Nei giorni scorsi il giornalista-blogger Gian Joseph Morici è stato aggredito ad Agrigento nelle vicinanze della sua abitazione.
Il giornalista Gian Joseph Morici, noto per il suo impegno sul campo contro gli episodi di malaffare, i depistaggi di qualunque matrice e le mafie ed ecomafie, è stato aggredito il 20 marzo 2024 da un uomo incappucciato mentre si trovava a pochissima distanza dalla sua abitazione ad Agrigento.
Morici, l’editore del sito web lavalledeitempli.net, secondo la notizia emersa soltanto ieri, è stato sorpreso alle spalle da un delinquente col volto travisato, che lo ha bloccato e gli ha stretto al collo una corda.
Soltanto la decisa reazione del giornalista, forse imprevista, ha costretto l’aggressore finora ignoto a darsi alla fuga. Il cronista ha però riportato delle abrasioni al collo e al polso del braccio destro, del caso si sta occupando la Squadra Mobile della locale Questura.
Si tratta di un inquietante episodio di intimidazione contro una voce libera, che in particolare si è occupata nel più recente periodo dei “misteri-non misteri” dell’ex miniera di Pasquasia, situata in provincia di Enna lungo la valle del fiume Morello.
Ha infatti ribadito proprio ieri Morici sul suo profilo Facebook (https://www.facebook.com/gian.j.morici) che nel 1996 a Washington, nel corso di una conferenza su trattamento e stoccaggio del combustibile nucleare esausto, i relatori parlarono anche della miniera di Pasquasia – che fra l’altro insiste su una zona a rischio sismico – quale uno dei siti adibiti in Europa Occidentale come deposito di scorie nucleari “di basso e medio livello”; così infatti apprese e riferì il parlamentare siciliano Giuseppe Scozzari, che aveva partecipato alla conferenza.
La miniera di Pasquasia, di proprietà della società Italkali di Palermo, dal 1959 al 1992 aveva dato lavoro a 500 dipendenti e ad altrettanti dell’indotto, si trattava come ricordato da Morici del terzo giacimento più ricco al mondo di sali alcalini misti, in particolare la kainite da cui si ricava il solfato di potassio utilizzato come fertilizzante.
Però il 27 luglio 1992 la produzione era cessata di punto in bianco, e i dipendenti della miniera furono assorbiti dalla regione Sicilia.
Le rare interrogazioni parlamentari sui segreti della miniera sono sempre rimaste senza risposta, e solo – continua Morici – grazie alle indagini giornalistiche locali si scoprì che nel manuale di indirizzi generali e pratiche di gestione dei rifiuti radioattivi stilato nel 1990 dall’agenzia nazionale per lo sviluppo (Enea) a pagina 189 e seguenti si parlava “di azioni per la costruzione, in collaborazione con l’Italkali di Palermo, di un laboratorio sperimentale sotterraneo nella miniera attiva di sali di Pasquasia (Enna). Il laboratorio viene costruito nella rampa di accesso ai depositi minerari a una profondità di 160 metri (…)”.
Questo impiego della miniera, d’altra parte, come ricorda il giornalista nel suo post fu confermato al giudice Paolo Borsellino dal pentito di mafia Leonardo Messina, che a Pasquasia lavorava con la qualifica di caposquadra.
“Ricostruire la verità è difficile. Vengono aperte inchieste che non decollano. Ci sono di mezzo i servizi segreti che a fine anni Ottanta avrebbero contattato qualche amministratore per informarlo che Pasquasia doveva servire per operazioni coperte da segreto militare. In una carta del consulente della procura di Caltanissetta del 1997 c’è chi giura di aver letto che “lo sfruttamento, la messa in sicurezza ed il ritiro delle sorgenti radioattive certificano l’avvenuta bonifica nucleare del sito”. Pasquasia, però, dovrebbe essere una semplice miniera di sale. Anche se chiusa quando secondo gli esperti poteva essere sfruttata per altri 30 anni. Ma cosa è successo in quei 70 ettari di landa desolata al centro della Sicilia? Forse qualcosa è andato storto più o meno intorno al 1995. Probabilmente un incidente durante le prove del sito o infiltrazioni dovute ai capricci della natura nonostante l’impermeabilità garantita dal mantello salino. Tra il 1995 e il 1997 in zona si registra un aumento del 20% dei casi di leucemia. Lo segnala l’oncologo dell’ospedale di Enna Maurizio Cammarata rompendo una cortina di silenzio assordante. Lo scorso 12 luglio il presidente della Sicilia Raffaele Lombardo ha spiegato invece che sono pronti 24 milioni di euro per rimuovere “22mila metri cubi di terreno e materiali inquinati”. Per una bonifica che potrebbe partire a fine estate. Lombardo, però, parla di bonifica di superficie. Dove si trova l’amianto dei capannoni e dove sono stati rinvenuti bidoni contenenti rifiuti tossici quando, nel marzo 2011, la procura di Enna ha disposto il sequestro dell’area. Bidoni che sembrano l’esca per nascondere il vero problema: cosa c’è nel ventre della miniera che fin dal 1988 l’European Nuclear Energy Agency inserì nei siti idonei “al confinamento geologico delle scorie radioattive a lunga vita e ad alta attività”? Perché i parlamentari che hanno presentato interrogazioni fino al 2011 non hanno ricevuto risposte? E perché all’assessore all’ambiente della Sicilia Ugo Grimaldi nel 1997 dopo le preoccupazioni dei medici e le analisi dell’Usl locale che rivelavano la presenza di Cesio 137 (isotopo che si sviluppa in presenza di combustibile nucleare sfruttato) fu negato fisicamente di entrare a Pasquasia? E perché quando successivamente riuscì ad accedervi non gli fu concesso l’ausilio delle telecamere per un sopralluogo documentato? Pasquasia è articolata in 4 pozzi, il più profondo raggiunge il chilometro mentre gli altri tre si sviluppano tra i 293 e i 750 metri di profondità. Un labirinto dove sono forse nascosti segreti inconfessabili. Grave che non si riesca ad ottenere una versione ufficiale. Tanto più che l’attuale ministro dell’ambiente, il medico chirurgo Corrado Clini, è stato il direttore generale del ministero dell’ambiente per 20 anni, dal 1991 al 2011 e ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Enea (1993-1997) ente di cui è stato vice commissario dal 2004 al 2007”.
Sicuramente l’intimidazione (o forse anche un tentato omicidio) compiuta ai danni di Morici non deve passare in silenzio, come è stato sinora. Mi stupisce infatti molto che dagli inquirenti intervenuti non sia questa volta trapelata nessuna tempestiva notizia sull’accaduto.
Anzi, il tentativo inquietante di fare del male a un giornalista senza dubbio scomodo deve portare tutti a chiedersi e ad approfondire cosa ci sia veramente “sotto” Pasquasia, cosa sia stato eventualmente tombato nei tunnel della miniera dismessa.