Chi sei? Mi puoi chiamare tu. Ma, sono.
In questo mio scritto mi muoverò nel tentativo di portare nuova luce alla mia indagine, sulla spinta osservativa esperita in un frammento stabilito dallo scorrere di anni, all’interno di un tempo e uno spazio circolari. Sulle mie ipotesi mi concentrerò in maniera sempre più approfondita volendo sostenere la mia congettura in analisi della mente. Ora, vi saranno due percorsi, l’uno che muove distacco dal senso a molti comune del concetto di mente, l’altro che dal primo si articolerà per definire alla guisa sempre più raffinata – per quanto possibile – il problema stortura mentale, sulle gravose complicanze a motivo di pericolosità per la specie sottovalutate dai più sulle disattenzioni psicosociali coprenti (e spesso esaltanti) personalità narcisistica e stirpi. Confesso qui la mia scelta libera in diffusione di contenuti che i pochi potranno leggere – e tuttavia pur considerare follia o inutilità, non lo escludo – a beneficio di collettivo interesse, per ragioni educative e non istruttive. Si pone il tema meminisse. Meminisse iuvabit, farà piacere ricordare. Collego memoria a reminiscenza e colloco la via per ragioni di sangue a motivo di sapere ancestrale ex nihilo. Va da sé l’attenzione per la frase de nihilo nihil, nulla dal nulla, niente si genera dal non esistente. Il mio intendere ciò che ho iniziato in lettere è strettamente relato, ma torneremo.
Considero il cervello umano filtro atto all’elaborazione informativa della chimica energetica sviluppata e mossa vorticosamente dalle cellule cardiache, deputate all’impazzata spinta che scatena aria e sangue ammantati per impatto dal thumos. Volendo percorrere questa via ho fatto uso, in un passato scritto, di primo cervello, espressione impropria che non ho mai apprezzato. Ma occorre intendimento. Calzando linguaggio comune, per convenzione e comodità, utilizzo cuore e cervello, in ragione personale di primo cervello e filtro. Se il fenomeno reminiscenza ha origine qui, le cellule cardiache, è da qui che si traccia il percorso che così si articola: a motivo di un corretto oppur scorretto concepimento, il formativo formarsi in sviluppo definirà, poiché ha definito, differenza tra correzione e stortura. Sulla via congetturale le scienze di laboratorio potranno far nuova luce strumentando RNA e Junker. La visione di rettiliano, limbico e cortex, evidenzia ciò che accade, non ciò che origina. Quindi non il perché accade. La condizione più rapida è sul cosa, ovvero dal in potenza, sulla spinta pulsiva, all’atto, visibile e definito in forma di comportamento.
Sull’indagazione…
Il soggetto che al fine mostra la sua vera essenza è affetto dal cosiddetto Narcisismo Maligno Perverso. Nuova etichetta. Danni storici. Incarna disturbo borderline, istrionico e antisociale. Per sua natura disfunzionale è vittima di cronofilia, antropofagolagnia metafisica, algolagnia, biastofilia, dacrifilia, frotteurismo, sadismo, zoosadismo. Riflette edonismo, infondata superiorità, egoismo. Si convince d’esser sinolo sui generis. La megalomania spiccata partecipa della totale disintegrazione della maschera.
É manipolatore affettivo. La sua tendenza spinge intuitivamente l’elicitazione di protoemozioni e protosentimenti per mimesi. In sintesi, una grezza protosensorialità appercettiva non corrisposta da risonanza. La costituzione di danno per la specie cosiddetta umana, per l’altro da sé non deprivato di alto livello di sensibilità, si innesca per viltà e disconoscenza di virtù. L’egocentrismo è un tratto caratteristico del soggetto. Se le teorie proposte anche da Piaget sono corrette, è possibile ipotizzare un limite di sviluppo, indagabile attraverso l’anatomia o ancora una sofferenza cognitiva primordiale. Nulla può escludere la responsabilità doppia. Se così fosse, tale condizione potrebbe spiegare la comorbidità.
Tuttavia l’insorgere o il sussistere di più disturbi potrebbe trovare causa solo in un trauma o solo nel blocco di sviluppo, o ancora in altro non ancora scoperto e conosciuto (o saputo). Utile sarebbe uno studio dei lobi fronti temporali. Utile ne sarebbe uno studio nel tempo, dai primi anni di vita, ovviamente per soggetto. La rigidità di pensiero potrebbe essere indagata nelle dimensioni dell’epifisi. Tuttavia, pur sostenendo sia direttamente collegata, ritengo che l’organo primis sia il cuore, il quale contiene cellule di dati ancestrali. Per linea di sangue le informazioni scambiate raggiungono il cervello (secondario), filtro di processi utili e nuovo magazzino dei risultati. Considero il fegato una sacca di plasma. Le posizioni di ghiandola pineale e cuore dovrebbero rispettare una distanza diacronica congrua. Il possibile disallineamento – causa non completo sviluppo – potrebbe, ritengo, creare mancate informazioni che il filtro subisce come vuoto chimico.
In ambito più ampio, meno limitato dai soli riferimenti alla chiusura proposta dal linguaggio, è possibile argomentare dell’indagine di processi di produzione di dimetiltriptamina che, seppur inducono un sottostante concetto a definizione, è mio avviso possano istanziare un campo di conoscenza profonda che non ha portato l’essere umano a consapevolezza piena, ma tracciano così la via per studi che andranno in corrispondenza a reminiscenze. Il soggetto – si badi, non intendo mai oggettificare l’organismo, seppur tuttavia difficile per forma di pensiero e calcolo, giacché consideriamo astrazioni – è un individuo che assume altresì comportamento aggressivo strumentale, manifestando in più occasioni. Nell’impadronirsi di un oggetto materiale sente piacere per la possessione e per il dominio.
Ma non vi è limite, a mio avviso, tra elementi costituiti di atomi. L’oggettificazione è realtà inscindibile per il soggetto, che riduce a elemento ogni ente. Usa e abusa di tutto ciò che rientra nelle sue mire per la spinta di pulsione che induce al controllo. Si potrebbe pensare alla condizione mentale che muove molti a considerare il mondo relativo alla parola amore, ma nulla di più costituito maldestramente nel corso di (forse) secoli potrebbe ingannare falsi convincimenti. Torneremo su questo poiché l’argomento è talmente semplice, intuitivo e visibile, quanto evidente e artatamente complicato, contortamente venduto. Si badi, non complesso (qui l’inganno).
Mi rendo conto che la spinta critica muova all’indignazione per immaginar riduttive bassezze che potranno venir così interpretate. Ma temo si tratterà meramente di polemica opinione e non Krisis. Strategie comuni care ad ambienti che impongono leggi e dogmi, sentenziano e condannano. Fissazioni manipolative che stabiliscono il tempo dei numeri.
Se loro si trovano tra i numeri, un allontanamento di pensiero, cosa difficile che esige riconosciuta solitudine e dialogo d’essere, potrebbero trovar luce ove si è stati condotti nella bocca del lupo. Sostengo sia utile un allontanamento dall’indagine di quel di Tarso, sempre sia esistito, e dalle scaturigini del tempo, radicando sangue all’interno di questa contemporaneità liquida che non muove più cura per il soggetto e oggettifica tramutando ogni qualsicosa. Il beneficio? Ad altri sentenze. In qualità di scettico io sono. E posso solo incarnare autoeducazione dimostrativa in direzione di umile pensiero attivo che a ogni istante mi conduca verso curiose mete, nel pieno diritto di scoperta e d’evoluzione di facoltà, all’interno di un divenir già dato. Siate dinamite.
Si sia scienza. Si sia uomo.
Questo il tempo in cui si guarda e non si vede. Alcuni di coloro, noteranno un nuovo pasticcio che dirige traumi pubblicizzando l’individualità sulle manifestazioni di orgoglio umano nel tentativo di distruzione della perfezione tanto anelata da secoli, sulla rifioritura dell’essere, quando alla vista dello strappo sul velo ivi consente di scorgere per semplicità il biologico parassitario, possibilmente unico e ultimo danno per il cosmo. Le chiavi di lettura delle interpretazioni delle visioni del mondo aprono le menti ben formate e confinano le banalità in se stesse, per scarsità.
Ci riteniamo parte dell’occidente, mortale virus, o siamo uomo e diveniamo ciò che è? Quale è l’universo in cui il cosiddetto uomo è radice di ciò che è e non obnubilante inesistente organismo mosso a ciò che vuole?
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Calvino, Le Città Invisibili
PsykoSapiens