Applausi scroscianti del pubblico per la prima scaligera del capolavoro verdiano. Un trionfo più che meritato.
13 minuti d’applausi per il Don Carlo di Verdi, nella serata inaugurale della Scala di Milano, hanno siglato il trionfo di questo allestimento di una delle opere più complesse della produzione verdiana. Applausi più che meritati da un cast di tutto rilievo che non ha tradito le aspettative, dando colore e spessore ai singoli personaggi.
Ineccepibile la regia che si è avvalsa di una scenografia essenziale, ma calibrata e adeguata al contesto storico dell’opera di Verdi. Viva e impeccabile la direzione d’orchestra del Maestro Riccardo Chailly. Coinvolgente, come sempre, il coro della Scala.
I temi e i conflitti del Don Carlo
Amore, morte, potere, solitudine e fragilità s’intersecano in questo capolavoro del maestro Verdi, sempre impegnato sul piano politico e pronto a scorgere le analogie storiche tra passato e presente. Critico e sapientemente descrittivo con la sua musica, il grande compositore lombardo riesce, specie nel Don Carlo, a collocare i personaggi in dinamiche sociali particolarmente discutibili, dando però ampio spazio alle fragilità e ai conflitti interiori di ogni singolo protagonista.
Nel Don Carlo, soprattutto, è di scena un potere assoluto ancor oggi attuale, vivo. E Filippo II di Spagna lo incarna, con tutta la sua smania di protagonismo e di autoaffermazione che fa i conti con il potere dell’Inquisizione.
Il contesto
Siamo in anni bui della storia, quelli dominati dal potere temporale della Chiesa che, col suo controriformismo, inficia ogni libertà. Non solo collettiva, ma anche individuale. Così anche Filippo II, nella Spagna del 1560, deve piegarsi ad un assolutismo che lo sovrasta, lo annienta: quello appunto dell’Inquisizione.
Ma il monarca spagnolo, che non concede nulla ai ribelli delle Fiandre, né tantomeno al popolo, pronto a levare la sua voce in un moto di ribellione subito sedato da manipolazioni falsamente religiose, è un uomo solo.
Chiuso nella sua fragilità nascosta, consapevole di non essere amato, neppure dal figlio Carlo, né tantomeno dalla moglie Elisabetta di Valois, esprime il suo tormento interiore in una celebre aria: ella giammai m’amò.
Un’aria che ieri sera ha trovato una straordinaria potenza espressiva nella voce e nell’interpretazione del basso Filippo Pertusi
Carlo ed Elisabetta
Un amore platonico li lega, sin dal giorno di quella promessa di matrimonio, poi naufragata a causa delle dure leggi della Ragion di Stato. Un amore che ieri sera il bravo Francesco Meli, nei panni di Don Carlo, e la straordinaria Anna Netrebko, nei panni di Elisabetta, ci hanno fatto vivere. E i loro addii, in duetti memorabili, hanno dato spessore alla forza disperata di questo amore impossibile.
Elisabetta infatti è la moglie del re Filippo, padre di Carlo, che comunque scopre ogni cosa grazie alla gelosia della principessa d’Eboli, sua amante, ma innamorata-respinta di Carlo., che rivela ogni cosa al re, vendicandosi del rifiuto del giovane Carlo.
Una donna capricciosa,dunque, consapevole del suo fascino, che non ama perdere e che ieri sera ha preso vita grazie all’incredibile interpretazione del mezzo soprano Elina Garanca. Una donna che comunque si riscatta nella parte conclusiva.
L’intreccio
Un intreccio amoroso che si coniuga anche con gli intrighi e le ambizioni dei singoli personaggi, tra i quali spicca la figura di Rodrigo, marchese di Posa, fraterno amico di Carlo, ma animato anche da ambizioni segrete.
Rodrigo, sulla scena della Scala di ieri, ha dominato le sue passioni colorandosi di valori etici grazie alla vissuta interpretazione del baritono Luca Salsi, totalmente compenetrato nel ruolo. A tal punto che, anche nel momento della morte causata da un colpo di archibugio di un gendarme del Sant’ Uffizio, ha lasciato un segno indelebile sulla scena.
Tutto calibrato, dunque, dosato, privo di eccessivi minimalismi scenici che, oggi come oggi, snaturano l’opera lirica. La regia di Lluis Pasqual, che si è avvalsa di un impianto scenografico ideato da Daniel Bianco, ha perfettamente contestualizzato l’azione scenica, dando anche giusto risalto al coro e colorando di cupo gli interventi dell’Inquisizione. Ambiente giusto, quindi, esatta collocazione per i costumi elisabettiani, creati magistralmente dalla costumista Franca Squarciapino.
Epilogo
Chi vince? La tragedia si conclude con un finale a sorpresa, di carattere esoterico. Giusto epilogo di un dramma esistenziale che caratterizza un po’ tutti i personaggi, forse anche il grande Inquisitore- In linea con gli standard teatrali del teatro elisabettiano, la comparsa di Carlo V, sulla cui tomba si svolge l’azione dell’ultimo atto, appare risolutiva, salvifica. Questi porta con sé Don Carlo, salvandolo da sicura morte e ripetendo che solo in cielo si può trovare pace.
L’allusione verdiana ai tempi , ai momenti tragici della storia è evidente e mai, come nell’attuale contesto, queste parole assumono un valore e un significato particolari.
Prof. Irma Saracino
Redazione Corriere di Puglia e Lucania