Cosmo, all’anagrafe Marco Jacopo Bianchi, è un agitatore di masse. Non nell’accezione negativa del termine ma piuttosto da intendere come leader di un gruppo di persone desiderose di farsi sentire e di esprimere se stesse lontane dalle stringenti logiche sociali e dal controllo delle tecnologie sulle proprie vite.
Letto così potrebbe sembrare un discorso retorico, ma Marco alle parole unisce i fatti: ha scelto di utilizzare penna e beat per mettersi a nudo e farsi portavoce di questo desiderio comune, il tutto passando per la riappacificazione con il proprio io interiore e con il primordiale istinto di condivisione. Per raggiungere tale obiettivo si è servito di due strumenti fondamentali ossia l’album più intimista fin ora pubblicato e un tour innovativo, in cui all’ingresso dei locali i cellulari vengono censurati con dei bollini sulle fotocamere. Non vi è nulla da nascondere anzi, vi è tutto da vivere e da ricordare con mente, corpo e anima.
E’ il primo artista a sperimentare questa tipologia di live phone limited e a riportare al centro dell’attenzione la musica e la bellezza dell’atmosfera dei concerti. Nessuno concentrato a immortalare il momento clou o la sua canzone preferita o un discorso dell’artista, ma tutti con telefoni in tasca, occhi al palco, mani libere di scatenarsi e cuore spalancato e pronto ad assaporare il turbino di emozioni che Cosmo sa come suscitare. Perché è in questo fluire costante di energia e spirito di aggregazione, che nasce quello che è un live totalizzante, quasi un rito spirituale all’insegna dell’ormai troppo spesso dimenticato “qui e ora”.
Il disco, uscito lo scorso 15 marzo per Columbia Records – Sony Music Italy e 42Records, si intitola “Sulle ali del cavallo bianco” ed è tutto un programma, o meglio un manifesto di intenzioni. Quello che Marco racconta è il volo, personale o collettivo, della nostra generazione. È un’esortazione a compierlo, ad essere sinceri, liberarsi di ciò che ci opprime e lanciarci verso confini inesplorati. Quello che si scopre è la vita, fatta di amore e di dolore ma pur sempre valevole di essere vissuta a pieno. Così a catalizzare l’attenzione le performance a tratti dolci a tratti psichedeliche de “L’abbraccio”, “Talponia”, “Il messaggio”, “Tutto un casino”. Una montagna russa di vibrazioni di diversa frequenza, ma perfettamente combinate con i grandi successi del cantante e dj di Ivrea che non potevano mancare in scaletta.
Elettronica e strumenti minimali rendono questo progetto musicale un gioiello senza precedenti nella sua discografia e, azzarderei, anche nell’attuale fitto panorama. È un chiaro sintomo della voglia di spogliarsi di tutte le sovrastrutture precedenti e giungere a una dimensione piuttosto cantautorale seppur calata nelle sonorità techno, che potrebbe sembrare facciano a pugni tra loro e, invece, ne restituiscono profondità. Così viene messo in musica il passato con cui si è cercato di far pace per aprirsi a quello che verrà, ripartendo dall’amore e dagli affetti. E l’inesistente distinzione tra la persona e l’artista fa sì che tutti noi ci sentiamo coinvolti e trainati da questo pensiero, ci sentiamo parte di un qualcosa che tende in una direzione e che non aspetta altro che la libertà.
“Ho il cuore così pieno che mi scoppia per la bellezza di quest’esperienza, qualcosa davvero di un altro livello. Grazie!”, gli scrive una ragazza post concerto.
Marco è un unicum, continuerà a collezionare tour totalmente soldout e a fare sempre la differenza, non perché oggi fa figo l’anticonformista, ma perché essere se stessi è la chiave giusta per spiccare il volo e purificarsi.