Di recente l‘aggressività, la depressione e il disagio sembrano quasi dilagare . Woebot, Wysa, Youper e Sonia, sono utili App per la psicoterapia ma occorre fare attenzione alla digicrazia.
“Homo homini lupus“, l’uomo è un lupo per l’uomo, affermava Hobbes nel Seicento e, più di recente, l’etologo Konrad Lorenz ha dichiarato che l’aggressività è una forza scarsamente disciplinabile, come la fame, tuttavia utile alla conservazione della specie, alla difesa del territorio, ad assicurare un vantaggio all’individuo più vigoroso, talvolta una base per raggiungere posizioni di leadership.
Quindi se per alcuni psicanalisti e etologi l’aggressività è scritta nel nostro DNA, è una caratteristica evolutiva che ha consentito all’umanità di sopravvivere, d’altro canto, studiosi come Jean-Jacques Rousseau sostengono che l’uomo è naturalmente pacifico e che è la società a corromperlo e a renderlo aggressivo. L’aggressività, da questo punto di vista, è il risultato di condizioni sociali, sovrappopolazione, ideologie e disponibilità di armi avanzate.
Secondo Fromm si è dinanzi ad una sorta di lotta tra titani, quella tra l’aggressività positiva per la sopravvivenza, comune anche tra gli animali, e quella negativa con crudeltà gratuita e distruttiva, propria solo dell’essere umano.
Per Galimberti “Se non ci sono guerre da combattere abbiamo bisogno di sport competitivi per esprimere la nostra aggressività, se non abbiamo nemici evidenti dobbiamo crearcene di fantastici.”
La complessità dell’aggressività umana richiede quindi un approccio interdisciplinare che consideri sia le radici biologiche sia le influenze socioculturali. Solo adeguate istituzioni sociali sono in grado di controllarne le manifestazioni e le propensioni distruttive, attraverso regole e punizioni per consentire alla società di funzionare in modo ordinato.
Incanalare l’energia aggressiva in attività positive è una strategia fondamentale per mitigarne gli effetti distruttivi e promuovere una convivenza sociale armoniosa. Tra i più efficaci modi di sublimazione dell’aggressività troviamo lo sport o meglio un contesto organizzato per la competizione, che permette agli individui di misurarsi gli uni con gli altri in modo regolamentato e sicuro, consentendo di scaricare l’energia accumulata e ridurre lo stress, migliorando il benessere psicofisico.
Quindi anche l’arte, le attività artistiche come la pittura, la musica, la danza e la scrittura offrono mezzi per esprimere emozioni intense in modi costruttivi. Anche la partecipazione ad attività di volontariato consente agli individui di canalizzare la propria energia in azioni altruistiche, aiutando chi è in difficoltà e migliorando il tessuto sociale.
Risorse importanti dovrebbero essere la famiglia, la scuola e le istituzioni in generale.
Oggi le famiglie moderne possono essere accusate di non riuscire ad educare adeguatamente alla socialità, necessitano di supporti, sono molto cambiate rispetto al passato in quanto è aumentato il numero delle famiglie monoparentali, i genitori spesso lavorano entrambi e hanno meno tempo da dedicare all’educazione dei figli. A questo si aggiunga che spesso le famiglie possono essere sotto stress a causa di problemi economici, malattie o altri fattori, riducendo la loro capacità di fornire un ambiente educante adeguato a favorire l’apprendimento significativo, l’interazione sociale e lo sviluppo globale degli individui.
Persino le comunità in cui si vive sono meno coese, gli individui tendono a spostarsi più frequentemente, il che può ridurre il supporto sociale disponibile e l’influenza della comunità sull’educazione dei bambini.
Nelle scuole gli insegnanti spesso devono affrontare classi numerose e hanno risorse limitate, il che rende difficile rispondere anche ai bisogni emotivi e comportamentali di ogni studente. Inoltre la scuola è spesso più focalizzata sui risultati didattici che sullo sviluppo socio-emotivo, riducendo il tempo e le risorse dedicate all’educazione alla socialità.
Si sente spesso la mancanza della saggezza dei membri più anziani che una volta, nelle comunità e nelle famiglie, erano un punto di riferimento per i più giovani. Oggi assenti o peggio addirittura arginati, esclusi, sono anche loro alle prese con la considerazione negativa che la terza età ha di se stessa e che subisce dall’esterno.
I Social Media e le nuove Tecnologie invadono e pervadono le vite dei più giovani e non solo. I contenuti violenti attraverso i media e i videogiochi possono influenzare negativamente i loro comportamenti e atteggiamenti. Pensiamo all’importanza e alla necessità delle figure dei mediatori nei social media, i cui interventi sono spesso di carattere volontario. Tuttavia l’uso diffuso, dilatato nel tempo, di smartphone e social media riduce le interazioni face-to-face e lo sviluppo delle competenze nelle relazioni sociali di contatto, mentre si ha l’impressione che crescano quelle nelle relazioni virtuali.
In questo scenario di diffusa dipendenza digitale, caratterizzata da una costante connessione accompagnata da solitudine latente o manifesta, si deve spesso ricorrere alla terapia psicologica per rispondere ai bisogni socio-emotivi.
La terapia può offrire strategie personalizzate per gestire l’aggressività e le problematiche dei più giovani, quali ansia, depressione, fragilità, ma è importante che lavori in sinergia con le famiglie e le scuole, fornendo strumenti e supporti per migliorare l’educazione alla socialità.
Citiamo la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) che aiuta gli individui a riconoscere e cambiare i pensieri negativi che portano a comportamenti aggressivi. Citiamo anche il Mindfulness e le Tecniche di Gestione dello Stress che insegnano a riconoscere e gestire le emozioni prima che diventino comportamenti negativi.
Certo sembra facile coniugarla con il predominio dell’Intelligenza Artificiale (IA).
L’IA sta rivoluzionando molti settori della nostra vita, inclusa la terapia psicologica, offrendo opportunità per migliorare l’accesso, l’efficacia e la personalizzazione delle terapie psicologiche. Tra le principali applicazioni dell’IA, in questo ambito, Chatbot come Woebot e Wysa offrono supporto emotivo istantaneo attraverso conversazioni testuali. Utilizzando algoritmi di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) le App forniscono comprensione e rispondono ai problemi degli utenti.
Inoltre l’IA può effettuare un monitoraggio continuo con assistenti virtuali per supervisionare l’umore e il benessere dell’utente nel tempo, può somministrare e valutare test psicologici, garantendo coerenza. Basandosi sui dati raccolti, l’IA può creare piani di trattamento dinamici che evolvano con le esigenze del paziente, ottimizzando l’efficacia della terapia. Gli scenari possibili sono tanti e si stanno ancora tracciando i percorsi lungo cui potranno evolversi.
Un esempio concreto viene dalla Svizzera dall’Eidgenössische Technische Hochschule Zürich, noto come ETH di Zurigo, considerato il più prestigioso istituto universitario politecnico della Svizzera, è uno dei più importanti centri di ricerca al mondo. Tre giovani laureati in Informatica presso l’ETH di Zurigo: Lukas Wolf, Dustin Klebe e Chris Aeberli, hanno presentato una nuova App, Sonia, che conduce intere sessioni di psicoterapia sia tramite chat sia tramite SMS. L’App propone tre sessioni gratuite a tutti gli utenti, mentre per gli studenti dell’ETH è completamente gratuita.
I tre giovani laureati avevano sperimentato al MIT e prima ancora all’ETH, le pressioni del mondo universitario, quindi hanno iniziato a riflettere sul bisogno di supporto psicologico per affrontare le difficoltà del periodo di studio, altrettanto importante quanto quello di mantenere il proprio benessere fisico.
Pertanto hanno pensato all’IA per offrire sessioni di terapia cognitivo comportamentale (CBT) o brevi chat se si ha semplicemente bisogno di sfogarsi. Hanno creato Sonia, un’App disposta ad ascoltare per indicare tecniche che aiutino lungo il percorso di studi, per una serie di situazioni, dall’ansia e dalla depressione, dall’abuso di sostanze ai disturbi alimentari.
Con Sonia gli utenti hanno un primo aiuto per continuare a praticare comportamenti sani, senza gli elevati costi che comporta la psicoterapia tradizionale, disponendo simultaneamente di un interlocutore sempre presente, che è in grado di monitorare il loro umore nel tempo.
Naturalmente i tre programmatori riferiscono che “dialogare” con l’app. Sonia è utile nel caso di sintomi precoci di ansia, depressione o burnout, ma non sostituisce un terapista umano, perché l’interazione umana rimane un elemento imprescindibile nella terapia psicologica.
L’IA pone inoltre una serie di sfide etiche in quanto occorre garantire che venga utilizzata in modo responsabile, al servizio del benessere umano. Pone anche una serie di problemi per la privacy e la sicurezza, la raccolta e l’analisi dei dati personali richiede rigorosi standard così come è fondamentale garantire che gli algoritmi di IA siano affidabili e liberi da Bias umani. Su questo è quasi doveroso avere un forte dubbio.
Noi esseri umani siamo imperfetti, pertanto sorgono dubbi sulla possibilità di poter essere autori di un sistema comportamentale perfetto ed autonomo per l’IA, basta poco, ad esempio l’inserimento di alcuni Bias umani per sbagliare, e ciò è altamente rischioso date le responsabilità che le si intende delegare.
Il presidente dell’Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Custodia di contenuti digitali (ANORC), il dottor Lisi spiega che il male potenziale proviene sempre dall’uomo, e parla del “pericolo digicrazia: oggi la maggior parte dei nostri dati sono nelle mani di pochi potenti player. Il problema è tutto qui: l’evoluzione digitale è sfuggita allo scenario europeo, almeno a livello infrastrutturale e di patrimonio, certamente anche economico ma soprattutto di dati. Tutti quelli che ci riguardano, a livello internazionale, sono nelle mani di pochissimi, che di conseguenza detengono un potere immenso. Potere che è diventato, ovviamente, anche economico”.
Ecco perché l’Unione europea ha reagito “creando un ordinamento, l’AI Act, che tiene ben saldi diritti e libertà fondamentali”, preservandoli dalle appropriazioni da parte dei digitocrati.
Inoltre manca una legislazione adeguata e in caso di errore dell’IA, non è chiaro su chi possa ricadere la responsabilità: sul terapista che ha convalidato un risultato di un’App, sul paziente che l’ha accettato, sugli sviluppatori dell’algoritmo, sul sistema sanitario … o su nessuno?