Emilia Romagna non solo Food Valley

Ambiente, Natura & Salute

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I numeri dell’Emilia Romagna, definita la Food Valley d’Italia, la vedono spesso primeggiare in Italia per le sue industrie di eccellenza, le  infrastrutture di qualità e una finanza fortemente radicata nel territorio. A breve la quarta fase di Mettiamo radici per il futuro, per la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Tra i principali prodotti DOP e IGP rammentiamo il Parmigiano Reggiano DOP, il Prosciutto di Parma DOP, l’Aceto balsamico di Modena IGP, la Mortadella Bologna IGP e il Grana Padano DOP. Quarantaquattro prodotti alimentari regionali (DOP e IGP) rappresentano circa il 40% del totale nazionale e vedono coinvolte 6.190 aziende regionali. Quattrocento su cinquemila denominazioni nazionali di prodotti agroalimentari tradizionali provengono da questa regione.

L’export regionale sul totale nazionale (ISTAT 2023) risulta pari al 40.2% per la carne e i prodotti a base di carne, al 35,0% per le macchine per l’agricoltura e al 21,8% per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari. Inoltre la qualità dei prodotti è uno degli obiettivi principali della regione.

L’economia della Emilia Romagna è si caratterizzata per il settore dell’agricoltura, ma anche per il settore turistico e industriale e si contraddistingue per l’affermazione delle imprese di medie dimensioni ma anche piccole e piccolissime  . L’economista Rosconi ha definito e descritto  il Modello Emilia “un territorio unico nel  modo di concepire e organizzare il rapporto tra Stato, mercato e comunità.” Ovviamente “spiegare tutti i fenomeni con un algoritmo, nel campo delle scienze sociali, è una pretesa assurda.”

Si possono identificare alcune delle ragioni della peculiarità del Modello negli investimenti in R&S (pari al oltre il 2% sul PIL), nel record delle esportazioni pro-capite, ma ve ne sono altre come “lo spirito di comunità, che hanno motivazioni profonde e appartengono alla sfera dei sentimenti morali”. Lo spirito di coesione, la diffusa laboriosità, la dignità accompagnata dal rispetto delle professionalità altrui ad ogni livello, in ogni settore produttivo, dalla scuola alla sanità, dal commercio alla ristorazione, dalla fabbrica all’officina.

Questi sicuramente i sentimenti che hanno consentito alla popolazione regionale di risollevarsi più volte, come dopo l’alluvione del maggio dell’anno scorso e che la vedono attualmente pronta nuovamente al rimboschimento, per mitigare i cambiamenti climatici.

“Mettiamo radici per il futuro” è una campagna della regione Emilia Romagna che nel quinquennio 2020-2025 si propone di incrementare la quota verde del territorio per combattere i cambiamenti climatici, le polveri sottili e per incrementare la biodiversità, arrivando a piantare ben 3,7 milioni di alberi nell’intera regione. Un investimento di 13 milioni di euro per le aree urbane e per la pianura.

2,6 milioni di alberi sono già stati piantati in questi anni e altri 330mila si aggiungeranno a partire dal prossimo primo ottobre, tramite la distribuzione gratuita di piante ai cittadini, alle scuole, agli enti locali, alle associazioni, presso le 21 aziende vivaistiche accreditate. Si potrà scegliere un albero o un arbusto tra 100 specie autoctone, senza alcuna prenotazione. È stata predisposta una guida: l’Abaco degli Alberi per aiutare nella scelta della pianta più adatta al terreno e alle condizioni climatiche nella zona in cui si intende piantarla, sempre nell’area regionale.

Deve trattarsi di un’area di cui si ha la proprietà, la disponibilità. Non vi è alcun limite per il numero, ma occorrono i dati del beneficiario e il luogo dove saranno collocati gli alberi e/o arbusti se il numero è inferiore a 100, mentre, se il numero di piante richieste è superiore a 100, il vivaista registrerà anche i dati catastali delle particelle nelle quali verrà realizzata la piantagione.

Le imprese devono invece definire un accordo con un Comune o un ente territoriale (Unioni di Comuni, etc.) della regione, in seguito l’Ente provvederà a ritirare gratuitamente le piante dai vivai per consegnarle all’impresa.

L’aumento della concentrazione di gas serra sulla terra fa si che venga trattenuta più energia termica. Gli alberi sono un “pozzo” di anidride carbonica, un’ “aspirapolvere carbonico” per assorbire CO2 e ridurre l’effetto serra sul lungo termine, inoltre sono cruciali per ripristinare gli habitat per la fauna e per ricostituire gli ecosistemi.

Tuttavia tale strategia non è risolutiva e può portare solo ad una mitigazione dell’innalzamento delle temperature. Senza dimenticare che le mutevoli condizioni climatiche potrebbero alterare negli anni i terreni che devono supportare la crescita delle piantagioni, un aspetto che deve essere preso in considerazione quando si sviluppano progetti di riforestazione a lungo termine. Questi alcuni degli argomenti oggetto di vari studi, susseguitisi dopo il lancio dell’ambizioso proposito di piantare mille miliardi di nuovi alberi entro il 2050, annunciato a gennaio 2020 in occasione del World Economic Forum.

Inoltre non si deve correre il rischio che l’opinione pubblica possa essere portata a ritenere che tutto ciò basti per risolvere la crisi climatica, dimenticando tutte le trasformazioni che dobbiamo ancora imporre alle nostre attività per renderle più sostenibili. Osserviamo che  in tutto ciò la regione Emilia Romagna è abbastanza all’avanguardia, con le comunità energetiche e gli intenti di “raggiungere il 100% di energia da fonti rinnovabili entro il 2035, ridurre le emissioni serra del 22% entro il 2030 e ridurre, sempre entro il 2030, i consumi del 5%”, inoltre è stata la prima in Italia a dotarsi di una normativa sulla programmazione energetica.

Ma non si tratta di una competizione per primeggiare tra le regioni italiane: le esternalità positive degli sforzi di ogni regione sono cruciali per i cambiamenti che devono essere perseguiti, senza ammettere più ritardi.

aziende vivaistiche accreditate.

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