L’editoriale del direttore dell’Agenzia Dire Nico Perrone
ROMA – Se è vero che “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che si sono sperimentate finora”, come diceva il grande Winston Churchill, che aggiungeva “… è bene che diventi un vizio, nella speranza che sia difficilissimo poi smettere”, adesso studi clinici dimostrano anche che l’esercizio democratico fa ammalare generando stress e ansia. A partire dalle elezioni. E questo 2024 è l’anno elettorale più importante della storia moderna, perché hanno già votato o voteranno ben 64 paesi nel mondo con una popolazione pari a 4,2 miliardi di abitanti. Si è già votato nel Bangladesh (7 gennaio) e Taiwan (13 gennaio) poi toccherà all’Unione europea, Stati Uniti, India, Pakistan, Sudafrica, Indonesia, Messico, e nelle simil dittature come Russia e Iran.
Tornando agli studi clinici, è stato dimostrato che le campagne elettorali spesso creano aspri conflitti sociali e disordini, ricordiamo cosa è successo dopo la vittoria di Biden negli Stati Uniti con gli scalmanati incitati da Trump all’assalto del Parlamento americano. Insomma, andare a votare per molti è fonte di stress ‘forte’ o comunque ‘significativa’, con casi di insonnia, mal di testa, rabbia e tendenze violente, soprattutto quando lo scontro politico tende a polarizzarsi. Un ruolo importante lo giocano anche gli astensionisti, quella quota sempre più alta di chi ha scelto di non recarsi alle urne. Il non voto, infatti, delegittima i risultati delle urne e quindi accresce le tensioni. Se poi ci spostiamo alla letteratura economica del paradosso del voto, come segnalano gli studiosi Becchetti e Conzo, questa sottolinea come un individuo ‘egoista’ (con funzione di utilità che non include preferenze sociali) non dovrebbe votare. Perché il costo pur minimo di recarsi alle urne non è compensato da alcun beneficio perché chi vota sa che la sua singola decisione sarà ininfluente. Il fatto che una parte finora maggioritaria di persone vada a votare significa che alla base delle nostre preferenze ci sono questioni pro-sociali e norme morali.
Sempre Becchetti e Conzo hanno ‘misurato’ le preferenze politiche in vista delle prossime elezioni europee non sulla base destra-sinistra ma su 5 assi: distribuzione del reddito, migranti, clima, sicurezza e diritti civili. Alla fine, emerge una quota rilevante di popolazione spaventata dalla transizione ecologica e digitale e dalla globalizzazione, che vede peggiorare la propria condizione. Questi cittadini sono preoccupati dalla competizione con gli stranieri che arrivano e dei problemi di sicurezza correlati, pensa che il tema della redistribuzione del reddito venga prima di quelli del clima e dei diritti civili. Gran parte di queste preferenze, sorpresa, le si ritrova tra i tantissimi astenuti e non è un caso che i partiti politici stiano studiando risposte che vanno proprio in loro direzione sperando di acchiappare voti di un mondo più vasto che finora non hanno intercettato.
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