze e cuore per occuparsi degli altri”.
Un secondo mito da sfatare: “quello per cui la Chiesa cattolica, che nel mondo si distingue per il grande impegno in opere di promozione sociale, fa tutto questo per proselitismo – ha proseguito – come se occuparsi dell’altro fosse una forma di convincimento per attirare ‘dalla propria parte’. No, i cristiani riconoscono chi è nel bisogno e fanno il possibile per alleviarne le sofferenze perché lì vedono Gesù, il Figlio di Dio, e in Lui la dignità di ogni persona, chiamata a essere figlio o figlia di Dio”.
“Mi piace immaginare questa Casa della Misericordia come il luogo dove persone di ‘credò diversi – ha continuato il Pontefice – e anche non credenti, uniscono i propri sforzi a quelli dei cattolici locali per soccorrere con compassione tanti fratelli e sorelle in umanità. Sarà questo il segno più bello di una fraternità, che lo Stato saprà custodire e promuovere adeguatamente. Perché si realizzi questo sogno è infatti indispensabile, qui e altrove, che chi detiene la responsabilità pubblica sostenga tali iniziative umanitarie, dando prova di una sinergia virtuosa per il bene comune”.
Infine, un terzo mito da sfatare: “Quello secondo cui a contare sarebbero solo i mezzi economici, come se l’unico modo per prendersi cura dell’altro fosse l’impiego di personale stipendiato e l’investimento in grandi strutture”. Certo, la carità richiede professionalità, “però – ha avvertito – le iniziative benefiche non devono diventare imprese, ma conservare la freschezza di opere di carità, dove chi è nel bisogno trova persone capaci di ascolto e di compassione, al di là di qualsiasi compenso”. In altre parole, “per fare davvero del bene, ciò che è indispensabile è un cuore buono, determinato nel cercare ciò che è meglio per l’altro”. “Impegnarsi solo dietro remunerazione non è vero amore; solo l’amore vince l’egoismo e fa andare avanti il mondo”.
E Francesco ha concluso ricordando un episodio legato a Santa Teresa di Calcutta. “Pare che un giornalista, guardandola ricurva sulla ferita maleodorante di un malato, una volta le abbia detto: ‘Quello che fate è bellissimo, ma personalmente non lo farei neanche per un milione di dollari’. Madre Teresa sorrise e rispose: ‘Per un milione di dollari non lo faccio neanch’io. Lo faccio per amore di Dio!’. Prego – ha concluso – che questo stile di gratuità sia il valore aggiunto della Casa della Misericordia. Per tutto il bene che avete fatto e che farete, io vi ringrazio di cuore e vi benedico”.