La clessidra pare scorrere inesorabile per Julian Assange, il giornalista e informatico australiano, fondatore di WikiLeaks. Dopo quasi 12 anni londinesi di privazioni, di cui 7 sono stati vissuti “da recluso” nella blindata ambasciata ecuadoriana e altri 4 anni e mezzo da vero detenuto nel carcere di massima sicurezza di Sua Maestà Belmarsh, l’attivista si troverà ora faccia a faccia con la più che concreta minaccia di essere consegnato alle autorità degli Stati Uniti d’America.
Tale “espatrio forzato” potrebbe costargli fino a 175 anni di carcere, a causa delle accuse di spionaggio rivoltegli per via della pubblicazione di documenti classificati “top secret“, tra cui informazioni militari e diplomatiche relative alle guerre in Yemen, Iraq e Afghanistan, nonché sugli abusi americani condotti ad Abu Ghraib.
Ridotto in una condizione psicofisica che definire “debilitata” è poco, come confermato dal suo legale – nonché moglie – Stella Moris, già l’anno scorso i giudici di Westminster avevano dato il “via libera” all’estradizione, scatenando una folle “corsa contro il tempo” che permettesse a chi si stava (e sta) occupando della sua difesa di preparare un ricorso – il cui ausilio gli è stato per ora interdetto -, utile al modesto tentativo di ribaltare tale decisione.
A febbraio gli occhi del mondo saranno puntati su Londra
Un fragile fiocco di speranza per il giornalista, quindi, quell’udienza pubblica prevista per il 20 e 21 febbraio 2024 presso l’Alta Corte inglese: in quel frangente due magistrati valuteranno solo se rielaborare o meno il verdetto precedente, con il quale era stato stabilito di negargli il permesso di ricorrere contro la sentenza inflittagli (che, probabilmente, lo vede un po’ “come un pacco” transatlantico della FedEx?).
Nel frattempo la Moris, cercando di raccogliere il più possibile tutto il sostegno internazionale arrivato dall’opinione pubblica, ha espresso su Twitter la rilevanza cruciale di questo dibattimento, considerato potenzialmente “l’ultima occasione per il Regno Unito di fermare l’estradizione di Assange”.
Le mobilitazioni organizzate che si stanno preparando, intanto, non si limiteranno solo ai cittadini britannici, ma coinvolgeranno figure intellettuali di tutto il mondo, pronte a prendere parte ad ogni singola manifestazione programmata in diverse città (soprattutto a Londra, dove andrà in scena una protesta esattamente di fronte al palazzo dell’Alta Corte inglese, a partire già dalle 8:30 del mattino).
Day X is here.
The public hearing at the Royal Courts of Justice will be on 20-21 February.
It may be the final chance for the UK to stop Julian’s extradition. Gather outside the court at 8:30am on both days. It’s now or never. #DayX #FreeAssangeNOW #JournalismIsNotACrime pic.twitter.com/RL3e8FMxoJ
— Stella Assange #FreeAssangeNOW (@Stella_Assange) December 19, 2023
L’impero in decadenza che non ascolta nessuno (ma teme le primarie)
Gli avvocati dell’informatico avranno a disposizione soltanto venti pagine per organizzare e presentare una memoria difensiva. In caso di malaugurato respingimento della richiesta di appello, inoltre, gli stessi si rivolgeranno alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Sempre che – e questa è la paura maggiore – un’eventuale pressione internazionale dello zio Sam per l’affidamento dell’australiano condannato non arrivi persino prima dell’invocazione presso l’istituzione di giustizia comunitaria.
Il “caso Assange”, ad ogni modo, starebbe rappresentando sempre più una questione complessa per gli Stati Uniti d’America, che potrebbero subire diversi danni reputazionali. Antony Blinken, segretario di Stato a stelle e strisce, ha addirittura evitato di commentare la formale richiesta dell’Australia di non estradare il giornalista, lasciando l’argomento aperto. L’udienza dell’attivista, infine, giunge a poche settimane dal “Super Tuesday“, il giorno in cui si svolgono numerose elezioni primarie negli USA per scegliere i candidati repubblicani e democratici.
Finora, tra quelli in corsa per le prossime presidenziali, solamente Robert Kennedy Jr. si è espresso ufficialmente, dichiarando che concederebbe la grazia a Julian Assange qualora venisse eletto alla Casa Bianca.
Fonti online:
ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Miriam Gualandi del 20 dicembre 2023), WikiLeaks, sito di Stefania Maurizi (giornalista d’inchiesta), Wired, Mattinonline, Il Fatto Quotidiano, Articolo 21, L’Indipendente, Wikipedia, sito istituzionale del Dipartimento di Stato statunitense, The Guardian;
Account Twitter: Stella Assange;
Canali YouTube: Valuetainment.
Antonio Quarta
Redazione Il Corriere Nazionale