Una Italia una classe dirigente attraverso la lotta alle politiche ambientali, maschera i suoi interessi contrastando la transizione energetica e la modifica del modello produttivo, fallimentare perché basato sul dumping ambientale e sociale.
Resiste anche nel tempo della condivisa transizione ecologica una specie di Spectre con relazioni diffuse e trasversale, soprattutto nel mondo del potere fossile.
Libri come “Petrolio “di Pasolini,“ Questo è Cefis, l’altra faccia dell’onorato Presidente” o“ Lo Stato parallelo” di Greco e Oddo mostrano la potenza e il potere nelle mani, per esempio di società come ENI che agisce come uno Stato parallelo.
Tornano alla memoria anche delle dipartite eccellenti, che si erano interessate di fossili. Inquietante il libro del magistrato Almerighi“ Suicidi? Castellari, Cagliari, Gardini”. E che dire di Guzzanti che scoperchiò la“ Cupola del gas“ italiana confermata poi, dalle notizie apparse su Wikileaks ?
Fu un politico come Formica, a far deflagrare lo scandalo Eni-Petromin e ancora l’intelligence georgiana, a svelare gli investimenti fatti da politici italiani amici di Putin nel gas.
Storie di un tempo passato ? Forse. Intanto il 26 febbraio scorso durante la trasmissione “Petrolio”, ENI con la lettura di un comunicato dai toni intimidatori nei confronti della redazione di RAI 3, ha impedito un dibattito sulle sue responsabilità per la crisi climatica, e sulla causa, che come Greenpeace Italia e ReCommon hanno intentato nei suoi confronti per gli impatti delle sue attività sul clima, è di una inaudita gravità.
Nessuna meraviglia quindi se oggi, senza soluzione di continuità si boicotta di fatto l’espansione delle rinnovabili puntando sul GNL degli USA e sul metano africano oltre al pistolotto su un inesistente nucleare di quarta generazione.
E’ una realtà inconfutabile che la crescita delle rinnovabile va, a rilento e non saranno centrati gli obiettivi europei sottoscritti. Oggi l’apporto delle fonti fossili nella generazione della energia elettrica è del 66%, ma dovrà dimezzarsi per raggiungere il saldo zero delle emissioni nel 2050.
Nell’ultimo triennio il ritmo di crescita di installazioni da fonti rinnovabili è stato consistente, circa 3 milioni di kW medi l’anno ma per l’obiettivo di decarbonizzazione doveva essere di 9/10 milioni di KW l’anno ripartiti, tra 7,2 di fotovoltaico e 2,8 di eolico.
Mancano installazioni di dimensioni da 1000 KW.
Non è vergognoso constatare che ci sono voluti 14 anni, per rendere operativo il parco eolico offshore di Taranto?
Le cause ? Incentivazioni e autorizzazioni e, questo si vede soprattutto dal sistema di aste che assegna le installazioni degli impianti: solo un 20% va a buon fine.
Le aste sono un meccanismo nato per favorire lo sviluppo di nuovi impianti rinnovabili e attrarre investimenti.
E’ necessario che il funzionamento di tale meccanismo si adegui ai cambiamenti: le spese per la logistica, il costo delle materie prime, i tassi di interesse hanno tutti avuto un forte aumento, e a incrementare i costi per le imprese del settore delle rinnovabili concorrono anche i lunghi iter amministrativi.
Un dato è certo il fotovoltaico installato in Italia, è la metà di quelli tedesco, inoltre Spagna e Francia ci hanno sorpassato. Sull’eolico pro capite ne abbiamo metà di quello spagnolo, un terzo di quello francese e un quarto di quello tedesco.
I problemi italiani sulle rinnovabili emergono, in tutta la loro evidenza analizzando l’indice ISPRED. Dal 2021/2023 i consumi di energia sono diminuiti di poco più del 5,5%, il PIL nominale è aumentato dell’1% e le emissioni diminuite dell’8% rispetto al 1990.
Tutto bene ? No, per niente se solo si considera che tutto questo deriva da un clima mite, produzione industriale in caduta libera e contenimento dei consumi a causa dei prezzi aumentati della energia.
Un ulteriore parametro conforta ancor più l’analisi: l’intensità carbonica cioè la quantità di emissioni prodotta in rapporto alla energia fornita.
Secondo il FIT for 55 raggiungere l’obiettivo di riduzione al 2030 significa ridurle del 6,1% l’anno invece noi siamo a una riduzione media del 2,8%.
L’indipendenza energetica e la sicurezza oltre che l’indipendenza energetica del Paese dipendono da un investimento di circa 300 miliardi realizzando gli obiettivi del REPowerEU ossia energia elettrica per l’80% da fonti rinnovabili, riducendo di tre quarti le emissioni del settore elettrico rispetto a 34 anni fa.
Oggi in termini di potenza rinnovabile installata siamo a 66 milioni di KW e per raggiungere i citati obiettivi del REPowerEU ne dovremmo installare altri 77 milioni di KW oltre a una nuova capacità di accumulo per 70 milioni di KWh.
Tutto questo dipende anche dallo sviluppo della rete elettrica e relative connessioni. Un terzo del territorio italiano non ha vincoli (10 milioni di ettari) e per installare 77 milioni di KW occorre lo 0,73% del territorio senza vincoli.
Transizione energetica significa anche meno decessi per patologie da inquinamento